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Il racconto

Taranto e Palazzo Troilo: dietro le quinte di una inaugurazione. Le foto

Il capoluogo ionico verso il grande appuntamento internazionale dei Giochi del Mediterraneo che si terranno nel 2026

Numerose auto blu sostano in piazza Duomo nel tardo pomeriggio di domenica scorsa, con gli addetti alla sicurezza a vigilare sull'incolumità degli illustri ospiti.

"Nah, e ccè stè succède, cè so' tutte ste capezzune?" – è il commento di zia Zella, anziana esercente di piazza Duomo, davanti all'arrivo di tante autorità.

"Addà passà a Madonne!" – è la risposta di un avventore, mentre sorseggia il caffè.

"Allore hamm'a dumannà 'a grazzie pe le figghie nuestre!" – commenta un altro, senza convinzione.

Ma non è così.

Il dialogo si svolge mentre sta per iniziare la cerimonia di inaugurazione della sede operativa dei Giochi del Mediterraneo, insediata a palazzo Troilo, fra una piccola folla di invitati e dei colleghi che chiedono dichiarazioni agli illustri ospiti, incombenza alla quale questi ultimi non pensano minimamente di sottrarsi. Al portone centrale è stato teso il nastro tricolore, con una graziosa signorina in attesa di porgere le forbici per il taglio inaugurale. Non si può che essere felici per ciò che accadrà già nei giorni successivi, con decine di operatori dell'organizzazione dei Giochi (numero destinato ad aumentare) che animeranno le sale del palazzo.

Nel frattempo la mente fa un salto di oltre venti anni addietro, quando si assistette al primo taglio del nastro inaugurale del medesimo palazzo. Si cerca di incastrare al meglio i pezzi del puzzle dei ricordi. Vista la giovane età dei colleghi è improponibile chiederne l'aiuto. Solamente Walter Baldacconi, il decano della categoria, presente al remoto evento, in qualche modo dà il suo contributo.

Erano i primi del Duemila e ci si apprestava ad aprire la rassegna 'Botteghe aperte nell'Isola'. Dati più precisi non sono possibili, essendo andato perso, al cambio del computer, l'articolo in merito. Piazza Duomo era affollata di cittadini che attendevano di entrare a palazzo Troilo, dov'era stata allestita la gran parte degli stand. Il prestigioso immobile per l'occasione era stato messo in sicurezza in attesa dei restauri, dopo essere stato in passato nel degrado e oggetto di occupazioni abusive. I tarantini, ormai, avevano perso la memoria della bellezza che vi era custodita.

"Botteghe aperte nell'Isola", per la cronaca, riuscì ad accendere l'interesse verso il quartiere ma i tanti che avrebbero voluto investirvi furono scoraggiati dalle elevate richieste dei proprietari dei locali, che, ritenendo di poter fare l'affare della loro vita, rimasero a loro volta a bocca asciutta.

Dopo il taglio del nastro da parte dell'allora sindaca Rossana Di Bello, la folla si riversò subito all'interno, affollando le stanze e meravigliandosi per tanta bellezza. Ai più anziani pian piano riaffiorava la memoria, snocciolando nomi di persone e di avvenimenti legati al luogo. Peccato non averli memorizzati, essendo chi scrive impegnato faticosamente a trattenere l'irruenza dei due virgulti al fianco (leggi figli), in particolare di Federica, cui avevano bucato il palloncino donatole all'ingresso e le cui urla di disappunto laceravano l'aria come un allarme antincendio. Provvede a rinfrescare la memoria lo studioso di tarantinità, il prof. Antonio Fornaro, il quale racconta che al primo piano di palazzo Troilo aveva sede la segreteria provinciale della Democrazia Cristiana, affidata alla signorina Motolese, con il grande salone per le riunioni e le varie stanze per gli impiegati. Invece a pianterreno esercitavano il signor Benefico, rigattiere di mobili usati (il locale precedentemente era stato adibito a ricovero delle carrozze, come quello di palazzo Pantaleo) e il signor Carrino, titolare di una rivendita di materiale edile (fra cui il particolare terriccio molto richiesto dai presepisti); suo fratello era lo scultore di fama internazionale Nicola Carrino, progettista dell'attuale fontana di piazza Fontana. Palazzo Troilo fra l'altro, nel 1635, su iniziativa dell'allora sindaco Mario D'Ippolito, ospitò provvisoriamente l'argenteo simulacro di San Cataldo, mettendolo in salvo da un disastroso incendio che danneggiò in modo consistente la cattedrale. E questa è la storia.

Si sale ora per la ripida scalinata. I locali sono ben spaziosi e adeguatamente arredati con scrivanie e computer. Il bianco alle pareti è quasi abbagliante, ma forse un tempo non doveva quella la tinta originaria degli interni. Si ammirano, in particolare, al primo piano, il monumentale camino, i pregevoli affreschi e l'altare dell'allora cappella nobiliare. Ma il luogo di maggior attrattività è il "roof garden", cioè la terrazza attrezzata con giardino, con vista panoramica sull'attiguo palazzo De Bellis, sui vicoli (o su ciò che resta di loro) e soprattutto sui due mari. Una gentile ospite mostra curiosità per la presenza a Mar Piccolo dei numerosi galleggianti. Alla richiesta di spiegazioni, rispondiamo che si tratta di boe cui sono attaccate, in profondità, le "zoche" delle cozze. "Zoche? What is it?", "Cos'è?", fa la signora, allarmata. Tranquilla, non è una parolaccia, sono le reti tubolari in cui crescono le cozze. "Have you understood?", "Ha capito, gentile signora?". Un cenno del capo vale come assenso.

Si starebbe ore e ore su quel terrazzo ad ammirare ciò che il Padreterno ha donato alla nostra Taranto, ed è tanto. Ma è tempo di raggiungere il salone, riuniti attorno al grande tavolo, per ascoltare le parole di circostanza del ministro Abodi e del commissario straordinario ai Giochi, Massimo Ferrarese. Le loro mani stringono il collo di mastodontiche bottiglie di pregiato champagne "Moet & Chandon" (Il "mò esce Andonio" del film di Totò). Il tappo salta e si brinda alle migliori fortune dei Giochi, della città e di tutti noi, ritirando poi l'omaggio (una sacchetta con il logo dei Giochi, contenente taccuino e penna).

Le autorità scendono in piazza e raggiungono subito le loro auto per un sopralluogo ai cantieri. Da lontano, il suono di un campanello e le musiche della banda annunciano l'arrivo della processione "da 'Ndulurate", la cui immagine è preceduta da una lunga teoria di confratelli e consorelle. Madre Nostra, metti tu la mano su "Tarde nuestre", ascoltaci, per favore!

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