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L'analisi
21 Novembre 2025 - 07:52
I blocchi stradali davanti all'ex Ilva a Taranto
TARANTO - Senza la fabbrica non c'è lavoro né transizione ecologica! C'è solo precarietà, povertà, ulteriore miseria.
Chi in campagna elettorale chiedeva, e ancora oggi chiede, la chiusura, oltre che dell'area a caldo, anche delle cokerie sapeva che avrebbe comportato l'esubero di seimila persone. La tanto sbandierata decarbonizzazione, molti di quelli che ne parlano non sanno neppure cosa significa, si materializza: spegnimento totale. Il vero obiettivo perseguito dall'ambientalismo ideologico.
Il ceo di Cassa depositi e prestiti ha detto che non si può intervenire in aziende “senza prospettive di redditività”, tanto meno si può pensare, come ha proposto Francesco Boccia (Pd), di coinvolgere Leonardo e Fincantieri, affossando pure le aziende pubbliche in attivo.
Il ministro Urso continua a mostrarsi inadeguato. E' prevedibile che la presidente Meloni lo esautori assumendo su di sé la vertenza di un settore strategico per l'Europa, e avrà fatto un altro goal...molti lo auspicano, lo chiedono, altri lo temono...
Per molti anni, lavorare in quello stabilimento è stata l'aspirazione di alcune generazioni di Tarantini. Quel lavoro ha consentito a molte famiglie di mandare i figli all'università, di comprare l'automobile, la prima e la seconda casa, di vivere una vita dignitosa.
Intorno a quella Fabbrica, in passato, si sono sviluppati grandi luoghi di formazione, cultura, ricerca e progettazione ingegneristica. L’Ancifap, il Centro Sperimentale Metallurgico, l'Italimpianti sono state avanguardie in Italia ed Europa con centinaia di ingegneri. La Simi, costruiva manufatti per il mondo (il ponte che unisce Svezia e Danimarca). Gli oceani ancora testimoniano la grandezza degli operai e ingegneri della Belleli; le più imponenti ed importanti piattaforme petrolifere del mondo salpavano dal nostro porto. La stagione teatrale Italsider, gli internazionali di Tennis sui campi in terra battuta del Vaccarella. Un'offerta culturale di elevatissimo livello ma nel contempo non selettiva ed elitaria, perché frequentati con interesse da tutte le classi sociali.
Una classe operaia evoluta che ha creduto in un modello di sviluppo in cui le partecipazioni statali avevano un ruolo decisivo per lo sviluppo del paese, e del Mezzogiorno. Si avverte il vuoto di quella tensione, in primo luogo, culturale.
Oggi l’impatto economico e ambientale di quel modello di sviluppo, sono messi in discussione da ampi strati della società ionica che si mostra assente e indifferente alle sorti dello stabilimento siderurgico.
Ieri, sui social media, qualcuno ha rivolto un invito agli operai genovesi in sciopero per l'acciaio: "Noi qui siamo generosi, riportatevi a Genova TUTTO. Avast mò! #TARANTOLIBERA".
L'anima spartana di chi vorrebbe perpetuare "la pisciata d'orgoglio" di "Kotylè" sulla tunica romana di Lucio Postumio...
Spegnere l’acciaio Italiano, fermare i coils che escono dall’impianto di Taranto, come vorrebbe certo ambientalismo ideologico, scoprirà ulteriormente e irreversibilmente il fianco all’importazione da paesi stranieri, pronti a dividersi il mercato con il rischio di un pericoloso sbilanciamento, nel presente e nel futuro di una produzione strategica.
E' necessario quanto indispensabile che il Governo e le Istituzioni locali lavorino ad una visione strategica sistemica dell’area Ionica della quale il Comune capoluogo si faccia interprete insieme ai comuni della provincia. Serve ricomporre, riconciliare, unire Taranto, mettendola al passo con la sfida della innovazione di un territorio che può assumere un ruolo da protagonista positivo e propositivo dell'Europa mediterranea. Le parole non bastano. Per quanto siano parole di verità ora servono i fatti, gli impegni, le scadenze temporali definite e rispettate, ma soprattutto le risorse necessarie.
Antonio Decaro se n'è fatto interprete nel ruolo di Presidente della Commissione europea per l'ambiente, dal Joint Research Centre nel corso della presentazione del Rapporto sulla Decarbonizzazione: "L'Europa ha scelto di produrre l'acciaio pulito attraverso i forni elettrici e allo stesso tempo vuole proteggere le nostra industria siderurgica dalla concorrenza sleale degli altri paesi. Migliaia di lavoratori rischiano il posto di lavoro in una Città stanca di subire il ricatto di dover scegliere tra salute e lavoro. Lo Stato lo deve ad una Città che ha pagato un prezzo altissimo per una produzione strategica per il Paese. Non può e non deve essere un tema da propaganda elettorale".
Taranto non ha mai risolto il problema della coesistenza con la fabbrica, facendone un conflitto terminale dagli esiti, che ieri consideravamo incerti, e che oggi sono diventati tragici e nefasti. Oggi siamo di fronte all'epilogo che richiederebbe quello che in politica si chiama "cambio di passo". Ma è proprio la politica ad esserne stata artefice con il suo pressapochismo. Noi siamo stati gli unici a dirlo nelle ultime amministrative. Noi riformisti, abbiamo combattuto "la nostra buona battaglia", con il coraggio della chiarezza di chi persegue la dignità del lavoro, oltre che la sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Altri hanno pensato a raccogliere voti scegliendo di non esporsi e/o di navigare con il vento populista. Ce la faremo? Il tempo sta per scadere, la politica è scaduta da tempo...
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Testata: Buonasera
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