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Il punto
10 Novembre 2025 - 06:23
L'ex Ilva
TARANTO - L'11 novembre 2025 non è una data qualsiasi; è uno spartiacque decisivo per il futuro dello stabilimento siderurgico di Taranto, un asset strategico importantissimo per l'intera economia italiana, tuttora in Amministrazione Straordinaria.
Come annunciato dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, entro tale scadenza il Governo dovrà presentare una panoramica esaustiva sullo stato dei negoziati con i potenziali acquirenti privati e, soprattutto, sul piano di rilancio statale. Quest'ultimo punta decisamente all'acquisizione societaria, alla continuità produttiva e alla tutela occupazionale, al fine di scongiurare una crisi definitiva.
L'obiettivo primario è ottenere il controllo pubblico dell'impresa, un passaggio imprescindibile per definire le strategie future. Non potendo procedere con la “nazionalizzazione” diretta a causa di impedimenti costituzionali, la strada individuata è la partecipazione attiva alla gara di cessione, veicolata attraverso le strutture finanziarie dello Stato, in particolare Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e Invitalia. È questa l'unica via legale per assicurarsi la maggioranza gestionale di una società in Amministrazione Straordinaria.
Il successo dell'operazione è subordinato a una condizione imprescindibile: la proposta statale dovrà prevalere su quella di eventuali concorrenti privati. Ciò implica presentare la migliore offerta non solo in termini economici assoluti, ma anche per solidità e credibilità del piano industriale. Aggiudicarsi la competizione è l'unico modo di assicurarsi la maggioranza e la guida gestionale dello stabilimento.
Fino a poco tempo fa, altri soggetti sono stati attori principali nella gestione imprenditoriale degli stabilimenti industriali. Così, qualsiasi manovra statale deve tenere conto di tale trascorso nei futuri negoziati e nei nuovi propositi. L'11 novembre sarà cruciale anche per chiarire le intenzioni definitive e le eventuali offerte di riacquisto da parte di player internazionali.
La strategia governativa si fonda sul Piano industriale di Decarbonizzazione e, quindi, sulla realizzazione degli impianti per la produzione di “Direct Reduced Iron” (DRI), ovvero il preridotto di ferro, e la conseguente conversione della produzione ai forni elettrici (EAF). Una dirittura determinante per la sostenibilità ambientale dello stabilimento e per l’allineamento con gli standard europei (ETS) in materia di emissioni, sempre più rigorosi. Il Governo si è impegnato a dimostrare la concreta fattibilità tecnica di questa conversione, la cui realizzazione è inevitabilmente vincolata a parametri stringenti di tempo e di costi.
Il target realistico per l'avvio della produzione a DRI su larga scala è stimato non prima del 2027-2028, rendendo necessario mantenere in funzione una parte degli altiforni tradizionali durante il periodo di transizione. Il progetto di decarbonizzazione richiede investimenti massicci: le stime ufficiali per la conversione completa a DRI e forni elettrici, insieme al risanamento ambientale, superano i 5 miliardi di euro. Una parte significativa di questi fondi è attesa dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e da finanziamenti europei.
La definizione delle modalità di approvvigionamento del gas naturale è un elemento assai critico. Il gas è infatti risorsa energetica insostituibile per il processo DRI, in attesa di una successiva transizione all’idrogeno, e il suo costo risulterà determinante per il contenimento della spesa operativa e per la competitività futura dell’acciaieria.
Martedì 11 novembre è il termine ultimo del percorso finora seguito. Il Ministro Urso ha richiesto che siano presentati in modo esaustivo lo stato di avanzamento dei negoziati con i privati, la tabella di marcia dettagliata per il DRI e le strategie definitive per l'approvvigionamento di gas.
Questa scadenza rappresenta lo snodo cruciale con cui il Governo deve dimostrare la concretezza del proprio piano di intervento e la reale capacità di traghettare l’acciaieria fuori dalle secche dell’Amministrazione Straordinaria e della crisi produttiva. La posta in gioco è la salvaguardia di un settore fondamentale e di migliaia di posti di lavoro nel Sud Italia.
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