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La crisi del Siderurgico

Acciaierie d'Italia, l'assemblea infinita. «Ci avviciniamo alla chiusura della fabbrica»

Il braccio di ferro. Le voci del governo e del sindacato

Acciaierie d'Italia

Acciaierie d'italia

Il braccio di ferro continua. «A seguito dei lavori assembleari della giornata di oggi, Acciaierie d’Italia comunica che è stato convocato un consiglio di amministrazione per il prossimo 28 dicembre, con l’obiettivo di formulare un nuovo testo di delibera da proporre all’assemblea degli azionisti a sostegno del fabbisogno finanziario alla Società». E' una nota stampa della stessa azienda ad annunciare l'ennesima fumata nera da Milano, dove si è riunita l'annunciata assemblea dei soci. Che ha deciso, sostanzialmente, di prendere tempo in un tira e molla che si trascina da settimane. Si ripartirà, dopo Natale, da una nuova riunione del Cda per la delibera sul capitale.

Questo, mentre il rischio che Acciaierie d'Italia venga commissariata o gestita dal Tribunale di Milano è stato paventato da testate nazionali dopo che, nel consiglio di amministrazione di ieri, Invitalia - la parte pubblica della società con il 38% di capitale - non si sarebbe presentata, non permettendo quindi di deliberare sulla proposta di aumento del capitale per 320 milioni a cui i soci avrebbero dovuto partecipare pro-quota entro il termine del 31 gennaio 2024.

Ha provato a rassicurare il ministro delle Imprese e Made in Italy Adolfo Urso, che a margine della seduta del Senato ha dichiarato che «la prossima settimana ci sarà un altro tavolo, anche con i sindacati. Siamo convinti e lavoriamo affinchè l’Ilva continui ad essere un polo produttivo anche e soprattutto con le prospettive della riconversione green. L'unica cosa certa è che l’Ilva continuerà a produrre». Il tentativo del governo sarebbe quello di convincere Mittal ad accettare una quota di minoranza (40% con Invitalia al 60%) senza strascichi legali. Una soluzione consensuale, insomma, dopo che Arcelor Mittal aveva presentato una memoria legale nella quale si rappresenta, sostanzialmente, di aver versato finora più soldi di quanto non abbia fatto Invitalia.

Adolfo Urso

Diversi, molto diversi, i toni che vengono dal sindacato. «Ci avviciniamo alla chiusura, ma si continua a giocare sulla pelle di ventimila lavoratori» dice Rocco Palombella, segretario generale della Uilm. Per il leader dei metalmeccanici della Uil «si continua a brancolare nel buio». 

Rocco Palombella

«Ormai è palese cosa sta succedendo all’ex Ilva: la sua inesorabile chiusura. Siamo di fronte a una situazione indegna, in cui tutte le parti in campo stanno giocando sulla pelle di 20.000 lavoratori e intere comunità, decidendo, per l’ennesima volta, di rinviare l'assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia» le parole di Palombella, per il quale «si sta continuando a prendere tempo senza avere nessuna direzione chiara da seguire, si continua a brancolare nel buio». «Il governo - prosegue Palombella - non era a conoscenza del cda di ieri sera oppure ci ha mentito nell’ultimo incontro a Palazzo Chigi? Siamo di fronte a una condizione inaudita e vergognosa, conseguenza anche delle mancate scelte chiare e nette del governo nei confronti del socio privato». 

«Sconcertante», per il capo dei metalmeccanici della Uil, «che le sorti di un Paese, 20.000 lavoratori e intere comunità debbano dipendere dalle decisioni di una multinazionale. Sembra che il governo sottovaluti i rischi devastanti di questa vertenza. Se c'è qualcuno a Palazzo Chigi, batta un colpo, prima che la situazione diventi ingovernabile. Il governo non si nasconda dietro Invitalia, assuma la responsabilità diretta e detti le condizioni, non avendo timore delle minacce del socio privato».

Una veduta dell'ex Ilva

«Apprendiamo che l’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia ha di nuovo rinviato ogni decisone convocando per il 28 dicembre il consiglio di amministrazione. C’è il rischio sempre più concreto che salti tutto, senza l’assunzione di responsabilità da parte del Governo».

Lo dichiarano in una nota congiunta Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil e Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil. «Nell'incontro a Palazzo Chigi di mercoledì scorso il Governo non è stato in grado di prendere l'unica decisione possibile nell'interesse generale del Paese: la salita nel capitale pubblico. Perdere altro tempo significa mettere in pericolo la salute e l'occupazione dei lavoratori, l'ambiente, la continuità aziendale e la tenuta gli impianti. Come Fim, Fiom, Uilm ci siamo assunti, insieme ai lavoratori, le nostre responsabilità di salvare l’ex Ilva, ora tocca al Governo: il 28 dicembre è il giorno della verità».

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