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SANITà DIGITALE

La Puglia fra luci e ombre del Fascicolo Sanitario Elettronico

A dispetto di un consenso record al Sud, la Puglia arranca sui contenuti, sull’uso e sui servizi: la sanità digitale rischia di moltiplicare le disuguaglianze territoriali

Speciale Salute

il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) procede “a due velocità” sul territorio nazionale, e la Puglia emerge come una delle Regioni dove il ritardo pesa maggiormente

La sanità digitale promette una rivoluzione: tracciabilità delle cure, continuità informativa, accesso agevolato ai servizi da parte del cittadino e integrazione tra strutture. Ma i dati più recenti della Fondazione GIMBE mostrano che quel salto resta molto disomogeneo: il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) procede “a due velocità” sul territorio nazionale, e la Puglia emerge come una delle Regioni dove il ritardo pesa maggiormente.

Puglia: fra consenso elevato e utilizzo inesistente

Partiamo da un elemento che sorprende, sebbene già noto: in Puglia il consenso alla consultazione dei documenti sanitari nel FSE ha superato il 70 per cento, un risultato che la pone al vertice nel Mezzogiorno e ben oltre la media nazionale.

In particolare, al 31 marzo 2025 si registra un consenso del 73 per cento dei cittadini pugliesi, contro il 42 per cento che è la media italiana. (Il dato del rapporto GIMBE segnala che soltanto in Emilia-Romagna il consenso raggiunge un più elevato 92 per cento).

Eppure, dietro questo dato apparentemente positivo si cela un disallineamento drammatico: l’accesso reale e la fruizione del FSE restano pressoché simbolici in Puglia. Tra gennaio e marzo 2025 appena il 5 per cento dei cittadini ha utilizzato il Fascicolo nei 90 giorni antecedenti la rilevazione, ben al di sotto della media nazionale (21 per cento). Lo scenario è inquietante: un livello di disponibilità del consenso molto alto ma una partecipazione concreta quasi inesistente.

La ragione, in larga parte, è da cercare nei limiti del contenuto e dei servizi resi disponibili. In Puglia il FSE regionale ospita all’incirca 11 tipologie documentali su 16, vale a dire il 69 per cento dei documenti previsti a livello nazionale. Si tratta di un dato nettamente inferiore rispetto alla media Italia (74 per cento) e che colloca la Puglia fra le Regioni più arretrate in termini di completezza. I servizi disponibili attraverso il FSE regionale sono oggi il 38 per cento, e dunque in larga misura manca l’integrazione operativa che dovrebbe rendere il fascicolo uno strumento pienamente utile per il cittadino e per il medico.

Sul fronte degli operatori, la Puglia registra prestazioni positive, almeno sulla carta. Il 100 per cento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta risulta aver effettuato almeno un’operazione sul FSE nel periodo considerato (media nazionale 95 per cento). Anche per i medici specialisti si segna una copertura piena: al 31 marzo 2025 il 100 per cento dei medici specialisti delle aziende sanitarie pugliesi è abilitato all’uso del FSE (contro una media nazionale del 72 per cento).

Questa doppia asimmetria - consenso elevato vs impiego effettivo, operatori pienamente abilitati vs servizi incompleti - disegna una sanità digitale che non decolla, comportando non soltanto inefficienza ma vere e proprie disuguaglianze d’accesso tra cittadini della stessa Regione e fra Regioni diverse.

Le cause del ritardo pugliese

Più che un difetto tecnico isolato, la condizione della Puglia evidenzia una serie di nodi strutturali che impediscono al digital health di trasformarsi in un servizio realmente utile. Fra le ragioni principali:

1. Incompletezza documentale

L’assenza di sei tipologie documentali nel FSE regionale (tra cui il referto di anatomia patologica, il certificato vaccinale, la cartella clinica) limita la portata informativa del fascicolo. Quando il medico non trova nel FSE informazioni chiave, l’utilità si annulla.

2. Servizi digitali ancora poveri

La disponibilità di servizi attivi (prenotazioni, scelta del medico, liste d’attesa) è un fattore essenziale per trasformare il FSE in uno strumento dinamico. Con il 38 per cento di servizi attivi, la Puglia necessita di un salto di dotazione e integrazione.

3. Scarsa alfabetizzazione digitale e fiducia nei cittadini

Il gap tra consenso e uso suggerisce che molti cittadini non comprendono a pieno le potenzialità del FSE, o nutrono timori sulla privacy dei dati. In assenza di una campagna culturale e formativa adeguata, il consenso rischia di essere “formale” più che sostanziale.

4. Modello organizzativo e governance regionale debole

Le responsabilità per il FSE toccano molte strutture: Regione, ASL, imprese informatiche, reti sanitarie territoriali. Se la governance centrale è debole, la trasmissione di linee guida e il coordinamento mancano. Inoltre, il persistente regime di piano di rientro in Puglia limita margini di autonomia e investimenti.

5. Effetto moltiplicatore delle disuguaglianze territoriali

Nelle aree interne o nelle zone meno servite, infrastrutture digitali fragili (banda larga, colli di rete) e minor supporto tecnico accentuano il ritardo nel reale impiego del FSE.

Le conseguenze sulla sanità pugliese

Un FSE non pienamente funzionante produce una serie di impatti negativi:

• Carenze informative nelle cure integrate: quando il medico o lo specialista non reperisce dati aggiornati (referti, degenze, vaccini), la gestione del percorso sanitario diventa più frammentata.

• Ridotto coordinamento tra territorio e ospedale: la comunicazione digitale rimane divisa e spesso ridondante, con duplicazioni di esami.

• Erosione della continuità delle cure: senza uno strumento unico di storia clinica condivisa, il paziente rischia che le informazioni restino “isolate”.

• Crescita del digital divide sanitario: chi ha competenze digitali, accesso a dispositivi e cultura sanitaria innovativa beneficia molto più del sistema; chi non ce l’ha resta ai margini.

• Dispersione degli investimenti: risorse spese per digitalizzare infrastrutture o sistemi che non vengono usati rappresentano inefficienza, con una mancata valorizzazione del ritorno sociale delle politiche digitali.

Verso una strategia pugliese per colmare il gap

Lontano dall’essere una diagnosi pessimista, questi dati segnalano piuttosto che esiste uno spazio di intervento urgente, organizzato e incisivo. Ecco alcune linee di azione raccomandabili per la Puglia:

1. Piano per completare le tipologie documentali

È essenziale che la Regione si impegni a rendere disponibili le 16 tipologie previste, con una roadmap vincolante, per evitare che il FSE resti un “fascicolo monco”.

2. Potenziare i servizi digitali integrati

Servizi come prenotazioni, pagamento ticket, scelta medico, consultazione liste d’attesa e referti devono essere pienamente integrati. L’obiettivo dovrebbe essere superare il 60 per cento di attivazione entro pochi trimestri.

3. Campagna di alfabetizzazione e comunicazione

Investire in educazione digitale per cittadini, anziani, caregiver; promuovere la fiducia nel sistema e chiarire le garanzie di privacy dei dati personali. Anche attraverso sportelli territoriali e centri di supporto.

4. Formazione continua degli operatori sanitari

Anche se già abilitati, molti professionisti potrebbero non sfruttare appieno le interazioni con il FSE. Programmi di aggiornamento e incentivi di utilizzo possono servire a consolidare l’uso quotidiano.

5. Integrazione infrastrutturale e reti regionali

Migliorare la connessione, garantire interoperabilità tra ASL e ospedali, favorire infrastrutture cloud e standard comuni per evitare silos informativi.

6. Monitoraggi e audit periodici

Predisporre indicatori trimestrali di utilizzo, completezza e performance del FSE, con open data e report trasparenti. In assenza di misure di valutazione, il rischio è di restare nella stagnazione.

7. Sbloccare risorse e autonomia regionale

Superare vincoli di bilancio e potenziare la capacità di spesa sanitaria e ICT della Regione, alleggerendo i limiti imposti da pianificazioni centrali o regime di piano di rientro.

Un bivio digitale

La Puglia si trova oggi a un bivio: consolidare un vantaggio simbolico come il consenso popolare o trasformarlo in un progresso reale e tangibile per il sistema sanitario regionale. In un contesto in cui la digitalizzazione è ormai componente essenziale della sanità moderna, restare indietro significa trasformare una promessa in una contraddizione.

Se i cittadini pugliesi hanno già dimostrato apertura e fiducia, la Regione e i soggetti sanitari hanno la responsabilità di restituire loro un sistema che non solo raccolga dati, ma che li renda utili, fruibili, integrati. Il confronto con modelli più virtuosi come quello dell’Emilia-Romagna non serve solo da accusa: può diventare un faro, un benchmark di innovazione da cui trarre la spinta per non restare ancora una volta distanti nelle frontiere della sanità del domani.

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