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rubrica poetica

Controverso

Le poesie scelte sono di Giovanna Vaccina, Angela Battaglia e Giuseppina Dibitonto

Poesia del Giorno

La rubrica settimanale "controVerso" è dedicata alla poesia. Nasce per dare spazio alla vostra fantasia e ai vostri versi ispirati dalla quotidianità o dai vostri stati d'animo. Si è deciso di raccogliere in questa pagina le più belle poesie che di volta in volta vorrete inviare. 

Chi fosse interessato a vedere un proprio componimento poetico pubblicato sul quotidiano Buonasera in edizione cartacea, digitale e online nella apposita sezione, dovrà:

  1. Seguire le pagine dei profili social di Buonasera24: su Facebook e Instagram;
  2. Inviare una mail a controverso2019@gmail.com con il proprio nome, cognome, luogo di residenza e dichiarando nel testo della mail la paternità dell'opera. La poesia non dovrà superare i 20 versi.

Ogni settimana tre poesie, tra quelle più significative, saranno scelte, recensite e pubblicate nella rubrica "controVerso" sull'edizione digitale del giovedì e visibili online dalle ore 8:00.

Altre, invece, verranno selezionate e pubblicate esclusivamente online come "Poesia del Giorno" sul sito web di Buonasera24.it e sui canali social. 

Le tre poesie pubblicate giovedì 3 aprile 2025 sono:

  • Infamia di Giovanna Vaccina di Taranto;
  • Da un balcone di Angela Battaglia di Ariano Irpino (AV);
  • Vite violate di Giuseppina Dibitonto di Bracciano (RM).

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INFAMIA

Oltre le nobili fronde degli alberi,
le sacre stelle.
Rannicchiata nella paura, buia e infame.
Come una giovane foglia
al divino soffio del vento.
Distesa sulla timida erba,
ansimante,
inerme,
ricongiunta.

di GIOVANNA VACCINA di Taranto

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Recensione


La poesia dipinge un'immagine potente di vulnerabilità e lotta interiore. L'autrice ci trasporta in un paesaggio emotivo dove l'elemento naturale si fonde con il tormento umano, esprimendo l'intensità di un'esperienza dolorosa e la forza dell'individuo di fronte alla paura. Il contrasto tra l'immagine delle "nobili fronde degli alberi" e "le sacre stelle" e la "paura, buia e infame" trasmette immediatamente un senso di separazione tra la bellezza del mondo naturale e la sofferenza interiore. La giovane foglia, "rannicchiata" sotto il peso del vento, diventa un simbolo della fragilità e della condizione umana, un'entità che non può fare altro che arrendersi al divino soffio del vento. Nel passaggio dalla paura alla "timida erba" su cui si distende, la poesia esplora l'idea di una resa, ma anche di una sorta di ricongiungimento, come se l'individuo, pur ferito e inerte, potesse trovare una forma di pace, un ritorno alla natura o all'essenza più profonda di sé. Le parole "ansimante" e "inerme" evocano un senso di fatica e impotenza, ma allo stesso tempo suggeriscono una presenza, una resistenza silenziosa di fronte alle avversità. La conclusione con il termine "ricongiunta" sembra segnare una sorta di accettazione, un ritorno alla totalità, dove l'anima trova un rifugio, pur nell'infamia della condizione vissuta. La poesia di Giovanna Vaccina non offre giudizi facili, ma piuttosto mette in luce la complessità della sofferenza, il suo intrecciarsi con l’ambiente che ci circonda, con la natura e con il cielo, trasformando ogni attimo di dolore in un passo verso una connessione più profonda, tanto con sé stessi quanto con il mondo che ci accoglie.


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DA UN BALCONE

Una dolce tristezza,
sulla quale ho già vinto,
vive in me e non è mai angoscia.
È l'abito quotidiano
che il mio cuore indossa,
mentre getta lo sguardo
su lontani paesaggi
affidando i sogni
al canto degli uccelli,
perché raggiungano l'infinito
e si dissolvano presto.
Sarà buio, prima di quanto creda.
I colori si cancelleranno,
i dolori si sopiranno,
il mio cuore troverà la vera pace,
oltre questo balcone,
oltre l'incanto
che questa effimera bellezza
regala ai miei ingenui occhi.

di ANGELA BATTAGLIA di Ariano Irpino (AV)

Recensione

La poesia, con il suo tono dolce e malinconico, esplora il conflitto interiore tra serenità e tristezza. L’autrice descrive una "dolce tristezza", che non sfocia mai in angoscia, ma si fa parte integrante della quotidianità del suo cuore. L’immagine di una serenità che s’incarna come “l’abito quotidiano” trasmette l’idea di un’emozione radicata ma non drammatica, che accompagna lo sguardo dell’autrice rivolto verso “lontani paesaggi”. Il riferimento ai sogni che gli uccelli devono raggiungere “l’infinito” suggerisce un desiderio di trascendenza, come se l'autrice stesse cercando un legame con qualcosa di eterno, al di là della transitorietà della vita. La consapevolezza della brevità del tempo è palpabile nel verso “sarà buio, prima di quanto creda”, dove l'autrice anticipa la scomparsa dei colori e il sopirsi dei dolori. Tuttavia, questo inevitabile scorrere del tempo non è tragico, ma piuttosto il preludio a una “vera pace”, che si troverà “oltre questo balcone”, simbolo del distacco da un mondo effimero. La poesia si fa meditazione sulla vita, la sua bellezza effimera e la necessità di oltrepassare il qui e ora per trovare una serenità più profonda.

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VITE VIOLATE

Livide ombre tingono
di cupo un cielo cinereo
che pare spezzarsi e crollare.

Astri ormai tramontati
oscurano i tuoi sentieri,
accrescono il desiderio
di una luce sempre
più lontana.

Il mio verso dolente
è un urlo agghiacciato
che sale da paesaggi
abissali e scrive sui muri
a lettere di sangue
una sola parola: Libertà.

Dal sopruso arrogante
Dalla barbarie svilente
Dalla violenza brutale
della follia.

di GIUSEPPINA DIBITONTO di Bracciano (RM)

Recensione

I versi esprimono un'intensa denuncia contro l'oscurità e la violenza che offuscano l’esistenza umana. L'autrice dipinge un paesaggio intriso di angoscia, in cui "livide ombre" e un "cielo cinereo" suggeriscono l'imminente crollo di un mondo già segnato dalla sofferenza. Il verso si fa testimone di una lotta interiore, con l’immagine degli astri "ormai tramontati" che simbolizzano la speranza perduta e il desiderio di una "luce sempre più lontana". In questi versi, la notte diventa metafora di un’esistenza oppressa, dove la luce sembra un miraggio irraggiungibile. Il dolore emerge nel "verso dolente" che si trasforma in un "urlo agghiacciato", rappresentando l'intensità del grido di protesta che nasce da "paesaggi abissali". La scrittura diventa un atto di ribellione, come se l'autrice facesse uscire il suo dolore sulle pareti della storia, tracciando "a lettere di sangue" una sola parola: "Libertà". Il richiamo alla libertà, sfidata dalle forze del sopruso, della barbarie e della violenza, riassume la necessità di una resistenza contro l'oppressione.

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