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La storia

Taranto, l'ex Ilva e tredici inutili anni

Acciaierie d'Italia, la crisi della "Grande Fabbrica" e il riproporsi dello scenario del 2012: un fallimento del Sistema Paese

Foto AI

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Le stesse facce, solo più stanche. Le stesse strade, solo più malridotte. Le stesse paure, solo più grandi. Amplificate da tredici anni (2012-2025) che sono stati sostanzialmente inutili. Operai che camminano. Verso dove? Cittadini che si chiedono, a mezza bocca: «ma ancora, di nuovo...».

La complessa vicenda Ilva, con i suoi risvolti sociali, ambientali, economici, politici, finanche giudiziari, si può riassumere alla fine in una domanda. Come è possibile che tredici anni dopo i sequestri, i blocchi stradali, le manifestazioni, i decreti, i bandi di gara, i commissariamenti, lo scenario che si ripresenta alla fine di questo 2025 sia identico, anzi peggiore, rispetto a quello del 2012? E’ il fallimento di un Sistema Paese, quello che si celebra nel sabba del Siderurgico, simulacro di un Novecento che a Taranto non è stato il Secolo Breve, ma il Secolo Infinito? Parafrasando Raymond Carver, di cosa parliamo, quando parliamo di Ilva?

Governi di centrosinistra, di centrodestra, governi populisti, governi tecnici; nessuno - è cronaca di queste ore - ha avuto la capacità di risolvere questo enorme problema che investe non la città, ma l’Italia. Un Paese che sembra distratto rispetto a quanto accade in un pezzo di Sud che dimostra come la Puglia non sia solo glamour, country-chic, masserie che da luogo del lavoro contadino diventano templi pagani del Dio Lusso. No, c’è un Mezzogiorno - sì, una Puglia - che è fatta di lacrime, sudore, rabbia. Paura. Povertà. Troppo spesso anche Malattia. Quanto accade oggi, ora, a Taranto è un vento di tempesta che fa uscire la polvere da sotto i tappeti di mille colori - anche politici - che hanno contraddistinto questi anni.

Da parte sua il sindaco Piero Bitetti ha raggiunto i lavoratori di Acciaierie d’Italia davanti ai cancelli dell’ex Ilva, nella tarda mattinata di giovedì, durante l’occupazione degli impianti. «Taranto è una città resiliente», ha detto, spiegando di voler restare al fianco degli operai «fino a quando sarà necessario».

Bitetti ha ricordato l’intesa firmata lo scorso 18 giugno tra amministrazione e sindacati, un documento che – a suo dire – aveva individuato per tempo le criticità dell’attuale strategia del governo. «Temiamo che si sia giocato un bluff politico per spostare responsabilità altrove», ha osservato, sottolineando come le competenze sul destino del polo siderurgico siano chiare e non possano essere scaricate sugli enti locali.

Di fronte alla gravità del momento, il sindaco ha scritto direttamente alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, invitandola a recarsi a Taranto o, in alternativa, dichiarandosi pronto a raggiungerla a Roma «in qualunque momento». Una richiesta dettata dalla necessità di ottenere «chiarezza, certezze e verità» sulla prospettiva industriale del sito. Dopo le assemblee svolte nelle prime ore del mattino, è partita l’occupazione dello stabilimento ex Ilva da parte dei lavoratori diretti, delle ditte dell’appalto e delle organizzazioni sindacali. La mobilitazione prevede presidi a oltranza e blocchi stradali attivati all’interno e all’esterno del perimetro industriale. La tensione sul fronte ex Ilva si estende oltre Taranto e investe anche gli stabilimenti del Nord. Dopo il fallimentare incontro tra governo e sindacati avvenuto martedì scorso a Palazzo Chigi, mercoledì a Genova è scattata l’occupazione degli impianti, segno di una protesta che non conosce più confini territoriali.

Di fronte all’escalation, l’esecutivo prova a intervenire. Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha convocato per venerdì 28 novembre, alle 15.30, una riunione a Palazzo Piacentini per fare il punto sul destino degli stabilimenti settentrionali del gruppo siderurgico. L’incontro è stato organizzato su richiesta delle organizzazioni sindacali e degli enti locali, preoccupati per l’assenza di certezze dopo le comunicazioni dei commissari al Tavolo Ilva.

Dopo aver appreso della convocazione ministeriale riguardante solo i siti del Nord, le Segreterie Territoriali Fim, Fiom, Uilm e Usb pugliesi hanno spiegato che “ritengono un elemento divisivo del gruppo, dividere gli incontri che fino ad oggi hanno avuto una regia a Palazzo Chigi. Chiediamo pertanto che il tavolo venga convocato alla presenza di tutte le istituzioni locali e regionali per tutto quanto il gruppo. La mobilitazione, in assenza di tale convocazione, proseguirà ad oltranza”.

Nella serata di giovedì la convocazione è stata in effetti allargata anche a Taranto; ma i sindacati hanno chiesto di spostare la partita a Palazzo Chigi.

L’incontro unitario in programma venerdì 28 novembre a Palazzo Piacentini, con le organizzazioni sindacali dell’ex Ilva e con i rappresentanti delle Regioni e degli enti locali nei cui territori hanno sede gli stabilimenti del gruppo, è stato convocato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, accogliendo la precisa richiesta avanzata dalle segreterie territoriali Fim, Fiom, Uilm e Usb di Taranto e dal presidente della Regione Puglia, della Provincia e dal sindaco di Taranto. Una richiesta che segue quella formulata in mattinata dalla Regione Liguria e dal Comune Genova, con le segreterie sindacali territoriali degli stabilimenti del Nord Italia dell’ex Ilva.

Lo evidenziano fonti del Mimit, in riferimento alla nota diramata nella serata di giovedì dai segretari nazionali di Fim, Fiom e Uilm.

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