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Taranto
03 Novembre 2025 - 06:52
Il sit-in davanti al Porto di Taranto
TARANTO - Un presidio si è svolto all’ingresso del Porto Mercantile nella giornata di 1 novembre per contestare l’attracco della nave SeaSalvia. L’iniziativa, promossa da coordinamenti provinciali pugliesi e realtà associative, aveva l’obiettivo di richiamare l’attenzione pubblica e istituzionale sugli effetti economici, sociali e ambientali legati al transito di imbarcazioni ritenute dai promotori simbolo di sfruttamento, guerra e genocidio.
Nel corso della mobilitazione i comitati hanno ribadito la richiesta di un Mediterraneo di pace, giustizia e cooperazione, libero da logiche coloniali, e hanno sollecitato il ritiro dell’autorizzazione all’attracco della SeaSalvia. Contestualmente è stato diffuso e trasmesso un documento ufficiale con cui vengono rivolte istanze alla Prefetta di Taranto, all’Autorità di Sistema Portuale, alla Capitaneria, all’Agenzia delle Dogane, alla Questura, alla Guardia di Finanza, al Comune di Taranto e ad altri enti e organizzazioni sindacali, oltre che a Eni – Raffineria di Taranto.

Il sit-in davanti al Porto di Taranto
Nel testo, i firmatari richiamano precedenti iniziative e ripropongono alcune richieste già presentate il 22 settembre 2025 al sindaco di Taranto, tra cui l’interruzione di rapporti commerciali e politici con Israele, il blocco di container e imbarcazioni in transito da e per quel Paese, il gemellaggio con Gaza City, il riconoscimento del porto come “porto sicuro” per la Flottilla di solidarietà, un ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia e percorsi di educazione ai diritti umani nelle scuole. Viene inoltre chiesta una presa di posizione in merito ai prigionieri politici palestinesi e al caso di Anan Yaeesh.
I comitati segnalano episodi ritenuti sospetti nelle operazioni portuali e citano la Legge 185/1990. In particolare fanno riferimento al 24 settembre 2025, quando la petroliera SeaSalvia (IMO 9629550), gestita dalla società greca Thenamaris, avrebbe dovuto caricare 30.000 tonnellate di greggio a Taranto con destinazione Haifa il 30 settembre 2025. Secondo quanto riportato nel documento, dopo un primo annuncio di annullamento dell’attracco comunicato da un dirigente della Raffineria Eni di Taranto, la nave sarebbe stata successivamente autorizzata con destinazione Egitto. I promotori contestano la bontà di tale destinazione e riferiscono che il 6 ottobre 2025 la nave sarebbe stata localizzata tra il nord di Israele e il Libano e, in seguito, giunta in acque palestinesi presso Ashdod, circostanze che i firmatari collegano alla rotta effettiva del carico.
Nel documento si riporta anche una nota del Comune di Taranto che chiede chiarimenti sulle destinazioni e invita le aziende a non prestarsi a forniture “che trasformano Taranto in un corridoio di guerra”, affermando che porto e polo industriale devono servire pace, lavoro dignitoso e transizione ecologica. I promotori riferiscono inoltre che il consiglio comunale del 13 ottobre non avrebbe discusso il testo presentato e avrebbe espresso parere contrario allo scioglimento dei rapporti commerciali con Israele.
Alla luce di tali elementi, le associazioni sostengono che la SeaSalvia starebbe nuovamente attraccando a Taranto per caricare 30.000 tonnellate di greggio e chiedono il ritiro immediato dell’autorizzazione. Nel documento si richiama la Convenzione ONU del 1948 sulla prevenzione e repressione del genocidio e si fa riferimento alla seduta dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 16 settembre 2025, citata dai firmatari, nonché ai profili di conformità con la Legge 185/1990 in materia di esportazione, importazione e transito di materiali di armamento.
Le richieste formali includono la verifica delle operazioni portuali, la trasparenza su attracchi, carichi e rifornimenti, comunicazioni ufficiali da parte di Eni, Autorità Portuale e Guardia Costiera, un coordinamento tra Prefettura, enti locali e forze dell’ordine per prevenire supporti logistici a navi dirette in aree di conflitto, l’esclusione di deroghe alla normativa e la tutela della popolazione civile. Come esempi, vengono citati provvedimenti assunti a Livorno e Ravenna in date recenti.
Nel quadro delle considerazioni finali i promotori sottolineano la presenza della Marina Militare e della Base NATO a Taranto e chiedono un embargo totale verso Israele, richiamando le raccomandazioni della relatrice ONU Francesca Albanese. La proposta conclusiva è l’istituzione di un Tavolo Tecnico di Controllo Permanente con rappresentanti di associazioni, sindacati ed enti competenti per monitorare i flussi, garantire trasparenza e interrompere ogni collaborazione con ciò che definiscono “economia di guerra”.
Il documento è firmato da diversi comitati territoriali, tra cui Taranto per la Palestina, Valle per la Palestina, Grottaglie per la Palestina, Carosino per la Palestina, Salento per la Palestina, Bari per la Palestina, Sava per la Palestina, Brindisi per la Palestina, Mediterranea Saving Humans – Taranto, BDS Italia e Giovani Palestinesi d’Italia, con data sabato 1 novembre 2025.
Gli organizzatori infine domenica hanno tenuto una nuova iniziativa in città con un volantinaggio per informare la cittadinanza e a “spezzare la complicità” rispetto alle operazioni contestate.
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