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Palazzina Laf

«Quello che Riondino non dice nel suo film»

Giovanni Battafarano racconta l'attività parlamentare svolta sui conflitti all'interno dell'ex Ilva

Michele Riondino in "Palazzina Laf"

Michele Riondino in "Palazzina Laf"

di Giovanni Battafarano

Il 24 marzo 1998, su proposta del sen. Euprepio Curto (Alleanza Nazionale) e del sottoscritto, la Commissione Lavoro del Senato decise all’unanimità di avviare una Indagine conoscitiva sulla situazione degli stabilimenti ILVA di Taranto e Novi Ligure. Nell’arco di due mesi furono consultati i sindacati e le RSU, il Presidente e i dirigenti dell’ILVA, il Presidente di Assindustria Taranto, i direttori provinciali del Lavoro, dell’Inail e della Asl. Successivamente nella seduta dell’ 1luglio e successive, la Commissione Lavoro del Senato approvò il documento conclusivo predisposto dal relatore Antonio Montagnino (PPI) integrato con i contributi del dibattito, da cui traggo alcuni passi significativi.
«Le relazioni sindacali sono profondamente compromesse: esse, anzi, praticamente non esistono. C’è totale incomunicabilità, contrassegnata da un’eccezionale tensione, da denunce e dal frequente ricorso alla magistratura…
La Direzione provinciale del Lavoro sostiene che le relazioni sindacali non si svolgono secondo le regole che garantiscono le parti sociali su un piano di pari dignità e garanzie legali, che i rapporti tra datore di lavoro e rappresentanti dei lavoratori sono stati caratterizzati da una continua conflittualità che molto probabilmente è acuita dall’intento della società di orientare il proprio potere gestionale senza eccessivi controlli o ingerenze nelle decisioni che riguardano le scelte dell’organizzazione delle attività produttive, scelte che coinvolgono la tutela e la sicurezza dei lavoratori.
L’esempio plateale di una situazione assolutamente inaccettabile perché lesiva dei diritti e della dignità dei lavoratori, è comunque offerto dalla Palazzina LAF, cioè di quell’edificio dove sono ospitati i 60 dipendenti in posizione da definire, come vengono eufemisticamente indicati dalla parte datoriale. Si tratta di personale tecnico, di impiegati, di programmatori e di altre professionalità, che non si sono piegati alle pretese aziendali e sono stati confinati da circa 18 mesi per non aver voluto subire l’assegnazione a mansioni di operai o che non hanno accettato di ritirare l’adesione al sindacato o di evitare conflitti con l’azienda.
La Commissione condivide totalmente la valutazione della Direzione provinciale del lavoro di Taranto e denuncia l’inaudito comportamento aziendale che umilia i lavoratori.
Per le ragioni esposte, la Commissione stigmatizza le patologie nell’ambito delle relazioni sindacali… denuncia l’intollerabile esistenza di un reparto confino in cui sono praticamente segregati sessanta lavoratori…
Su questa vicenda non basta l’indignazione, occorrono interventi e strumenti che inducano l’azienda a rimuovere una situazione assolutamente incivile. In questo ambito è da richiamare la responsabilità del rappresentante del Governo a Taranto e l’azione della Magistratura, che deve garantire il rispetto delle regole, delle leggi e della dignità dei lavoratori. La Commissione ritiene che l’attivazione di corrette e normali relazioni sindacali riguardano certamente la volontà e la disponibilità delle Parti, ma la lesione dei diritti dei lavoratori e l’inosservanza di norme e di legge sono elementi che richiamano responsabilità istituzionali ai vari livelli».
Il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva fu inviato a tutte le parti in causa e anche alla Magistratura. In tal modo il Senato diede il suo importante contributo al superamento della vergogna della Palazzina LAF.
Spiace che questo contributo del Senato, quindi delle Istituzioni e della politica, in questo caso unitaria, sia completamente omesso nel pur meritorio film di Michele Riondino su Palazzina LAF.

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