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Taranto

Ex Ilva, Fiom in allarme: indotto a rischio e stipendi in bilico

Cassa integrazione, incertezze occupazionali e decarbonizzazione: De Palma chiede una svolta politica e un intervento diretto della Premier Giorgia Meloni

Michele De Palma

Michele De Palma

TARANTO - Una condizione definita gravissima per i lavoratori degli appalti, tra il pericolo concreto di licenziamenti e il rischio di non vedersi riconosciuta nemmeno la tredicesima. È da questo scenario che ha preso le mosse l’intervento del segretario generale della Fiom Cgil, Michele De Palma, arrivato a Taranto per incontrare i delegati sindacali all’interno dello stabilimento ex Ilva.

La visita rientra nel ciclo di confronti che la Fiom sta portando avanti nei diversi siti del gruppo, in una fase che il sindacato considera cruciale per il futuro industriale e occupazionale. Durante l’incontro, De Palma ha ascoltato le segnalazioni dei delegati, mettendo in evidenza una distanza netta tra le difficoltà quotidiane dei lavoratori e il quadro rassicurante che, a suo dire, viene rappresentato a livello istituzionale.

Secondo il leader sindacale, mentre da ambienti governativi si continua a parlare di una situazione sotto controllo, la realtà racconta tutt’altro, con lavoratori sempre più esposti e senza certezze. Una contraddizione che, per la Fiom, rende indispensabile una scelta politica chiara e immediata.

Al centro della posizione del sindacato c’è la richiesta di un’assunzione diretta di responsabilità da parte della Presidenza del Consiglio Giorgia Meloni, attraverso la convocazione di un tavolo a Palazzo Chigi. De Palma indica come strada necessaria la costituzione di una società a partecipazione pubblica incaricata di attuare il piano di decarbonizzazione, già condiviso con il Governo e con i commissari. Un progetto che prevede 8 anni di transizione, con l’introduzione del Dri e dei forni elettrici negli stabilimenti di Taranto e Genova.

Non mancano le critiche alla gestione produttiva attuale. Per la Fiom appare paradossale che l’unico elemento certo sia il ricorso alla cassa integrazione, a fronte di una produzione di acciaio sostanzialmente in linea con quella dell’anno precedente, ma con un numero maggiore di lavoratori sospesi. Una situazione che, secondo De Palma, colpisce in modo particolare le attività di manutenzione.

Da qui l’appello conclusivo del sindacato: serve un’azienda pubblica e un piano industriale solido, in grado di garantire occupazione a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori. Su queste basi, la Fiom intende riaprire il confronto con il Governo.

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