Assemblea unitaria di Fim, Fiom, Uilm e Usb davanti ai cancelli ex Ilva
TARANTO – Alle 7 di questa mattina i rappresentanti di Fim, Fiom, Uilm e Usb si sono riuniti davanti ai cancelli dell’ex Ilva per una nuova assemblea unitaria, convocata con l’obiettivo di definire una seconda giornata di mobilitazione dopo il fallimentare vertice di martedì scorso a Palazzo Chigi, ritenuto dai sindacati un passaggio privo di risposte e prospettive concrete.
Nel corso dell’incontro, i dirigenti sindacali hanno richiamato il progetto legato al DRI con forni elettrici, il piano di riconversione che avrebbe trasformato l’area a caldo in un hub industriale più sostenibile e compatibile con le normative ambientali. Quel modello, hanno ricordato, prevedeva anche una verticalizzazione delle maestranze, accompagnata da processi mirati di reskilling e formazione, considerati passaggi decisivi per garantire continuità produttiva e tutela occupazionale.

Assemblea unitaria di Fim, Fiom, Uilm e Usb davanti ai cancelli ex Ilva
Secondo i sindacati, proprio questo segmento rappresenta oggi l’anello più fragile dell’intera filiera, un punto sul quale il Governo non avrebbe fornito risposte chiare. Intanto, all’interno dello stabilimento, si sono svolte in parallelo le assemblee con i lavoratori dell’area sociale, con la stessa modalità e nella stessa fascia oraria, dalle 7 alle 8.30, per decidere le iniziative da intraprendere nelle prossime ore.
La posizione delle sigle metalmeccaniche è netta: fino a ieri esisteva un percorso, un obiettivo e una direzione condivisa. Dopo il confronto a Roma, spiegano i sindacati, quel quadro sembra svanito, lasciando lavoratori e rappresentanze senza un riferimento certo. “I ministri – è stato riferito durante l’assemblea – ci hanno presentato una situazione che non offre alcuna prospettiva definita”.
In assenza di un piano credibile, il fronte sindacale è pronto a rilanciare la mobilitazione, ritenendo indispensabile ristabilire un confronto serio sul futuro dell’ex Ilva e delle migliaia di lavoratori coinvolti.
Francesco Brigati, segretario generale Fiom-Cgil Taranto, davanti ai cancelli ex Ilva
Dichiarazioni di Francesco Brigati, segretario generale Fiom-Cgil Taranto:
Francesco Brigati ha spiegato che la mattinata si è aperta con assemblee simultanee sia all’esterno sia alle portinerie delle imprese, con l’obiettivo di fare il punto su quanto emerso nelle ultime ore e, soprattutto, dopo l’incontro tenuto a Palazzo Chigi. Il dirigente sindacale ha ricordato che Fiom, insieme alle altre sigle, aveva scelto di sospendere sciopero e mobilitazioni previste la settimana precedente, assumendosi una responsabilità precisa, perché il Governo aveva riconvocato i sindacati a 24 ore dal precedente confronto e si attendevano risposte molto diverse da quelle poi arrivate.
Brigati ha sottolineato che oggi sarà necessario avviare nuove iniziative di mobilitazione, da definire insieme ai lavoratori, includendo anche forme di protesta all’interno dello stabilimento. Ha anticipato che saranno previste azioni davanti alle portinerie, essendo le imprese già schierate all’esterno, e che le iniziative dovranno essere strutturate anche all’interno, per mostrare con chiarezza che il piano di chiusura presentato dal Governo è considerato del tutto inaccettabile.
Il segretario Fiom ha criticato duramente il comunicato diffuso nella giornata precedente, affermando che si è tentato di minimizzare la portata della crisi. Ha spiegato che il Governo e i commissari hanno parlato di non 6.000 lavoratori in cassa integrazione, ma di 4.450, mentre altri 1.500 sarebbero coinvolti in percorsi di formazione. Dopo un rapido calcolo, ha precisato che per questi 1.500 lavoratori sono state indicate 96.000 ore complessive, pari a meno di 8 giorni ciascuno. Brigati ha poi domandato chi dovrebbe erogare tale formazione, ricordando che i lavoratori della laminazione, fermi da più di un anno e mezzo, ne resterebbero esclusi.
Secondo Brigati, la situazione è ancora più grave perché lo stesso Governo avrebbe ammesso l’assenza di risorse e dichiarato che non ne saranno stanziate altre. Gli eventuali acquirenti avranno tempo fino a febbraio, ma dal 1 gennaio si procederà allo spegnimento degli impianti, lasciando lo stabilimento con un solo forno attivo e costretto ad acquistare coke dall’esterno per mantenere la marcia minima. Se entro fine febbraio non ci sarà un acquirente, ha ribadito, lo stabilimento sarà destinato alla chiusura perché mancano le risorse per proseguire.
Brigati ha riferito che il Governo parla di 4 possibili acquirenti, ma due sarebbero vincolati da clausole di riservatezza tali da renderli di fatto sconosciuti. Gli altri due sono fondi statunitensi, tra cui Bedrock, che giovedì incontrerà nuovamente l’esecutivo dopo aver lasciato intendere, anche attraverso indiscrezioni di stampa, numeri che prefigurerebbero migliaia di esuberi.
Il sindacalista ha denunciato che, mentre il Governo continua a parlare di decarbonizzazione, ciò che sta emergendo è un vero e proprio piano di chiusura, scaricato sui lavoratori e sulla città attraverso la cassa integrazione. Ha ricordato che sono stati citati ordini del giorno del Consiglio comunale di Taranto, ma senza indicazioni chiare sul numero di forni elettrici o sugli investimenti annunciati dal ministro Urso, che in altre sedi aveva parlato di impianti a Genoa, Taranto, Gioia Tauro e rigassificatori.
Concludendo, Brigati ha annunciato che da oggi partirà una mobilitazione forte e continua, spiegando ai lavoratori che non si tratterà di una protesta simbolica né di una singola iniziativa: “Questo – ha detto – è solo l’inizio. Dobbiamo farci sentire dal Governo Meloni. Se non arriveranno risposte, continueremo. Devono ritirare il piano di chiusura e noi siamo pronti a mobilitarci da subito”.
Le dichiarazioni di Patrizio Di Pietro, segretario provinciale Fiom-Cgil Taranto
Le dichiarazioni di Patrizio Di Pietro, segretario provinciale Fiom-Cgil Taranto, sono arrivate nel corso dell’assemblea con i lavoratori dell’appalto di AC d’Italia, convocata per chiarire gli esiti dell’incontro del 18 novembre con i rappresentanti del Governo. Secondo Di Pietro, quel vertice ha sancito in modo esplicito la chiusura dello stabilimento, perché il Governo avrebbe confermato che il piano presentato a luglio, legato al percorso di decarbonizzazione, è stato completamente modificato.
Il segretario Fiom ha spiegato che il nuovo scenario prevede la chiusura delle batterie dal mese di gennaio, una scelta destinata a produrre conseguenze pesanti sull’intero ciclo produttivo, a monte e a valle degli impianti. Di Pietro ha definito quello attuale un vero piano di chiusura, ricordando che gli investimenti annunciati mesi fa sono stati ridimensionati: il miliardo previsto per l’impianto Dri a Taranto sarebbe stato ridotto di 300 milioni senza che venisse fornita una spiegazione convincente. Per il sindacato, questo ridimensionamento indica una strategia precisa che punta alla cessazione delle attività.
Durante l’assemblea, è stato condiviso con i lavoratori il percorso di mobilitazione da avviare immediatamente. La riunione si è conclusa con la decisione di proclamare da subito uno sciopero, passo che rappresenta la prima risposta sindacale al quadro delineato dal Governo.
Di Pietro ha spiegato che nelle prossime ore sarà definito un corteo diretto verso la direzione aziendale, per unirsi ai lavoratori di Acciaierie d’Italia che stanno completando la loro assemblea nel Consiglio di Fabbrica. Con loro, ha concluso, saranno messe in campo tutte le iniziative ritenute necessarie per contrastare l’ipotesi di chiusura dello stabilimento.
