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La trattativa

Acciaierie, la svolta: torna lo Stato

Accordo tra Invitalia e Arcelor Mittal, ecco cosa prevede

Acciaierie d'Italia

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Forse siamo davvero ad una svolta: lo Stato torna a prendersi il controllo dell'ex Ilva con una operazione finanziaria da un miliardo e 320 milioni di euro. Su questa strada si è incanalata la trattativa tra Invitalia, socio di minoranza di Acciaierie d'Italia, e Arcelor Mittal, il socio franco-indiano che esprime l'attuale amministratore delegato, Lucia Morselli.

Nel vertice tecnico che si è tenuto in videocall giovedì 4 gennaio tra Bernardo Mattarella, ad di Invitalia, e Ondra Otradovec, capo del mergers and acquisition di Arcelor Mittal, si sono poste le basi per l'intesa che dovrebbe essere suggellata nell'attesissimo incontro a Palazzo Chigi di lunedì 8 gennaio al quale prenderà parte Aditya Mittal, ad e figlio di Lakshmi Mittal, presidente di Am. All'incontro di giovedì hanno partecipato anche i tecnici dei tre ministeri coinvolti e cioè Mimit, Affari Europei, Tesoro.

Cosa prevede l'accordo? Secondo quanto trapela, Invitalia salirebbe al 60% del pacchetto azionario, contro il 38% attuale, con un progressivo disimpegno di Arcelor Mittal che farebbe spazio all'ingresso di un nuovo socio privato, quasi certamente di marca italiana (Arvedi?). Una soluzione che, alla fine, ricompatterebbe le divergenze emerse all'interno del governo fra i tre ministri che a vario titolo sono coinvolti nella gestione di questa complessa vertenza, vale a dire  Adolfo Urso, Giancarlo Giorgetti, Raffaele Fitto, oltre al sottosegretario Alfredo Mantovano in vece del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

Se lunedì questa traccia di intesa dovesse essere confermata, si procederebbe per step successivi: entro febbraio l'iter dovrebbe concludersi con tutti i passaggi formali e poi, entro maggio, si procederebbe ad dare alla società siderurgica una nuova governance con un nuovo amministratore delegato nominato dalla parte pubblica, cioè da governo e Invitalia. Si avvierebbe così anche il rilancio produttivo tanto atteso dai sindacati, che porterebbe l'impianto di Taranto a risalire a quattro milioni di tonnellate all'anno. In totale, secondo lo schema pubblicato da Milano Finanza, ci vorranno circa quattro miliardi di euro per il rilancio complessivo dell'azienda: 1,3 miliardi per rilevare gli impianti in gestione, 320 milioni per saldare i debiti con i fornitori, 1,5 miliardi per il piano industriale.

Benaglia: chiudere costerebbe di più

«L'ex Ilva - ha dichiarato intanto il segretario della Fim Cisl, Roberto Benaglia, in una intervista a Repubblica - è un caso scuola di cosa vuol dire l'assenza di politica industriale in questo Paese. L'acciaieria di Taranto dovrebbe avere il rango di bene nazionale. È giunto il momento per il governo di fare la scelta giusta, considerando la doppia responsabilità di Meloni: preservare il più grande soggetto industriale d'Italia e l'investimento e le quote pubbliche del gruppo. Basta andare a traino di Arcelor Mittal. Siamo all'ultimo giro di pista». 

«Se il governo - ha detto ancora Benaglia - riesce a trovare un accordo con Mittal per tornare ad
avere la quota di maggioranza in modo consensuale per noi va bene. Il traino deve però essere in mano al pubblico. Sia chiaro. Noi come sindacati non pensiamo e non vogliamo la nazionalizzazione, ma è giusto che lo Stato preservi un suo bene fondamentale per il sistema Paese. La pensano allo stesso modo i più importanti industriali italiani. E crediamo sia meglio evitare l'amministrazione straordinaria che creerebbe solo un grande sconquasso sociale».
«Si sbaglia - ha concluso il segretario della Fim - chi pensa che con la chiusura di Ilva si risparmierebbe.
Anzi. Sono pronto a dimostrare alla premier al prossimo incontro che all'Italia costa di più chiudere l'ex Ilva che tenerla aperta, creando sviluppo e sostenendo la decarbonizzazione della siderurgia. Nell'ipotesi malaugurata che l'ex Ilva salti per aria, oltre al disastro sociale, il governo deve considerare i soldi necessari per garantire gli ammortizzatori sociali e le bonifiche degli impianti».

La "nuvola"

Intanto, per quanto riguarda la nube che si è sollevata nella giornata del 3 gennaio, l'azienda siderurgica in una nota fa sapere: «Con riferimento a notizie stampa inerenti un presunto fenomeno di slopping che si sarebbe verificato nello Stabilimento di Taranto, Acciaierie d'Italia informa che l'evento non risulta riconducibile a slopping». 

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