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La crisi del Siderurgico

«L'ex Ilva? Finirà come Alitalia»

L'ex ministro Calenda: «Dovremo rivenderla»

Acciaierie d'Italia

Acciaierie d'Italia

«Ilva è finita». L'ex ministro e leader di Azione, Carlo Calenda, è tornato a parlare della crisi del siderurgico ai microfoni di Radio24. A 24Mattino, in onda sulla radio de Il Sole 24Ore, Calenda ha ricordato come, «dopo la gara europea», ArcelorMittal fosse arrivata a Taranto «con un contratto blindato», ma poi «il governo giallo-rosso ha cancellato lo scudo penale facendo decadere il contratto».

«Sarà come Alitalia. Ad un certo punto proveremo a rivenderla. Una storia amara» ha aggiunto Calenda, per il quale «oggi l'unico modo è varare una clausola per l'amministrazione straordinaria, ma è molto complicato».

Carlo Calenda

A citare proprio Calenda era stato nei giorni scorsi, ospite di La7, Michele Riondino. Per l'attore tarantino, regista di "Palazzina Laf", «se è importante l'acciaio, non si capisce perchè Carlo Calenda, ministro nel governo Renzi, abbia avuto l'idea di vendere la più grande acciaieria d'Europa al più grande competitor».

Michele Riondino

IL 28 DICEMBRE NUOVA RIUNIONE DEL CDA DI ACCIAIERIE D'ITALIA

Quella di ieri, venerdì, è stata un'altra giornata complessa sul fronte dell'acciaio. «A seguito dei lavori assembleari della giornata di oggi, Acciaierie d’Italia comunica che è stato convocato un consiglio di amministrazione per il prossimo 28 dicembre, con l’obiettivo di formulare un nuovo testo di delibera da proporre all’assemblea degli azionisti a sostegno del fabbisogno finanziario alla Società». E' stata una nota stampa della stessa azienda ad annunciare l'ennesima fumata nera da Milano, dove si era riunita l'annunciata assemblea dei soci. Che ha deciso, sostanzialmente, di prendere tempo in un tira e molla che si trascina da settimane. Si ripartirà, dopo Natale, da una nuova riunione del Cda per la delibera sul capitale.

Il rischio che Acciaierie d'Italia venga commissariata o gestita dal Tribunale di Milano è stato paventato da testate nazionali dopo che, nel consiglio di amministrazione di giovedì, Invitalia - la parte pubblica della società con il 38% di capitale - non si sarebbe presentata, non permettendo quindi di deliberare sulla proposta di aumento del capitale per 320 milioni a cui i soci avrebbero dovuto partecipare pro-quota entro il termine del 31 gennaio 2024. 

Ha provato a rassicurare il ministro delle Imprese e Made in Italy Adolfo Urso, che a margine della seduta del Senato ha dichiarato che «la prossima settimana ci sarà un altro tavolo, anche con i sindacati. Siamo convinti e lavoriamo affinchè l’Ilva continui ad essere un polo produttivo anche e soprattutto con le prospettive della riconversione green. L'unica cosa certa è che l’Ilva continuerà a produrre».

Adolfo Urso

Ma i sindacati non nascondono la preoccupazione: «Ci avviciniamo alla chiusura, ma si continua a giocare sulla pelle di ventimila lavoratori» le parole di Rocco Palombella, segretario generale della Uilm. Per il leader dei metalmeccanici della Uil «si continua a brancolare nel buio». 

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