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Arte e acciaio

L'ex Ilva e il giallo delle sculture scomparse

Andate perdute due preziose opere: una di David Smith e l'altra di Umberto Mastroianni. Ecco la storia

David Smith, i "Voltri" realizzati nelle officine dell'Italsider

David Smith, i "Voltri" realizzati nelle officine dell'Italsider (foto dal sito genova/in regress)

Sembrerebbe una storia degna dei più avvincenti gialli legati alla scomparsa di opere d’arte. Qualcosa che ricorda il celebre e rocambolesco furto della Gioconda. Ma in questo caso, almeno fino a prova contraria, nemmeno di furto si può parlare ma di autentica sciatteria. Certo, non può dirsi fortunata la storia di alcuni capolavori della scultura legati all’allora Italsider. Portando indietro le lancette del tempo si scopre infatti che una delle più importanti opere dello scultore americano David Smith, donata all’azienda siderurgica, è poi scomparsa nel nulla.

La storia è piuttosto intrigante e chissà se, a distanza di tanti anni, non si abbia voglia riaprire il caso e le ricerche e tentare di saperne di più.

Ma andiamo con ordine.

Siamo nel 1962 e il governo italiano commissiona a Smith il compito di realizzare due sculture da esporre al quarto Festival dei Due Mondi di Spoleto. Ma chi è David Smith? Tra gli anni ’50 e ’60 è uno degli autori più noti della scena artistica internazionale, in particolare sul fronte dell’astrattismo, al quale si è formato attraverso lo studio delle opere di Picasso, Mondrian, Kandinsky e dei costruttivisti russi.

Nel 1957 il Museum of Modern Art di New York gli dedica una retrospettiva di sue sculture, disegni e dipinti. Successivamente sarà presente alla Biennale di Venezia e a quella di San Paolo. Purtroppo la sua brillante carriera sarà spezzata bruscamente: Smith muore infatti nel 1965 a causa di un incidente automobilistico. Oggi le sue opere sono esposte nei più importanti musei del mondo.

Tre anni prima della sua tragica scomparsa, dunque, a lui si interessa, come detto, il governo italiano in collaborazione con l’azienda siderurgica. Per le sue sculture Smith lavora soprattutto con acciaio e materiali ferrosi e l’Italsider gli mette a disposizione cinque vecchi stabilimenti di saldatura ormai dismessi. Smith ne sceglie uno: a Voltri, vicino Genova. L’idea iniziale di Smith è quella di lavorare con l’acciaio, ma una volta messo piede nel vecchio opificio, Smith resta affascinato dalla molteplicità di materiali ancora presenti in quella officina quasi dimenticata. Una tale ricchezza di “ingredienti” accende la sua creatività e nel giro di trenta giorni realizza addirittura 27 sculture.

Come è raccontato sul sito del Guggenheim di New York, Smith assemblò le sue sculture di Voltri in gran parte utilizzando strumenti ritrovati e scarti di acciaio, lasciando il colore naturale arrugginito dei materiali. In molti dei pezzi Smith preservò l’identità degli oggetti come pinze, tavoli da lavoro e carri industriali, mentre in altri saldò insieme frammenti metallici più astratti. Smith assemblò i componenti con una grazia ed eleganza tali da rendere i “Voltri” tra i suoi pezzi più pregiati. Un lavoro che poi sarà la base per una prosecuzione della sua ricerca nel suo laboratorio di Bolton Landing, dove spedì diverse tonnellate di oggetti di fabbrica rimasti inutilizzati.

Come gesto di ringraziamento, Smith donò uno dei suoi “Voltri” proprio all’Italsider di Genova. Apparentemente la storia potrebbe chiudersi qui. Ma trent’anni dopo, siamo nel 1994, la nota gallerista Carla Panicali si ricorda delle sculture di Smith. Quei “Voltri” sono esposti nei più grandi musei d’Europa e d’America e hanno quotazioni che toccano anche i due milioni di dollari. All’appello, tuttavia, manca proprio il pezzo donato all’Italsider. Panicali si rivolge allora a Elio Donatelli, in quegli anni direttore del circolo Italsider Vaccarella. Siamo agli ultimi sussulti della siderurgia pubblica e l’Italsider-Ilva è ormai sul punto di essere privatizzata e finire nelle mani della famiglia Riva.

L’opera Voltri XXII, ricorda Carla Panicali in una lettera inviata a Donatelli, «è stata lasciata da David Smith in regalo all’Italsider. Dove può essere finita?». A voler ritrovare quella scultura, specifica Carla Panicali nella sua lettera, è Candida Smith, la figlia di David. Alla lettera allega anche la scheda di classificazione dell’opera Voltri XXII.

Elio Donatelli si mette all’opera nel tentativo di rintracciare il pezzo scomparso. A distanza di breve tempo, Carla Panicali si fa risentire: «Non ho avuto nessuna notizia circa il ritrovamento del David Smith. Non ci sono speranze? Ti pregherei se fosse possibile di mandarmi un fax ufficiale dall’Italsider che dica che sono state fatte ricerche della scultura a Genova senza per altro alcun successo. Così manderò la copia a Candida Smith e le dirò quanto siamo spiacenti».

Donatelli sollecita i suoi colleghi di Genova e il 21 novembre riceve un fax dal responsabile dei Servizi Generali di Ilva Laminati Piani. Poche righe nelle quali si legge tutta la cruda e dura realtà: «A seguito della Vostra cortese segnalazione abbiamo iniziato ricerche a tutt’oggi ancora in corso. Pur non in presenza di risultati definitivi, desideriamo manifestarvi i nostri dubbi sulla possibilità che la scultura possa essere rintracciata: i purtroppo numerosi cambiamenti di assetto societario che sono intervenuti dal 1962 ad oggi rendono difficile seguirne le tracce dal punto di vista amministrativo e, nel contempo, i cambiamenti logistici che hanno seguito quelli organizzativi, non ci favoriscono certo nel nostro compito. Qualora le ricerche avessero un esito positivo sarà nostra cura informarvi tempestivamente. In assenza di nostre ulteriori notizie potrete considerare la scultura come distrutta. Nel manifestarvi tutto il nostro disappunto per la perdita artistica e patrimoniale cogliamo l’occasione per porgervi i nostri più cordiali saluti». E tanti saluti alla scultura di David Smith della quale non risulta si sia saputo più nulla. Perduta. Distrutta, come si ipotizza in quel fax dei Servizi Generali dell’Ilva Laminati Piani, o finita chissà dove.

Un epilogo sfortunato, come sfortunato è stato il destino di un’altra grande opera della quale il nostro giornale si è già occupato: l’Ariete di Umberto Mastroianni.  «Lo scultore – ricorda Elio Donatelli - ci propose uno scambio: ci chiese un quantitativo di acciaio per realizzare una scultura che avrebbe poi donato all’Ilva. Questa proposta fu accolta con piacere dall’allora direttore dello stabilimento Sergio Noce che decise di fornire a Mastroianni acciaio per un valore di cinquanta milioni di lire. L’artista realizzò la scultura, l’Ariete, appunto, che fu collocata all’ingresso della nuova direzione, sulla via Appia. Bene, anche quell’opera è sparita. Non si è saputo più nulla, nessuno ha più saputo dirmi che fine abbia fatto».

L'Ariete, bozzetto della scultura donata da Umberto Mastroianni all'Ilva negli anni '90.

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