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L'incontro a Palazzo Chigi

«Per l'ex Ilva servono cinque miliardi»

Tramonta l'ipotesi dello Stato alla guida di AdI

Insoddisfacente. E’ questo il giudizio dei sindacati metalmeccanici dopo l’incontro sull’ex Ilva tenutosi ieri a Palazzo Chigi. Un vertice da cui sono emerse due cose: il tramonto della possibilità che lo Stato assuma il controllo di Acciaierie d’Italia e la necessità di una cifra monstre, cinque miliardi di euro, per rimettere in sesto il gigante d’acciaio, quantomai barcollante. Al tavolo romano erano presenti all’incontro con le delegazioni di Fim, Fiom, Uilm, Uglm e Usb il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ed i ministri degli Affari Europei, Raffele Fitto, delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso, e del Lavoro, Marina Calderone.

Di «nessuna risposta», anzi di «passi indietro» parla il segretario generale della Uilm Rocco Palombella. «Mentre qualche mese fa c’era lo spiraglio di salire da un punto di vista degli assetti in maggioranza e c’era la possibilità che il Governo avesse la maggioranza all’interno di questa amministrazione, al momento è tutto cassato, così come fecero i predecessori. È cominciata un’interlocuzione con ArcelorMittal per capire se si potrà proseguire»: nella dichiarazione del leader dei metalmeccanici della Uil c’è quindi la conferma della nuova interlocuzione tra l’esecutivo e la multinazionale franco-indiana, che vede il ministro Fitto impegnato in prima persona.

E’ stato invece Roberto Benaglia, segretario della Fim, a fornire la cifra di quanto necessario per (provare a) far ripartire il Siderurgico: cinque miliardi. «Siamo di fronte a una situazione urgente, il gruppo sta collassando, le risorse finanziarie sono terminate, siamo al minimo di produzione senza investimenti e senza sicurezza sul lavoro. Il Governo ha detto che si sta confrontando con ArcelorMittal per negoziare le prospettive, ma non abbiamo né tempi né ulteriori informazioni. Noi - ha detto Benaglia - abbiamo chiesto indicazioni rispetto a che le nostre prerogative vengano tenute in considerazione, ma soprattutto di essere coinvolti durante il percorso e non alla fine. Il governo ha detto che ci convocherà, ma il gruppo così non sta andando avanti. Servono cinque miliardi per fare tutto quello che serve e il tempo è decisivo. Il governo deve accelerare. Ci riuniremo tra qualche giorno perché questa vertenza sta esplodendo, la mancanza di risposte di oggi ci preoccupa. Senza Acciaierie di Italia e senza siderurgia il paese non ha solo 20mila lavoratori a rischio, ma è più povero e arretrato».

Per Michele De Palma, segretario generale della Fiom, «il governo ha fatto un passo indietro» e «noi abbiamo fatto due passi in avanti come Fiom, Fim e Uilm perché abbiamo provato a rappresentare alla presidenza del Consiglio dei Ministri una situazione che è oggettiva: siamo all’eutanasia in Italia di fatto di Acciaierie d’Italia e siamo all’eutanasia della siderurgia in Italia. C’erano tutti ministri competenti - ancora De Palma - la cosa che ci ha molto colpito è stato il fatto che ha parlato il sottosegretario la presidenza del consiglio Mantovano, ma gli altri ministri competenti per la vertenza, tranne la ministra Calderone da noi sollecitata rispetto ad una situazione ormai drammatica dal punto di vista della situazione degli impianti e delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori, non ha parlato nessun altro ministro».

La giornata di ieri si era aperta con una notizia anticipata da Il Foglio: il presidente di Acciaierie d’Italia, Franco Bernabè, avrebbe rimesso il proprio mandato nelle mani del premier Giorgia Meloni. Nei giorni scorsi lo stesso Bernabè era uscito allo scoperto chiedendo un robusto intervento da parte dello Stato, mettendo in guardia dal rischio di chiusura di quella che è la più grande fabbrica d’acciaio d’Europa.

La nota diffusa ieri sera dai sindacati 

LA NOTA DEL GOVERNO

Si è tenuta a Palazzo Chigi, una riunione tra il Governo e le confederazioni sindacali sull'ex Ilva di Taranto. Al tavolo hanno presenziato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, il Ministro delle imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Marina Calderone, il Ministro per gli affari europei, le politiche di coesione e il PNRR, Raffaele Fitto, e i vertici nazionali di FIM - CISL, FIOM – CGIL, UILM - UIL, UGL e USB.

Dopo aver ascoltato le considerazioni dei rappresentanti dei lavoratori in merito alle complesse questioni che caratterizzano da decenni l’impianto siderurgico, il Governo ha ricordato le misure finora adottate per affrontare, uno per uno, i numerosi e risalenti nodi critici della vicenda. Si tratta di una pesante situazione della quale l’Esecutivo si è preso carico fin dal suo insediamento, introducendo, con il decreto legge n. 69/2023, norme per rendere possibile la gestione dell’azienda, per sbloccare le risorse poste a disposizione per essa, per chiudere le procedure di infrazione in atto.

Il Governo, che considera l’incontro come la tappa di un percorso in atto e che è ben consapevole dell’urgenza degli interventi, ha ribadito l’impegno a dare soluzioni di prospettiva, concentrando la propria azione in modo prioritario sul completamento del percorso di decarbonizzazione, sulla positiva definizione delle procedure d’infrazione in atto, sulla verifica del concreto impegno del socio privato al rilancio dell’impianto e sulla garanzia della sicurezza negli stabilimenti.
È stato concordato che, anche in seguito alle interlocuzioni in corso con gli azionisti, sarà calendarizzato a breve un nuovo momento di confronto con i sindacati.

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