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CONTROVERSO

Poesia del Giorno

"Il molo guardiano" di Bianca Maria Sforza

Poesia del Giorno

"Poesia del Giorno" è un'estensione della rubrica settimanale "controVerso" dedicata alla poesia. Nasce per dare spazio alla vostra fantasia e ai vostri versi ispirati dalla quotidianità o dai vostri stati d'animo. Si è quindi deciso di pubblicare, in questo appuntamento giornaliero, le più belle poesie che vorrete inviare.

Chi fosse interessato a vedere un proprio componimento poetico pubblicato nella apposita sezione sul sito web Buonasera24.it e sui canali social della testata, dovrà:

  1. Seguire le pagine dei profili social di Buonasera: su Facebook e Instagram;
  2. Inviare una mail a controverso2019@gmail.com con il proprio nome, cognome, luogo di residenza e dichiarando nel testo della mail la paternità dell'opera. La poesia non dovrà superare i 30 versi.

Ogni giorno alle ore 9.00 una poesia, tra quelle più significative, sarà scelta, pubblicata e recensita, esclusivamente online, in questa rubrica. 

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La Poesia del Giorno, di mercoledì 21 maggio 2025, è:

    IL MOLO GUARDIANO

    di BIANCA MARIA SFORZA di Grottaglie (TA)

    Fuori dai grovigli della città che fu spartana,
    fanciulli pien di sonno
    si lanciano da isolotti di legno putrido.
    Ad accoglierli l’abbraccio materno di
    un’onda gentile.
    Ancor prima, i loro padri compirono
    l’ancestrale rituale.

    Balzano fuori e poi svaniscono come
    delfini in mare aperto.
    A chi squadra con sospetto il battesimo pagano,
    i fanciulli già anneriti, sfoggiano i denti
    bianchi, da latte.

    Sono nudi, spudorati,
    ma dai più coraggiosi venerati.
    Nuotano, sguazzano e
    si fanno largo tra i mitili millenari
    e gli amari cocci di bottiglie.

    Poesia, odi ancora la loro voce tinnula?

       

    Recensione

    In questi versi si coglie una tensione intensa e antica tra l’infanzia e la memoria del luogo, tra un gesto istintivo e un rituale che pare sopravvissuto ai secoli. La poesia si muove tra immagini contrastanti: da un lato la decomposizione, il legno marcito degli “isolotti”, i “cocci di bottiglie” abbandonati che testimoniano l’incuria umana; dall’altro la vitalità indomita dei bambini che si tuffano nel mare come delfini, creature libere, sfuggenti e quasi sacre nella loro presenza improvvisa e fugace.


    Il testo di Bianca Maria Sforza non si limita a rappresentare una scena: la trasforma in una sorta di liturgia profana, vissuta con naturalezza e una punta di sfida. C’è un’eco di arcaicità in quel “battesimo pagano”, in quell’“ancestrale rituale” che i padri hanno compiuto prima dei figli. È una trasmissione muta, fatta di gesti, che si rinnova nel corpo e nel coraggio di chi si tuffa senza riserve, con una fame di mare e di libertà che non cerca spettatori.


    I bambini, “già anneriti”, sono lontani dalla purezza simbolica che spesso si attribuisce alla loro età: portano addosso i segni del sole, del sale, della strada. Eppure, nella loro nudità priva di vergogna, c’è un’affermazione potente, una bellezza che non ha bisogno di essere addomesticata. Sono “spudorati”, sì, ma è proprio questa loro naturalezza a renderli degni di venerazione da parte dei “più coraggiosi”. Nuotano tra i “mitili millenari”, accanto ai resti taglienti di una modernità che ha lasciato i suoi segni, senza che questi riescano a scalfirne la forza.


    La voce poetica non osserva soltanto: si interroga, chiude il componimento con una domanda che ha il tono della sfida e della speranza. “Poesia, odi ancora la loro voce tinnula?” Non è solo una riflessione sul senso del canto poetico oggi, ma un invito ad ascoltare ciò che, nella sua leggerezza acuta e fragile, continua a risuonare: la voce dei più giovani, quella che si fa strada tra i rottami del tempo e conserva ancora il timbro dell’autenticità. In quella voce tintinnante si concentra forse tutto ciò che vale la pena di salvare.

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