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Il fatto
22 Dicembre 2025 - 10:18
Amianto e lavoro
TARANTO - Il Tribunale Civile di Lecce, Prima Sezione, ha riconosciuto il diritto al risarcimento dei familiari di un maresciallo della Marina Militare di Taranto, deceduto per carcinoma polmonare dopo una lunga attività di servizio svolta in ambienti contenenti amianto. La decisione stabilisce un indennizzo complessivo che sfiora i 500.000 euro, in favore della vedova e dei figli del militare.
Lo rende noto l’Osservatorio Nazionale Amianto.
Secondo quanto accertato dai giudici, l’esposizione professionale all’amianto durante il servizio prestato nella Marina Militare ha rappresentato una concausa determinante nell’insorgenza della patologia che ha portato alla morte del sottufficiale, avvenuta nel 2015, quando aveva 65 anni. Il maresciallo aveva prestato servizio dal 1969 al 1998, in un periodo storico in cui l’amianto risultava largamente utilizzato su navi e infrastrutture militari.
La sentenza evidenzia come la presenza di amianto nei luoghi di lavoro non sia mai stata smentita e risulti, anzi, confermata da atti della stessa amministrazione. L’esposizione è stata ritenuta non occasionale, tale da consentire l’affermazione del nesso causale tra l’attività svolta e l’insorgenza della malattia, in assenza di fattori alternativi autonomamente sufficienti a determinarla.
Determinanti sono state le conclusioni della consulenza medico-legale disposta dal Tribunale. I periti hanno ricondotto il carcinoma polmonare all’attività lavorativa, precisando che amianto e fumo di sigaretta sono entrambi agenti cancerogeni certi e che la loro compresenza genera un effetto sinergico. La decisione richiama anche la presenza, nel militare, di una patologia già riconosciuta come amianto-correlata, le placche pleuriche, elemento che rafforza il legame tra esposizione professionale e patologia oncologica.
Pur riconoscendo la responsabilità del Ministero della Difesa, il Tribunale ha applicato una riduzione del 40% dell’importo risarcitorio per il concorso del fumo di sigaretta. Una scelta che i legali della famiglia hanno annunciato di voler impugnare. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e difensore dei familiari, ha evidenziato come la giurisprudenza più recente e la letteratura scientifica internazionale riconoscano che, nei casi di esposizione qualificata ad amianto, il fumo non interrompe il nesso causale ma agisce come concausa moltiplicativa, aumentando in modo significativo il rischio oncologico. Secondo Bonanni, attribuire una quota di responsabilità al comportamento personale del lavoratore senza considerare l’assenza di un’adeguata informazione sul rischio sinergico tra amianto e fumo finirebbe per spostare impropriamente l’onere della prevenzione dalla pubblica amministrazione alla vittima.
Nel dettaglio, il giudice ha liquidato oltre 100.000 euro alla vedova e importi compresi tra 110.000 e 115.000 euro a ciascun figlio, cui si aggiungono rivalutazione monetaria, interessi e la condanna del Ministero al pagamento delle spese legali e della consulenza tecnica, per una somma complessiva prossima al mezzo milione di euro.
La pronuncia del Tribunale di Lecce si inserisce nel solco di una giurisprudenza che riconosce la responsabilità dello Stato nei confronti dei militari esposti all’amianto durante il servizio, rappresentando un ulteriore passaggio nella tutela dei diritti di chi ha operato senza adeguate misure di protezione della salute.
L’Osservatorio Nazionale Amianto rende disponibile assistenza legale e medica gratuita attraverso il numero verde 800 034 294 e il sito www.osservatorioamianto.it.
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