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CONTROVERSO
03 Novembre 2025 - 06:01
"Poesia del Giorno" è un'estensione della rubrica settimanale "controVerso" dedicata alla poesia. Nasce per dare spazio alla vostra fantasia e ai vostri versi ispirati dalla quotidianità o dai vostri stati d'animo. Si è quindi deciso di pubblicare, in questo appuntamento giornaliero, le più belle poesie che vorrete inviare.
Chi fosse interessato a vedere un proprio componimento poetico pubblicato nella apposita sezione sul sito web Buonasera24.it e sui canali social della testata, dovrà:
Ogni giorno alle ore 9.00 una poesia, tra quelle più significative, sarà scelta, pubblicata e recensita, esclusivamente online, in questa rubrica.
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La Poesia del Giorno, di lunedì 3 novembre 2025, è:
LA LUCANITÀ SERAFICA
di PROSPERO CASCINI da Castelsaraceno (PZ)
Dormirci sopra
in un anfratto innevato
tra un cirro argentato
e un bucaneve imbalsamato
Svegliarsi
senza chiedersi …
del dì
transumante.
Aprire le porte
mai chiuse...
Pendono nelle toppe le grosse chiavi
dei palazzi antichi
e quelle ammodernate
nelle case riadattate.
Attendere
I chiarori del meriggio
donando il tempo…
al giorno che verrà.
Imperturbabilmente
migliori
come ristoro all’esserci
e all’aver dato.
È il sogno di ognuno
che lascia il segno...
sul proprio selciato.
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Recensione
È un testo che profuma di terra e di memoria, un omaggio alla lentezza e alla bellezza essenziale della vita lucana. Con La lucanità serafica, Prospero Cascini costruisce una poesia che unisce contemplazione e appartenenza, in cui la quotidianità si trasforma in paesaggio interiore.
I versi si muovono con calma, come un respiro che segue il ritmo delle stagioni: “Dormirci sopra / in un anfratto innevato / tra un cirro argentato / e un bucaneve imbalsamato” apre la scena con delicatezza, mescolando immagini naturali e memoria sensoriale. C’è un senso di sospensione, di pace domestica, di tempo che non scorre ma si posa.
L’autore dipinge la Lucania non come luogo fisico ma come condizione dell’anima, dove “pendono nelle toppe le grosse chiavi / dei palazzi antichi” e il passato convive con il presente, “nelle case riadattate”. Ogni oggetto, ogni gesto – anche il semplice “attendere / i chiarori del meriggio” – diventa un atto poetico, una forma di resistenza al caos e alla velocità del mondo moderno.
Il linguaggio è semplice e nitido, volutamente disadorno, ma intriso di musicalità. L’uso dei puntini di sospensione, delle pause e delle minuscole restituisce il tono confidenziale di chi parla a se stesso e alla propria terra. In questa voce si riconosce una serenità conquistata, un equilibrio che nasce dall’accettazione del proprio tempo e del proprio spazio.
Nella chiusa – “È il sogno di ognuno / che lascia il segno... / sul proprio selciato” – la poesia trova la sua verità più intima: la vita come cammino silenzioso, come traccia personale e insieme collettiva. La lucanità serafica è un inno quieto alla dignità dell’essere, un modo per dire che la vera grandezza sta nel restare fedeli alle proprie radici, con lo sguardo rivolto alla luce del giorno che verrà.
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