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CONTROVERSO

Poesia del Giorno

"Quel mare che non navigammo" di Sergio Tardetti

Poesia del Giorno

"Poesia del Giorno" è un'estensione della rubrica settimanale "controVerso" dedicata alla poesia. Nasce per dare spazio alla vostra fantasia e ai vostri versi ispirati dalla quotidianità o dai vostri stati d'animo. Si è quindi deciso di pubblicare, in questo appuntamento giornaliero, le più belle poesie che vorrete inviare.

Chi fosse interessato a vedere un proprio componimento poetico pubblicato nella apposita sezione sul sito web Buonasera24.it e sui canali social della testata, dovrà:

  1. Seguire le pagine dei profili social di Buonasera: su Facebook e Instagram;
  2. Inviare una mail a controverso2019@gmail.com con il proprio nome, cognome, luogo di residenza e dichiarando nel testo della mail la paternità dell'opera. La poesia non dovrà superare i 30 versi.

Ogni giorno alle ore 9.00 una poesia, tra quelle più significative, sarà scelta, pubblicata e recensita, esclusivamente online, in questa rubrica. 

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La Poesia del Giorno, di lunedì 16 giugno 2025, è:

    QUEL MARE CHE NON NAVIGANNO

    di SERGIO TARDETTI di Gubbio (PG)

    Ma poi, quel mare che non navigammo
    l'hai più trovato? E sei riuscita a traversarlo
    indenne? O ti ha costretto ad approdare
    qualche tempesta? Hai cercato rifugio
    nelle certezze che ti hanno impedito
    di riprendere il largo, sei rimasta a riva
    sconsolata, a guardare partire la tua nave?
    Quanto a me, non ho più incontrato mari
    degni di essere ancora navigati, il rollio
    della nave non ha più cullato il mio sonno
    e l'orizzonte si è ristretto a questa stanza
    dove, a volte, il nostro mare appare in sogno.

       

    Recensione

    Ci sono mari che non si dimenticano, anche se non li si è mai attraversati. Alcuni rimangono lì, trattenuti tra memoria e desiderio, tra una domanda lasciata in sospeso e il silenzio che la segue. In questi versi, il mare diventa misura di ciò che poteva essere, ma anche di ciò che continua a muoversi dentro, nonostante la quiete apparente del tempo.


    Il testo di Sergio Tardetti si articola come un dialogo interrotto, un appello lieve ma insistente a un “tu” che ha forse scelto la riva, o vi è rimasto costretto. Le domande si susseguono come onde, ciascuna scavando più a fondo nel terreno dell’assenza, senza mai suonare accusa, ma piuttosto desiderio di comprensione. È come se il poeta tenesse ancora il timone in mano, pur sapendo che la rotta non sarà più tracciata.


    L’immagine della nave, della riva, della tempesta e del rollio non è mai descrittiva in senso stretto, ma assume una funzione interiore: racconta lo spostamento dei sentimenti più che dei corpi. C'è uno spazio fra due vite che non si sono allontanate per caso, ma forse per timore, per impossibilità di proseguire, per quel genere di scelta che si fa stando fermi.


    Nel finale, lo spazio si riduce, si fa interno: non più distese d'acqua da percorrere, ma una stanza che contiene tutto, persino i sogni. Lì, in quel piccolo teatro della memoria, il mare ritorna — non come promessa, ma come sopravvivenza dell’immagine, come scia che non si cancella. La poesia non cerca chiusura, non offre risposte: lascia sospesa la domanda iniziale e proprio in quella sospensione trova il suo respiro più profondo.

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