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Melucci e i due paradossi

Al Comune maggioranza appesa ad Abbate

Rinaldo Melucci

Rinaldo Melucci

Il consiglio comunale del 13 marzo ha certificato il passaggio di Luigi Abbate nella maggioranza del sindaco Rinaldo Melucci. Senza Abbate oggi Melucci non avrebbe i numeri per governare. E il prezzo politico del “diciassettesimo” ha immediatamente preso forma nella richiesta della maggioranza, sindaco in testa, di dimissioni del presidente del consiglio Piero Bitetti. Una postazione alla quale sembra destinato lo stesso Abbate, che da più ringhioso oppositore di Melucci oggi ne è diventato il tassello determinante per consentirgli di restare in sella.  

Lo spregiudicato attacco a Bitetti – colpevole di aver firmato per lo scioglimento del consiglio comunale – supera la legittima battaglia politica per squarciare la sfera istituzionale.  Un fatto che non ha precedenti e che sottolinea come rancori e rivalse, anche solo personali, finiscano per condizionare la vita della città e delle istituzioni. Forse non si era mai raggiunto a Taranto un livello così preoccupante di degrado politico-istituzionale. La vicenda di Abbate è emblematica.

In questo scenario desolante, prendono corpo due paradossi. Il primo: ad affermarsi in questi mesi come più aggressivo partito di opposizione è il Partito Democratico, il partito, cioè, che ha governato con Melucci per sette anni, quando ogni critica indirizzata verso l’amministrazione comunale veniva respinta sdegnosamente come atto di lesa maestà e gli autori delle critiche venivano liquidati come disfattisti privi di amore per la città.

Il secondo paradosso: a restare sullo sfondo è quella che dovrebbe essere l’opposizione naturale di Melucci, vale a dire il centrodestra. I cincischiamenti di Fratelli d’Italia e Lega prima di firmare le dimissioni davanti al notaio lo scorso 19 febbraio e, volendo allargare lo sguardo alla Provincia, dove Melucci è presidente, il voto favorevole di Forza Italia sul bilancio, danno la percezione di un centrodestra che non abbia tutta questa voglia di cavalcare le difficoltà politiche di Melucci. Un atteggiamento che finisce per dare forza alle voci sull’esistenza di un inciucio strisciante tra lo stesso Melucci e almeno un pezzo del centrodestra. 

Comune e Provincia si barcamenano così, mentre siamo nel pieno della grave vertenza dell’ex Ilva – che rischia di produrre uno sconquasso sociale ed economico epocale - e mentre sono in ballo i cospicui denari del Just Transition Fund e mentre è in elaborazione il nuovo piano urbanistico che dovrebbe definire l’assetto della città per i decenni a venire. Per non dire dei Giochi del Mediterraneo, che Taranto rischia di lasciarsi sfuggire di mano bruciando così una straordinaria opportunità di rilancio economico e d’immagine. Situazioni che richiederebbero la presenza di una amministrazione comunale forte ed autorevole e non appesa alle cangianti temperie di Luigi Abbate.

E a proposito dei Giochi, al di là del trionfalismo manifestato dal sindaco sulla soluzione per i lavori allo Iacovone, non si può sottacere che buona parte del tempo lo si è perso perché Melucci si era intestardito sul progetto che prevedeva alberghi e piastra commerciale, intorno ad uno Iacovone rimpicciolito a 16 mila posti. Un progetto nel quale lo stadio sembrava solo un pretesto per fare altro. Alla faccia del nuovo piano urbanistico.

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