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Il caso

L'allarme di Melucci: «Così Taranto rischia di diventare una mega Bagnoli»

Le preoccupazioni del sindaco dopo il tavolo sul SIN

Una veduta di Bagnoli e nel tondino Rinaldo Melucci

Una veduta di Bagnoli e nel tondino Rinaldo Melucci

«Senza una significativa deperimetrazione occorrono non meno di cinque miliardi di euro per evitare una mega Bagnoli. Taranto é un unicum in termini di bonifiche necessarie: s'intervenga subito». E' il sindaco e presidente della Provincia, Rinaldo Melucci, ad agitare lo spettro della grande incompiuta, Bagnoli - ed il rischio di una sua ripetizione, su scala molto più vasta, in riva ai Due Mari.

Melucci non ha nascosto il proprio disappunto a margine del tavolo tecnico, definito in una nota del Comune "interlocutorio", convocato nella giornata di giovedì dalla Regione Puglia intorno alla richiesta deperimetrazione del SIN di Taranto. SIN sta per "Sito di Interesse Nazionale" in tema di bonifiche, e su questo - ammonisce Melucci - «Bisogna fare sul serio, non abbiamo tempo da perdere e non va illusa ancora la comunità». Ma cosa intende il sindaco? «Qui non si tratta di rimodulare di corsa e banalmente le briciole e i progetti secondari rivenienti dalla precedente programmazione. Si devono assicurare le risorse per una vera caratterizzazione di parte di aree e scegliere l'approccio strategico. Altrimenti è pure teoria parlare di riconversione dell'ex Ilva e di avvio della Zes, oppure di rilancio del porto».

«Delle due l'una – prosegue - o le aree produttive sono talmente compromesse da indurci a richiedere una dotazione, da nostre stime attendibili, non inferiore ai 5 miliardi di euro per le bonifiche straordinarie di circa 12 mila ettari tra terra e mare dell'area ionica, sempre che si stiano strettamente applicando da parte del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica limiti e parametri di legge, uguali dappertutto nel Paese, e non approcci solo conservativi e discrezionali. Oppure, di contro, se simili risorse non esistono da nessuna parte e i dati scientifici non sono così definiti, si deve lavorare una volta per tutte all'esclusione dai vincoli di quasi metà di quel SIN, all'epoca disegnato con grandissima approssimazione e senza fondamento».

Da Palazzo di Città si fa riferimento in modo particolare al porto: «Se il nostro porto è inopinatamente ricadente per intero nel SIN, con grave danno di competitività e difficile gestione delle concessioni, perché gli altri porti italiani non devono sostenere analoghi vincoli? Saremo dunque chiamati a ricorrere in sede giudiziale avverso questa asimmetria? E cosa accadrebbe quando dovessimo restituire aree ex Ilva a città e porto, se non si applicassero criteri specifici per Taranto? Più che un tavolo meramente tecnico, occorrerebbe sulla vicenda una urgente cabina di regia istituzionale. Mi spiace anche molto non aver visto al tavolo la componente politica della Regione Puglia, che so essere vicina al tema della transizione di Taranto. Evidentemente non è chiaro a tutti l'impatto del SIN sul futuro di Taranto e del suo sistema di imprese».

«Non mi resta che auspicare -ha concluso il sindaco - che il governatore Michele Emiliano voglia avocare a sé la questione e voglia presto porla ai più alti livelli istituzionali».

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