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Il caso
20 Febbraio 2025 - 06:00
Massimo Giove
Al di là di come andrà a finire la vicenda del Taranto Calcio, una verità indiscutibile Massimo Giove l'ha lanciata nella intervista rilasciata a Teleregione-Antenna Sud: Taranto è in ginocchio perché ha subito due gravi insolvenze da parte del colosso siderurgico nei confronti delle imprese locali. La prima «nel 2014 per 440 milioni», la seconda dieci anni dopo, nel 2024, «per 220 milioni». Quali che siano le cifre esatte, si è trattato comunque di somme enormi, di due momenti che coincidono con i due commissariamenti della società siderurgica e due cifre che, di fatto, hanno raso al suolo l’indotto e l’economia cittadina. La crisi dello stabilimento ha avuto un impatto devastante sulla città e non è un caso che proprio la società di calcio non riesca a trovare forze adeguate ad evitare il disastroso destino al quale la Taranto rossoblù è avviata. Il raffronto fatto da Giove con altre realtà decisamente minori, ma che possono contare su raccolte pubblicitarie importanti, è emblematico della scarsa capacità attuale del tessuto economico tarantino. Del resto, senza scomodare dati ufficiali, è sufficiente passeggiare per la città per avere la percezione della povertà galoppante: scompaiono i negozi di qualità, si fanno spazio bazar, prevalentemente etnici (anche questo è un dato significativo dell’arretramento del commercio locale), dall’offerta qualitativa assai modesta. Sono situazioni che confermano quanto il reddito dei tarantini dipenda ancora in gran parte dalle sorti del siderurgico, a dimostrazione di come, in larga misura, l’imprenditoria tarantina non sia riuscita ad emanciparsi dalla dipendenza dalla grande industria. Il calcio ne soffre le conseguenze. Così si finisce sempre - altro male tipicamente tarantino e non solo calcistico - per sperare che da qualche parte arrivi un salvatore della patria. Che si chiami Campbell o Zerbo l’importante è coltivare illusioni.
Un secondo aspetto delle parole di Giove merita una riflessione: «Questi sono i Giochi della distruzione totale della città». Riferimento, ovviamente, ai Giochi del Mediterraneo e alla indisponibilità degli impianti a partire proprio dallo “Iacovone”, causa lavori in corso. In verità questi aspetti avrebbero dovuto essere gestiti per tempo. Siamo invece arrivati a questi Giochi del tutto impreparati: in ritardo spaventoso con i progetti e senza un minimo di attenzione all’impatto che i cantieri aperti avrebbero avuto sull’attività delle società sportive. Una politica attenta e saggia avrebbe dovuto pensarci e occuparsene per alleviare gli inevitabili disagi. In questi anni, al contrario, non solo non ci si è minimamente preoccupati di garantire soluzioni alternative ma si è scatenata anche una guerra assurda tra Comune e Taranto e non sempre per responsabilità della società di calcio. Un crescendo imbarazzante fino ad arrivare alla farsa di Mr. Campbell accolto trionfalmente a Palazzo di Città in una delle giornate più grottesche della storia politica e sportiva cittadina, dalla quale si è poi tentato goffamente di prendere le distanze.
I Giochi del Mediterraneo portano in dote 300 milioni di euro di investimento complessivo e altri milioni arriveranno per gli aspetti organizzativi. Mai visti tanti soldi garantiti da un governo per una manifestazione sportiva a sud di Roma. Difficile considerare alla stregua di una tragedia un evento di tale portata. Una città preparata avrebbe gestito con lungimiranza questa opportunità, invece, come detto, siamo riusciti ad arrancare anche questa volta. I grossi appalti finiti a società non tarantine sono un altro indicatore della impreparazione della imprenditoria locale a confrontarsi con situazioni di mercato importanti. Ci si accontenterà, probabilmente, di qualche subappalto. Danni di una città vissuta troppo a lungo sotto l’ala rassicurante dell’economia di Stato. Non appena l’ala si è frantumata, sono cominciati i guai.
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