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L'ex Ilva
15 Gennaio 2025 - 06:00
Naveen Jindal
«Abbiamo in programma numerose iniziative per migliorare la qualità della vita a Taranto, tra cui la pianificazione urbana per lo sviluppo di nuove aree residenziali e scuole, la promozione di attività culturali e educative, progetti di riforestazione urbana e di mobilità sostenibile». Nella lunga intervista a Paolo Bricco pubblicata su Il Sole 24Ore, il direttore per le operazioni europee di Jindal Steel International, Narendra Kumar Misra, ha presentato la visione del gruppo indiano per lo stabilimento siderurgico di Taranto, ma non solo. Misra ha dipinto l’immagine di una azienda in contatto costante con il territorio; ma prima JSI dovrà affrontare la sfida con gli altri pretendenti per la fabbrica tarantina di Acciaierie d’Italia e cioè il fondo di investimento statunitense Bedrock Industries e Baku Steel Company, azienda con base in Azerbaijan e che punta su un rigassificatore galleggiante per alimentare una nuova Ilva a gas.
Il gruppo guidato da Naveen Jindal - fratello di Sajjan Jindal che con Jsw fallì la scalata a Taranto ai tempo del bando vinto dai Mittal e ora è attivo a Piombino - da parte sua, sul versante puramente indistriale, scommette “sulla specializzazione nell’uso della gassificazione per produrre il DRI (Direct Reduced Iron), componente chiave per la produzione di acciaio verde con una drastica riduzione delle emissioni di CO2”, spiega Paolo Bricco ricordando anche come Jindal Steel International “opera in autonomia rispetto ad altri rami della famiglia, rappresenta le operazioni globali del gruppo nell’acciaio” e nel 2023 ha avuto un fatturato di 12 miliardi di dollari.
«Il nostro interesse per l’acquisizione delle Acciaierie d’Italia si basa su solide ragioni strategiche ed economiche. Jindal e AdI offrono straordinarie sinergie, e AdI rappresenta un’opportunità fondamentale per integrare i nostri investimenti in DRI a basse emissioni di CO2 in Oman, consolidando la nostra presenza nel mercato europeo. Stiamo appunto costruendo due impianti DRI Green Hydrogen Ready a Duqm, in Oman. L’impianto di Duqm, situato in una posizione portuale strategica, è ideale per fornire DRI a Taranto. Con una capacità produttiva annuale di 5 milioni di tonnellate, sarà in grado di supportare la produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio a basse emissioni, grazie all’integrazione di un ulteriore impianto DRI a Taranto e all’impiego di rottame aggiuntivo» ha spiegato il manager Narendra Kumar Misra. «Nel nostro piano industriale per AdI, proponiamo una completa integrazione a monte del sito di Taranto grazie alle nostre miniere in Camerun, Mozambico e India. Questo permetterà di garantire un approvvigionamento diretto delle materie prime, rendendo il processo produttivo più efficiente in termini di costi, più sostenibile e rafforzando la catena di approvvigionamento globale. In questo modo, assicureremo la competitività di AdI in ogni fase dei cicli economici» ha quindi proseguito.
Nell’intervista al Sole viene ribadita l’importanza della decarbonizzazione: «Il progetto prevede investimenti superiori ai due miliardi di euro, destinati a modernizzare gli impianti e decarbonizzare la produzione di acciaio. Un elemento cruciale di questa trasformazione è rappresentato dalla graduale dismissione degli altoforni entro il 2030, che saranno sostituiti dall’installazione di due forni ad arco elettrico (EAF) con una capacità produttiva di 6 milioni di tonnellate all’anno. Durante la fase di transizione, il DRI sarà inizialmente importato dall’Oman, con la prospettiva di realizzare impianti DRI anche a Taranto, in via subordinata alla stipula di accordi di fornitura di gas a lungo termine e alla disponibilità di incentivi da parte del governo italiano».
Nel descrivere il futuro del Siderurgico di Taranto come immaginato da JSI, Misra parla di «nuovi impianti che includeranno un impianto DRI e un complesso EAF, e possibilmente un impianto di briquettatura a freddo, che riduce le emissioni di CO2 e il consumo energetico. Inoltre, investiremo anche in linee per la produzione di acciai rivestiti organicamente e acciai elettrici, per produrre acciaio specializzato a basse emissioni da destinare a segmenti di nicchia e alta gamma, come l’automotive, contribuendo alla visione dell’Italia di produrre un milione di auto all’anno».
Un piano ambizioso, e che stride con l’attuale condizione di grande difficoltà di Taranto e della Grande Fabbrica.
«Il nostro piano industriale prevede la creazione di un “Green Industrial Cluster” a Taranto, che attrarrà industrie a valle, come quelle dell’automotive, della produzione di turbine eoliche e degli elettrodomestici, che utilizzeranno il nostro acciaio a basse emissioni, favorendo così la creazione di posti di lavoro e la crescita economica nella regione. Jindal sta inoltre perseguendo attivamente opportunità di investimento nelle energie rinnovabili e nella produzione di bio-carbone, creando così opportunità di lavoro a lungo termine in tutta Italia», è la versione di Misra.
Per il quale non va sciolto il nodo che lega Taranto a Cornigliano e Novi Ligure dal punto di vista produttivo: «Gli impianti di Novi Ligure e Genova sono elementi chiave della nostra strategia per fornire ai nostri clienti in Italia e in Europa prodotti finali di altissima qualità. Il nostro obiettivo è trasformare l’Italia da un paese importatore netto di acciaio a uno esportatore netto. Novi Ligure si specializzerà nella produzione di coils laminati a freddo, coils zincati a caldo, e lastre e coils tagliati, mentre Genova si concentrerà su coils decapati a caldo, banda stagnata e acciaio senza stagno. Taranto sarà il cuore delle nostre operazioni di acciaio a basse emissioni, con due forni elettrici ad arco da 3 milioni di tonnellate all’anno, alimentati da DRI prodotto dal nostro gruppo, con una dipendenza minima dai rottami, la cui disponibilità è fortemente limitata in tutta Europa. Non abbiamo preso in considerazione l’idea di cedere Novi o Genova. Il nostro obiettivo è mantenere l’integrità operativa degli impianti di Novi Ligure e Genova, che consideriamo essenziali per il successo a lungo termine e la sopravvivenza dello stabilimento di Taranto. Ogni impianto di AdI svolge un ruolo fondamentale nella continuità delle operazioni e nella sua sostenibilità commerciale».
Su un possibile partner italiano, un nome c’è: «Jindal vanta una lunga storia di collaborazione con Danieli, leader mondiale nella produzione di tecnologie e attrezzature per la produzione dell’acciaio. A Danieli abbiamo infatti commissionato i due nuovi impianti DRI in Oman. Inoltre, è nostra intenzione coinvolgere molti altri fornitori italiani, sia manifatturieri che di servizi».
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