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Il punto
05 Marzo 2024 - 06:00
Uno dei tanti negozi chiusi al Borgo
Gulio Carlo Argan era stato profetico già nel lontanissimo 1969: «Tra pochi anni o tra poche decine di anni, l’attuale Taranto sarà più decrepita della Taranto Antica e si porrà ineluttabilmente e in modo gravissimo il problema della sua ristrutturazione urbanistica».
La profezia del grande critico d’arte risale ad una tavola rotonda voluta da Antonio Rizzo, allora direttore de La Voce del Popolo, che riuscì a riunire a Taranto una schiera di intellettuali a difesa della Città Vecchia. In quegli anni, con la città fresca di industrializzazione siderurgica e in grande espansione urbanistica, c’era chi voleva trasformare l’Isola in una sorta di Manhattan del Sud. In quella circostanza, Argan mise in guardia dal rischio che anche la Taranto Nuova finisse per svuotarsi di funzioni e contenuti. Bene, se allora l’impegno era quello di salvare Taranto Vecchia, oggi non solo la Città Vecchia non è stata ancora salvata, ma siamo di fronte all’emergenza Borgo: un quartiere che via via ha perso anima e gente, finendo per diventare un agglomerato sempre più anonimo, che si va spopolando giorno dopo giorno, con i negozi che chiudono e lasciano come desolante scenografia vetrine vuote e impolverate, buone solo per appiccicare qualche voltantino d’occasione.
In questo quadro di progressivo abbandono è proprio il commercio a soffrire l’assenza di politiche di incentivazione. I numeri parlano chiaro: ottomila chiusure negli ultimi dieci anni. Anzi, si procede in direzione contraria, con il ritorno d’attualità dei progetti per il Comparto 32, quello dell’area intorno al centro commerciale ex Auchan. Sono spinte che arrivano da lontano, dal progetto Sircom di oltre vent’anni fa. Spinte verso l’espansione della città in direzione oriente, spinte che hanno trovato nel nuovo ospedale in costruzione la perfetta testa d’ariete per sfondare i confini su quel versante. Spinte che rischiano di far abbassare la simbolica saracinesca del negozio di vicinato e di tante attività commerciali e artigiane, come hanno giustamente sottolineato i commercianti di viale Liguria nella protesta di questi giorni.
E così, mentre Taranto vive la drammatica vertenza del siderurgico, dalle prospettive incertissime; mentre il porto è ormai una scommessa finora perduta e mentre il commercio rischia di morire soffocato dalla crisi, Palazzo di Città sembra una realtà lontana dalle preoccupazioni, dai bisogni e dalle richieste di ascolto di cittadini e categorie produttive. Più assorbiti dalle beghe interne, a Palazzo di Città, che dalla involuzione che sta conducendo Taranto sull’orlo del baratro.
Oggi, nel nostro giornale (nell'edizione cartacea rinnovato nella forma e nei contenuti) abbiamo voluto dare la parola proprio a chi rappresenta commercianti e artigiani. Vogliamo così accogliere il loro grido di dolore e, allo stesso tempo, farci portavoce, come giornale della città, delle loro istanze finora rimaste ampiamente inascoltate.
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