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La crisi del Siderurgico

«Sull'ex Ilva Urso non dice la verità»

Patuanelli (M5s) replica al ministro

Stefano Patuanelli

La replica di Patuanelli al Senato

Al Senato va in scena, sull'ex Ilva di Taranto, un duello al calor bianco.

Alle accuse del ministro delle Imprese e made in Italy, Adolfo Urso, ha voluto replicare il capogruppo del Movimento Cinquestelle Stefano Patuanelli, espressamente citato da Urso in quanto ministro nel governo Conte II (quello che ha visto insieme i pentastellati ed il Partito Democratico). Secondo il ministro Urso infatti, "di fronte alla minaccia di abbandonare il sito e in assenza di alternative, nel marzo 2020 il governo Conte II, ministro Patuanelli, avvia una nuova trattativa con ArcelorMittal da cui nascerà Acciaierie d'Italia con l'ingresso di Invitalia al 38% e con la sigla di patti parasociali fortemente sbilanciati a favore del soggetto privato. Patti che definire leonini è un eufemismo". 

Nella replica a Palazzo Madama, Patuanelli (al cui fianco c'era il senatore tarantino Mario Turco) ha rivendicato di non essersi "mai sottratto alle mie responsabilità, accettando sempre critiche, consigli e il confronto con tutte le forze politiche dell'arco parlamentare nei miei mandati da Ministro" e contestato le affermazioni di Urso, "in parte omissive e in parte non veritiere rispetto all'operato dei Governi di cui ho fatto parte".

In merito allo scudo penale - tema, come è noto, sentitissimo dal Movimento Cinquestelle - Patuanelli ha sottolineato che "l'offerta fatta da Mittal era un'offerta incondizionata e non conteneva riferimenti nell'offerta alla presenza di una esimente penale e non potrebbe essere diversamente". Altra questione, quella dei "patti parasociali", che però - ancora parole di Patuanelli - "sono un elemento di diritto privato; non esiste un Governo che possa sottoscrivere patti parasociali. E' falso sostenere che esistano patti parasociali segreti; esiste un accordo di coinvestimento che il Governo ha autorizzato i commissari dell'amministrazione straordinaria a sottoscrivere".

Quindi, la questione della governance, che "prevede inizialmente, con l'ingresso al 38% di Invitalia, la possibilità per il socio privato di nominare l'amministratore delegato, per il socio pubblico di nominare il presidente, un pari numero di consiglieri e il presidente del collegio sindacale di nomina del socio pubblico, con le deleghe che il Ministro ha citato e con il gradimento reciproco, che è previsto. Questo è stato citato dal Ministro come uno degli elementi del patto leonino, perchè diamo tutto in mano al socio privato. Con l'aumento del capitale di Invitalia al 60% si invertono le potenzialità di nomina, quindi se prima era leonino per noi, dopo diventa leonino per il socio privato, perchè questo è previsto nell'accordo di coinvestimento. Su questo elemento il Ministro ha detto oggettivamente una cosa non vera".

Dal capogruppo Cinquestelle è arrivata una stoccata finale all'attuale governo. "Noi abbiamo lasciato una prospettiva industriale, e gli investimenti del Cantiere Taranto. Io mi auguro e confido che questo Governo abbia una prospettiva industriale. Al momento, in tutti i provvedimenti che abbiamo analizzato in queste Aule, di progetto industriale per il Paese non c'è assolutamente traccia".

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