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Il caso

Melucci di nuovo sull'orlo del precipizio. Ma attenzione al centrodestra...

Sabato difficile riunione di maggioranza. I casi di Stellato, Mignolo e Odone. Il sindaco rischia il posto ancora una volta. Tuttavia, da Roma, emerge un'altra possibilità...

Rinaldo Melucci

Rinaldo Melucci

E se fossero i calcoli del centrodestra, o di una parte di esso, l’elemento decisivo per determinare il destino di Rinaldo Melucci e della sua amministrazione?

Procediamo con ordine. Sabato 1 febbraio a Palazzo di Città si è tenuta una intensa riunione di maggioranza. L’aria di crisi è evidente. Da qualche settimana, infatti, è tornata prepotentemente all’orizzonte l’ipotesi di uno scioglimento anticipato del consiglio comunale. Si profilerebbe infatti una terzo appuntamento dal notaio, dopo quello riuscito del 2021 e l’altro, fallito per la mancata firma di Luigi Abbate, del febbraio scorso, esattamente un anno fa.

La vicenda degli asili nido (che il Comune vorrebbe lasciare in gestione ai privati) e il commissariamento delle opere per i Giochi del Mediterraneo hanno messo nuovamente Melucci in posizione di precario equilibrio anche di fronte alla sua stessa maggioranza. I malumori, anche quando ufficialmente non trapelano, non mancano.

Nella riunione di sabato nemmeno tutti i consiglieri comunali che sostengono Melucci erano presenti. All’appello mancavano Patrizia Mignolo, Vittorio Mele, Salvatore Brisci. Ognuno assente per motivi personali. La scena è stata calamitata da Massimiliano Stellato, che ha posto la sua non semplice posizione personale. Da una parte, da consigliere regionale uscente, vorrebbe legittimamente ricandidarsi alla Regione. A sbarrargli il passo, però, c’è il Pd, che non gli perdona di essere in maggioranza con Melucci. O da una parte o dall’altra: questo è il dilemma che Stellato si trova a dover sciogliere in tempi brevi. In altre parole, sarebbe di fronte ad un aut aut: continuare a sostenere Melucci o strappare il via libera alla Regione. Posta in altri termini, la questione può essere riassunta così: via libera per la candidatura regionale nel centrosinistra a patto di lavorare per far cadere Melucci entro il 24 febbraio. Già, perché in questa storia anche le date sono importanti e vedremo perché. Stellato ha provato a rilanciare lanciando la proposta di un governo di salute pubblica con il ritorno del Pd in maggioranza. Ma il Pd, almeno per il momento, gli ha risposto picche.

Poi c’è il caso di Mario Odone: l’ex cinquestelle, poi folgorato sulla via di Melucci, a differenza di altri consiglieri solitari è rimasto senza una postazione di governo. Chiederebbe quindi, a compensazione del suo “sacrificio” nel sostenere questa maggioranza, un posto in giunta, un assessorato in quota di sé stesso.

In bilico c’è la stessa Mignolo. In questo caso la motivazione è tutta politica: la consigliera ha già pubblicamente espresso la sua contrarietà alla privatizzazione degli asili nido. Se l’amministrazione dovesse restare sulle sue posizioni, Mignolo potrebbe passare dall’altra parte della barricata.

Tre grane, quindi, per Rinaldo Melucci. Oltre, come detto, ai malumori sotterranei di chi comincia a temere, per il suo futuro politico, di restare irrimediabilmente invischiato nell’immagine tutt’altro che esaltante di questa amministrazione.

Infine, ma non certo ultima per importanza, c’è la questione delle date. Se una eventuale azione per sciogliere anzitempo il consiglio comunale dovesse concretizzarsi entro il 24 febbraio, allora si tornerebbe a votare già in  primavera o in presumibilmente in un eventuale election day con le elezioni regionali. Una ipotesi, questa, molto gradita al Partito Democratico, che evidentemente si sente già pronto per affrontare questa nuova sfida elettorale. E qui torniamo a quanto detto in apertura: il ruolo determinante che può avere il centrodestra. Qui si entra nel campo delle congetture che, tuttavia, qua e là, raccolgono elementi che a quelle congetture cominciano a dare una base di sostanza. Pezzi del centrodestra - a livello nazionale, più che locale - vorrebbero evitare lo scioglimento entro il 24 febbraio e spostare la fine di questa amministrazione più in là. Motivo: oltre quella data non ci sarebbero più i termini per andare subito a nuove elezioni. Il Comune, in caso di scioglimento dopo il 24 febbraio, verrebbe commissariato fino a nuove elezioni che in questo caso terrebbero nella primavera 2026.

Un anno abbondante di commissariamento, quindi, affidati ad un commissario nominato dal governo. In altre parole, il governo di centrodestra si ritroverebbe di fatto a gestire il Comune in tutte le rilevanti partite in gioco. Del resto, in parte è già avvenuto con i Giochi del Mediterraneo e con la nomina della governance del Tecnopolo. Non solo: il centrodestra avrebbe così più tempo per forgiare una candidatura a sindaco che oggi fatica ad emergere. Il destino di Melucci sembra quindi legato a questo intreccio di situazioni.

Nel frattempo è curioso notare come per voce del segretario regionale del Pd, Domenico De Santis, Melucci sia stato definito «il peggior sindaco» che Taranto abbia mai avuto. Il sindaco cioè, dapprima osannato e ricandidato dal Pd, e che già nella sua prima esperienza aveva offerto prova di scarsa capacità politica, tanto da farsi defenestrare nottetempo dai famigerati “diciassette”, alcuni dei quali oggi, ironia della sorte, lo tengono a galla.

Va da sé che la patente di «peggior sindaco» conferitagli dal suo ex partito, fa indirettamente riguadagnare punti ad altri due ex sindaci che la sinistra (in particolare proprio il Pd nelle sue precedenti declinazioni) ha aspramente combattuto e soprattutto demonizzato nel corso degli anni: Giancarlo Cito e Rossana Di Bello. Capricci della storia.

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