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La storia

Il G7 ed il precedente: il presidente sovietico a Taranto

Nel 1967 la visita di Nikolaj Podgornyi all'Italsider

Nikolaj Podgornyi a Taranto

Nikolaj Podgornyi a Taranto

Dice Michele Emiliano che «la prossima location del G7 in Puglia è un segreto assoluto e non spetta certo a me individuarla. Spetta al Presidente del Consiglio, al Governo e probabilmente consultando le varie nazioni che dovranno partecipare all’evento. A noi spetta solo collaborare. E devo ringraziare il Governo italiano perché normalmente si va in un luogo che ha la capacità di gestire un evento del genere, che è senza precedenti nella storia della Puglia per dimensione, importanza politica e sicurezza». Il governatore pugliese ha risposto così alle domande dei giornalisti a proposito delle possibili location nelle quali si svolgerà il G7 del 2024, annunciato dalla premier Giorgia Meloni a conclusione del forum intergovernativo di Hiroshima.

«Ho apprezzato molto la cortesia e lo stile istituzionale del presidente Meloni perché non sono consuete», ha aggiunto Emiliano. «Qualunque sarà il posto scelto rappresenterà lo sforzo di accoglienza che noi facciamo verso chiunque in nome della pace e del dialogo tra le nazioni» ha detto ancora il presidente della Regione, sottolineando che in Puglia «c’è un dispositivo di protezione, che deriva dallo schieramento delle forze armate di terra, di mare e di aria che è tra i più importanti d’Italia». 

Due pugliesi che possono immaginare dove si terrà l’importantissimo evento del 2024 sono Raffaele Fitto, il ministro a cui Meloni ha consegnato le chiavi della cassaforte del Pnrr, e soprattutto Alfredo Mantovano, il vero ‘numero 2’ dell’esecutivo, uomo di strettissima fiducia della premier. Il quotidiano La Repubblica si è sbilanciato: «Quando la premier Giorgia Meloni ha annunciato che il prossimo G7 si terrà in Puglia, c’è chi nel Governo non ha trattenuto la battuta: “Lo fanno direttamente a casa di Alfredo Mantovano, per comodità”. In realtà sapevano di non scherzare: perché il sottosegretario alla presidenza, salentino d’origine e cultura, ha avuto un ruolo cruciale nella scelta. E perché, anche se manca il crisma dell’ufficialità, è possibile che la prossima riunione dei grandi del mondo si terrà non lontano da casa del più fidato collaboratore della premier: in pole position c’è infatti Otranto, luogo di eccellenza per quegli incontri tra “Oriente e Occidente” evocati da Meloni», si legge in un articolo di Giuliano Foschini.

Nel 1967, in piena Guerra Fredda, il Capo di Stato dell'Unione Sovietica Nikolaj Podgornyi venne in visita a Taranto, allo stabilimento Italsider

Le immagini d'epoca sono tratte dal video disponibile qui:

https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL5000082739/2/visita-nicolaj-podgornyi-all-italsider-taranto.html?startPage=0 

E Taranto? Il deputato del Pd Ubaldo Pagano ha provato a lanciare la candidatura del capoluogo ionico: «La scelta della città ospitante, per ora rimandata, può assumere un significato ulteriore rispetto a quello che normalmente le si riconosce. Credo che Taranto possa essere la candidata perfetta perché oltre al suo glorioso passato è anche la realtà che ben più di altre incarna il cambiamento e la propensione a guardare al futuro». Da parte sua Rinaldo Melucci, sindaco di Taranto e presidente della Provincia, ha dichiarato che «se i potenti guardano al Mediterraneo, verso il quale la nostra regione è ponte per l’intero continente europeo, aumenta il senso degli sforzi che stiamo compiendo verso l’internalizzazione. Soprattutto quelli che sta compiendo la comunità ionica, che si candida a essere ritrovata capitale del “mare nostrum”, riappropriandosi di un ruolo che non è solo estetico, ma sostanziale».

Che poi, se il punto è essere cerniera, “ponte” tra Occidente e Oriente, Ovest ed Est, un precedente importante che riguarda Taranto c’è, eccome.

L’anno è il 1967, quello della Guerra dei Sei Giorni; tensioni internazionali altissime, cinque anni prima la crisi di Cuba aveva portato il mondo sull’orlo della Terza Guerra Mondiale. Washington ed alleati da una parte, Mosca e l’allora impero comunista dall’altro. Non era da tutti, in Occidente, ospitare quindi il Capo di Stato dell’Unione Sovietica: eppure, Taranto vinse quella sfida.

Nikolaj Viktorovič Podgornyj era presidente del Presidium del Soviet Supremo quando nel ‘67 visitò lo stabilimento siderurgico di Taranto, inaugurato due anni prima. Una fabbrica-simbolo dell’industria non solo italiana ma di tutto il blocco atlantico, a guida però rigorosamente statale sotto le insegne dell’Italsider. Nello stesso anno in cui il IV Centro Siderurgico iniziava la produzione, Podgornyj diventava quello che si poteva definire il Capo dello Stato nel sistema di governo socialista, comunque una delle figure di maggior spicco del Soviet.

Ingegnere ucraino formatosi a Kiev, nella sua visita in Italia da presidente dell’Urss Podgornyj volle inserire una tappa a Taranto, “esempio significativo della nuova economia meridionale” secondo le cronache dell’epoca, per visitare l’acciaieria, “tra le più moderne d’Europa”, come si sottolineava allora. Podgornyj, oltre alle autorità ed i vertici dell’Italsider, incontrò anche gli operai dello stabilimento, che lo accolsero con calore.

La visita del presidente sovietico in una delle città emblema della nuova industrializzazione occidentale venne ritenuta così significativa che ad occuparsene fu anche il principale giornale americano, il New York Times.

L'articolo si può reperire nello sconfinato archivio del quotidiano statunitense qui:

https://www.nytimes.com/1967/01/29/archives/podgorny-appeal-pressed-in-italy-in-taranto-he-sounds-his-political.html

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