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L'intervento
27 Dicembre 2025 - 07:45
Aula scolastica
BARI - La condizione economica e sociale di migliaia di docenti di ruolo fuorisede viene definita non più sostenibile dal Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, che sollecita una presa di posizione chiara e immediata da parte delle istituzioni. Secondo il CNDDU, la questione abitativa e il progressivo impoverimento del personale scolastico rappresentano ormai un’emergenza strutturale, con ricadute dirette sulla dignità del lavoro pubblico e sulla qualità complessiva del sistema dell’istruzione.
Il quadro generale, sottolinea il Coordinamento, è ampiamente documentato. In molte zone del Paese il costo dell’abitazione assorbe oltre il 40% del reddito netto mensile, con punte che arrivano al 60-65% nelle grandi città. In Europa più del 30% delle persone a rischio povertà vive in condizioni di sovraccarico abitativo, mentre in Italia, a fronte di 9,6 milioni di abitazioni vuote, quasi 4 milioni di persone si trovano in una situazione di povertà abitativa. A questo si aggiunge una dinamica salariale stagnante, con una retribuzione media annua lorda di circa 33.000 euro, inferiore a quella di altri Paesi europei comparabili.
All’interno di questo scenario già critico, la situazione dei docenti fuorisede viene descritta come particolarmente grave. Molti insegnanti immessi in ruolo con la legge 107 del 2015 risultano ancora oggi, a distanza di quasi 10 anni, lontani dai propri luoghi di residenza. Una condizione che doveva essere temporanea e che si è invece trasformata in una permanenza forzata, incidendo profondamente sulla sfera economica, familiare e personale.
Il CNDDU evidenzia come le conseguenze economiche siano ormai facilmente quantificabili. In un arco temporale di 10 anni, numerosi docenti hanno sostenuto spese per l’affitto comprese tra 70.000 e 90.000 euro, cifre rilevanti se rapportate agli stipendi del comparto scuola. A questi costi si sommano quelli per utenze, trasporti, viaggi frequenti per mantenere i rapporti familiari, il mantenimento di due domicili e l’impossibilità di accedere a forme di risparmio o investimento. Per molti insegnanti, la prospettiva di acquistare una casa o di costruire una stabilità economica risulta compromessa.
Secondo il Coordinamento, si tratta di un impoverimento progressivo e strutturale, non legato a scelte individuali ma a un assetto normativo che ha trasferito sui lavoratori il peso di una mobilità priva di adeguate tutele. Una povertà spesso silenziosa, che non sempre emerge dalle statistiche ufficiali ma che si manifesta nella rinuncia e nella difficoltà quotidiana di sostenere spese essenziali, con effetti anche sul benessere psicologico e sulla qualità del lavoro svolto.
Particolare attenzione viene posta sulla condizione dei docenti della classe di concorso A046, discipline giuridiche ed economiche, chiamati a formare gli studenti sui principi dello Stato di diritto e della cittadinanza. Il CNDDU sottolinea la contraddizione tra il ruolo educativo svolto e la fragilità economica vissuta da questi insegnanti, che rischia di mettere in discussione l’effettività dei diritti che quotidianamente sono chiamati a trasmettere.
Le ricadute, viene evidenziato, non riguardano solo i singoli lavoratori ma l’intero sistema scolastico. La difficoltà di sostenere il costo della vita nelle sedi di servizio contribuisce alla rinuncia ai ruoli, alla scarsa partecipazione ai concorsi in alcune aree del Paese e alla discontinuità didattica. Una scuola che si regge sul sacrificio permanente del personale viene definita strutturalmente fragile.
Alla luce di queste considerazioni, il Coordinamento ritiene che la prossima contrattazione sulla mobilità interprovinciale per l’anno scolastico 2026 debba segnare un cambio di impostazione. Viene richiesta una priorità assoluta nel rientro per i docenti assunti con la legge 107 del 2015, dopo anni di servizio lontano dalla residenza e sacrifici economici ritenuti ampiamente documentabili.
Secondo il CNDDU, tale priorità non dovrebbe essere considerata una concessione, ma una misura di riequilibrio e di giustizia amministrativa, necessaria a sanare una disparità protratta per un periodo giudicato irragionevole. Proseguire nel trattamento ordinario di queste situazioni significherebbe, viene ribadito, ignorare l’impatto economico e sociale prodotto da oltre un decennio di permanenza forzata fuori sede.
Il Coordinamento rivolge quindi un appello diretto al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, chiedendo che la questione venga inserita tra le priorità dell’agenda politica e contrattuale del Ministero e che si avvii un confronto concreto finalizzato a garantire, a partire dalla mobilità 2026, il rientro effettivo nei territori di residenza del personale interessato.
Restituire dignità ai docenti, conclude il CNDDU presieduto dal professor Romano Pesavento, significa riconoscere che non può esistere una scuola solida se chi vi lavora è costretto a vivere in una condizione di precarietà economica permanente, investendo così nella stabilità delle comunità scolastiche, nella qualità dell’insegnamento e nella credibilità delle istituzioni.
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