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La Storia
13 Novembre 2025 - 10:13
Parco Archeologico delle Mura messapiche di Manduria
Ferve il dibattito sui social focalizzato sul re di Sparta Archidamo III morto sotto le mura di Manduria nel 338 a.C. La sua sepoltura non si è ancora trovata e dopo il nostro articolo su Settimanale Buonasera del 24 ottobre 2025 si riaccende il mistero.
Molte le reazioni: il Parco Archeologico Manduria scrive: “Grazie mille Prof. Bonivento per le interessanti osservazioni e per l'articolo che ha condiviso. Al momento i lavori, come ha giustamente indicato, sono ancora in divenire, e si trovano fuori dal Parco Archeologico, a pochissimi metri dalla recinzione. La scoperta si deve infatti agli scavi per la rete idrica che stanno completando in tutto il quartiere dove si trova il Parco”. Il lettore Emilio Distratis: “Grazie per l’articolo. Mi chiedo: morire sotto le mura di Manduria. E perché mai, realizzare una tomba o utilizzarne una per un condottiero nemico della città per seppellirlo all’interno di essa? E se il luogo di sepoltura fosse più lontano? Un’idea ce l’avrei”.
Parecchi i mi piace su FB di cui diamo l’elenco sperando di stimolare ancor più il dibattito: Domenico Scarano, Stavros Kiotsekoglou, Antonio Maria Corso, Maria Michela Michela, Anna Mazzone, Oronzo Corigliano, Marisa Terzulli, Vincenzo Giannini, Olimpia Battino, Roberto Petriaggi, Angela Greco, Maria Cristina Santoro, Rosanna De Benedictis, Giuseppe Laricchia, Fernando Sammarco, Mariangela Lupoli, Egidio Lenti, Floriana Dore, Anna Crisante, Francesca De Lucreziis, Giovanna Soldatini, Antonio Perrone, Marisa Torraco, Patrizia Maeba, Mina Castronovi, Pasquale Lucio Losavio, Monia Vidiri, Rosa Russo, Lucia Motolese, Francesco Valerio, Marcello Settanni, Mario Lazzarini, Carmela Gentile, Antonia Maruggi, Margherita Spadaro, Tommaso Intini, Raffaella Porfido, Vito Sansone, Ester Cecere, Nicoletta Lappano, Pepi Leuzzi, Marco Galdi, Maria Bianchi, Silvana Rivera, Rita Intermite, Pasquale Doria, Giovanna Pacilio, Lucia Laporta, Vincenzo Ludovico, Maria Esmeralda Nuvolari Duodo, Dino Maiano, Dolores Loiacono, Isabella Maria Tadicini, Anna Di Maglie, Emilio Distratis, Piero Corlianò, Licia Ricci. Incoraggiata dall’accoglienza sul social, divento ancora più curiosa riguardo questo antico re spartano implicato nella storia dell’antica Taras, oggi Taranto.
Le fonti antiche su Archidamo III re di Sparta che cosa ci raccontano di questo personaggio?
Lo storico greco Teopompo di Chio, vissuto nel IV secolo a.C., era un amico di Sparta, “colpa” che gli procurò non pochi problemi che non è questa la sede di affrontare. A leggere quello che scrive su Archidamo III re di Sparta, alleato ed amico dei Tarantini, morto sotto le mura di Manduria per difendere la greca Taras dai nemici indigeni Messapi e Lucani, si avverte un pesante tono moralistico che permea la sua intera opera storiografica in cui numerosi politici sono accusati di mollezza morale, in particolare i demagoghi ateniesi. Si rivela così la tendenza aristocratico-conservatrice di Teopompo, abbinata a sentimenti filospartani. Più avanti egli vede concretizzarsi il suo ideale politico in una monarchia patriarcale, il cui rappresentante ideale è indicato in Filippo di Macedonia, padre di Alessandro Magno. Archidamo Lakòn, cioè Spartano, è descritto come un pappamolle: figurarsi se Teopompo apprezzava esterofilia del re, libero dall’oppressione delle regole di vita spartana! Scrive infatti nel suo frammento riportato da Ateneo di Naucrati del II secolo d.C. nei Deipnosofisti XII, 51, Cambridge, MA Harvard University Press. London.
William Heinemann Ldd.1927, p.423: “Archidamo il Lakone allontanatosi dal modo di vivere patrio abbracciò abitudini esterofile e molli”. Dice proprio che riguardo le sue abitudini di vita le conduceva xenikòs kai malakòs: un esterofilo e depravato? Per essere sicuri esamino malakòs e scopro che malakòs significa tenero, dolce, sensibile; invece rincara la dose e dice che Archidamo III non poteva proprio vivere in patria e si dava da fare per vivere exo, cioè fuori. L’occasione arrivò da Taras, la nostra antica Taranto. quando arrivarono a Sparta ambasciatori tarantini a chiedere alleanza contro i nemici Lucani e Messapi. Il racconto di Teopompo è molto stringato e specifica che il re andò lì, morì in quella guerra e non fu ritenuto degno di tafè, cioè di sepoltura, sebbene i Tarantini avessero promesso ai nemici molte ricchezze per avere indietro il cadavere. Nel dibattito che ancora ferve sul luogo di sepoltura di Archidamo III a Manduria la notizia di Teopompo è sconvolgente. Aveva diritto ad una degna sepoltura altroché! Apparteneva alla dinastia degli Euripontidi, originaria di Limne o di Cinosura due dei quattro villaggi i cui in Dori nel X secolo a.C. organizzarono Sparta formata appunto da quattro villaggi (Cinosura, Limne, Mesoa e Pitane); per questo motivo la città era chiamata Sparta cioè dispersa o disseminata dal greco speiro semino.
Il giudizio di Diodoro Siculo su Archidamo III rovescia il giudizio negativo che Teopompo aveva espresso secoli prima.
Diodoro Siculo nel II secolo a.C. scrive nella sua Biblioteca Storica al capitolo 62 che il giorno in cui si combatté la battaglia di Cheronea è lo stesso in cui il re di Sparta Archidamo morì in lotta a favore dei Tarantini sotto le mura di Manduria: era il 3 agosto 338 a.C.
La Battaglia di Cheronea in Beozia fu combattuta dal re dei Macedoni Filippo II, padre di Alessandro Magno; vennero sconfitti Ateniesi, Tebani ed altre piccole città; il vincitore macedone impose ai vinti l’adesione alla Lega di Corinto impegnando le poleis greche a non farsi più guerra tra loro. Questa battaglia famosissima segnò la fine dell’indipendenza delle città greche che caddero nel regime regale della Macedonia. E’ a questo punto che la memoria storica di Diodoro Siculo ci conduce in Italia perché, contemporaneamente, i Tarantini stavano combattendo contro i Lucani ed i Messapi ed avendo mandato ambasciatori ai Lacedemoni, loro progenitori, riguardo l’aiuto, gli Spartiati, proprio per l’origine comune o synghèneia che significa stessa razza, accettarono l’alleanza e rapidamente misero su esercito e flotta ponendo a capo come stratega lo stesso re Archidamo III che come ci ha detto Teopompo non si lasciava scappare le occasioni per andare fuori Sparta; ma lo faceva anche per ragioni militari e questo gli va riconosciuto; prima di muoversi a favore dei Tarantini il re corse infatti nel 346 a.C. nell’isola di Creta, in soccorso della potente ed antica città spartana di Litto (secondo Margherita Guarducci in Treccani on line s.v. Litto questa città cretese è di fondazione spartana); aveva un ricco territorio che aveva suscitato l’ invidia di Cnosso il cui esercito, guidato da Faleco, si era impadronito di Litto; era un problema urgentissimo ed Archidamo preferì aiutare prima Litto, liberandola dai conquistatori, per poi dirigere la navigazione verso l’Italia, motivato dall’alleanza conclusa coi Tarantini. Altro che pappamolle!
Considerata la sua scarsa sopportazione del modus vivendi spartano (vedi la fonte Teopompo) c’è da chiedersi se anche il bel tenore di vita dei Tarantini non abbia attirato il re Archidamo che morì-dice la fonte-lampròs, cioè fece una morte luminosa, da vero eroe, proprio in Italia, e sottolinea che morì da uomo degno di lode sia riguardo la strategheia, traducibile come comando militare, sia per il resto del suo modo di vivere; non ci sono dettagli su questo ultimo aspetto ma è chiaro che il giudizio di Diodoro è nettamente in contrasto con quello di Teopompo riguardo la vita privata di Archidamo III il cui regno spartano durò ventitre anni e passò ad Agide III il primogenito dei suoi tre figli (Agide, Eudamida, Agesilao).
La storia d’amore tra il principe Archidamo III (quello morto a Manduria) e Cleonimo figlio di Sfodrias.
Se permane ancora oggi il mistero del luogo in cui fu nascosto il cadavere di Archidamo III, le fonti antiche non fanno invece mistero della sua storia d’amore omoerotica vissuta a Sparta; riguarda la giovinezza di Archidamo III quando era principe; dalle fonti è definito eispnílas, spasimante di Cleonimo, figlio di Sfodrias politico e militare generale spartano prosciolto dalla colpa di avere sferrato un attacco ad Atene in combutta coi Tebani, senza consultarsi col re Agide Cleombroto per cui prestava servizio; considerato che a Sparta i re erano due, anche il padre di Archidamo III di nome Agesilao II era parte in causa; si trattava infatti di un’accusa pesantissima, un tradimento bello e buono ai danni di Sparta per riattizzare il fuoco della guerra contro Atene, ma Sfodrias si salvò grazie al fatto che suo figlio Cleonimo era proprio l’amante di Archidamo III, figlio del re di Sparta Agesilao II.
Le biografie inglesi di Archidamo III scrivono (il sito inglese https://www.hellenicaworld.com ricorda le fonti Senofonte, Elleniche, V, 4, 25-33 e Plutarco, Agesilao, 25,28) che il figlio di Sfodrias era molto amato da Archidamo figlio di Agesilao e che quando Sfodrias fu portato a processo per la sua incursione in Attica nel 378 a.C. le lagrime di Cleonimo convinsero Archidamo ad intercedere con Agesilao nel nome del re stesso che volle gratificare suo figlio usando tutta la sua influenza sugli Efori per salvare l’accusato che venne assolto. Cleonimo fu estremamente grato ed assicurò Archidamo che avrebbe fatto del suo meglio per non farlo vergognare della loro amicizia amorosa; infatti mantenne bene la promessa, agendo sempre al disopra dello standard spartano di valore militare e cadde a Leuttra nel 371 a.C. combattendo coraggiosamente nei ranghi più alti; il testo inglese ricorda le fonti: Plutarco, Vita di Agesilao, 25, 28 e Senofonte, V, 4, 25-33.
Senofonte sviscera la storia d’amore tra Archidamo III e Cleonimo.
Nel quinto libro delle Elleniche di Senofonte al capitolo quarto, passi 25-33, leggo e traduco come Archidamo abbia fatto salvare la vita a Sfodrias padre del suo intimo amico Cleonimo. Si premette che a Sparta comandavano due re per via delle differenti dinastie cui appartenevano. Archidamo, figlio del re Agesilao II, apparteneva alla dinastia degli Euripontidi che regnò a Sparta insieme a quella degli Agiadi, ritendendosi entrambe discendenti da Eracle. Trattavasi dunque di diarchia, cioè due troni regali che vennero affidati a due re appartenenti a dinastie diverse ma entrambe di tradizione dorica, a partire dai capostipiti Euristene e Procle figli gemelli di Aristodemo cui Sparta era toccata in sorte col ritorno degli Eraclidi (secondo quanto raccontano Erodoto e Senofonte). I re di Sparta alla loro morte ricevevano onori grandiosi; questo spiega perché Taranto avesse offerto ai Messapi di Manduria molte ricchezze pur di avere indietro il corpo di Archidamo III per fargli tributare i dovuti onori. Purtroppo invano.
Durante la giovinezza di Archidamo accadde che il giovane principe euripontide, figlio di Agesilao II, coltivasse un grande affetto, un legame definibile amoroso verso il giovane Cleonimo figlio di Sfodrias, governatore spartano di Tespie per conto del re Cleombroto. Dietro pagamento di denaro i Tebani nel 378 a.C. avevano convinto Sfodrias ad invadere l’Attica in modo da suscitare guerra tra Ateniesi e Spartani; l’invasione accadde proprio quando ad Atene, a casa di Callia, c’erano ambasciatori Spartani che appena seppero di questo attacco all’Attica caddero dalle nuvole e dissero che loro non ne sapevano proprio niente e che non erano così incauti da stare, proprio in quel bellicoso frangente, a pranzo a casa di un ateniese: l’attacco era ignoto allo Stato spartano!! Riguardo a Sfodrias dichiararono che sarebbe stato messo a morte dal loro Stato. Dato questo impegno, gli ambasciatori che erano stati creduti ignari di tutto, vennero rimandati a Sparta perché ritenuti innocenti; ma gli Efori, ai quali non sfuggiva niente (è la presenza degli Efori che fece scoprire la ribellione dei Parteni nel santuario di Amicle causa della fondazione di Taras ma questa è un’altra storia) i severi ispettori della polizia spartana-dicevamo-richiamano Sfodrias e gli portano contro l’accusa capitale, degna cioè della pena di morte; l’accusato per tutta risposta non si presenta all’Eforato e finisce anzi con l’essere addirittura assolto.
Come poté accadere ciò? Ce lo racconta sempre Senofonte nella sua opera Ellenikà libro V, capitolo IV, paragrafi 17 ss. Senofonte scrive della profonda amicizia omoerotica fra i due giovani dell’alta società spartana. Uno era appunto il principe Archidamo III figlio del re Agesilao II della dinastia degli Euripontidi, l’altro il figlio di Sfodrias di nome Cleonimo descritto come il ragazzo più bello ed altamente più apprezzato tra i giovani spartani di quegli anni; siamo convinti che si trattasse di un amore vero e proprio perché la fonte scrive precisamente in greco (traslittero in italiano) le parole touton de eròn etyncanen, specificando col verbo eròn che il rapporto tra Archidamo e Cleonimo era basato sull’Eros e non ci sono equivoci tanto più che l’omoerastia faceva parte del costume spartano, un regime militare in cui la vita per il cittadino spartano, anche se sposato, si svolgeva più in caserma che a casa mentre in guerra si preferiva formare l’esercito con coppie di uomini amanti (https://it.wikipedia.org/wiki/Omosessualit%C3%A0_militare_nell%27antica_Grecia).
Sfodria era l’armosta cioè il governatore militare di Tespie lasciato lì da Cleombroto I, re della dinastia degli Agiadi spartani dal 380 al 371 a.C. Gli amici di Cleombroto erano soci di Sfodrias ed inclini ad assolverlo ovviamente-dice Senofonte-ma temevano Agesilao ed il suo entourage; il gesto fatto da Sfodrias sembrava comunque terribile come lo è da sempre l’alto tradimento ed a questo punto Sfodrias, sapendo i sentimenti tra Archidamo e suo figlio Cleonimo, gli dice : “Figlio, è tuo potere salvarmi e portare Agesilao dalla mia parte”. Allora Cleonimo prende coraggio e va dall’amico/amante Archidamo e lo implora di essere il salvatore del suo papà. Nella fonte c’è una scena di grande commozione ed è quando Cleonimo si mette a piangere e quando Archidamo vede quelle lagrime piange anche lui stando al fianco dell’amico (Checco Zalone direbbe: “Funziona come alle femmine!”) e gli dice: “Cleonimo, non posso guardare in faccia mio padre; mi rivolgerei a tutti piuttosto che a mio padre; tuttavia dato che per me sei una cosa grande farò ogni sforzo per accontentarti”. A quel punto esce dalla mensa comune e va a casa sua; qui aspetta che il re suo padre esca e fa entrare in casa cani e gatti cioè proprio tutti: cittadini, stranieri, servitù.
Quando Agesilao II torna a casa dall’Eurota (fiume spartano che secondo Polibio dette il nome, nella città di Taras odierna Taranto, a quello che oggi chiamiamo Galeso proprio in onore alla madrepatria Sparta) il figlio esce senza salutarlo e senza avvicinarsi a lui; fa lo stesso anche il giorno dopo e l’altro pure; il padre che ha un sospetto non dice niente e lo lascia fare; invece Archidamo era sempre più preso dal desiderio di rivedere il suo Cleonimo ma prima doveva parlare al suo re padre. Era una situazione delicatissima. Intanto gli amici di Sfodrias, dato che non stavano più vedendo Archidamo far visita a Cleonimo come aveva fatto spesso prima, erano in ansietà massima temendo che il principe fosse stato rimproverato dal re suo padre Agesilao II. Finalmente però Archidamo prende coraggio, si avvicina al padre e gli dice: “Padre, Cleonimo mi impone di farti la richiesta di salvare suo padre ed io ti faccio proprio questa richiesta se ciò è possibile”. Agesilao risponde: “Per te stesso ti concedo il perdono ma non vedo come ottenere il perdono dallo Stato se ho errato a pronunciare colpevole di un errore un uomo che ha trafficato per conto suo per il danno dello Stato”.
Archidamo non risponde e va via, cedendo alla giustizia di quelle parole; ma poi ritorna e dice ad Agesilao: “Padre, so che se Sfodrias non avesse fatto nessuno sbaglio tu lo avresti assolto; ma se ha fatto qualcosa di sbagliato consenti per le nostre ragioni che ottenga il perdono nelle tue mani!”. Agesilao risponde: “Se ciò fosse onorevole per noi sarà così”.
Udite queste parole Archidamo va via in grande sconforto; ma un amico di Sfodrias, conversando con Etymocle, gli dice: “Suppongo che tu e gli amici di Agesilao siate tutti sul punto di mandare a morte Sfodrias”. Ed Etymocle replica; “Per Zeus allora non seguiremmo lo stesso indirizzo di Agesilao, dato che lui a tutti quelli con cui ha conversato dice la stessa cosa e cioè che è impossibile che Sfodrias non sia colpevole di avere commesso un errore ma dato che da fanciullo, da ragazzo, da giovane uomo ha perseguito continuamente tutti i doveri di uno spartano è una cosa dura mettere a morte un tale uomo poiché Sparta ha bisogno di tali soldati”.
L’uomo allora, dopo aver sentito ciò, lo riferisce a Cleonimo e questi, pieno di gioia, corre subito da Archidamo e dice: “Adesso sappiamo che vi prendete cura di noi e sta sicuro Archidamo che a nostra volta ci sforzeremo di stare attenti a non farti avere motivo di vergognarti a causa della nostra amicizia”.
E non dimostrò il falso a queste parole perché agì in tutti i modi come è ritenuto onorevole per i cittadini di Sparta mentre viveva; ma a Leuttra, combattendo in difesa del suo re assieme a Deinone il polemarco, cadde tre volte e fu il primo dei cittadini a perdere la vita in mezzo al nemico; in quella stessa battaglia avvenuta nel 371 a.C. morì anche suo padre Sfodrias che faceva parte della guardia personale del re Cleombroto.
E’ certo una bellissima storia di amicizia, amore, eroismo da farci un film, non dimenticare, tanto più tra persone dello stesso sesso: un principe che divenne re ed il figlio di un altolocato militare, vissuti in quel di Sparta madre patria di Taranto. Cari lettori, siete caduti dalle nubi? Io no.
Giovanna Bonivento Pupino
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