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“Taranto sull’orlo del precipizio, servono 4 miliardi per salvare acciaio e occupazione. Sarà un Natale tribolato”

L’associazione dell’indotto Aigi denuncia il rischio di una bomba sociale e chiede l’intervento diretto dello Stato per evitare il collasso del sistema produttivo e la perdita di 25 mila posti di lavoro

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TARANTO - «Camminiamo sull’orlo di un precipizio. Tutti quanti, nessuno escluso». Con queste parole l’Aigi, l’associazione che riunisce le imprese dell’indotto Ilva, lancia un nuovo e drammatico allarme sulla situazione del siderurgico di Taranto e sul futuro dell’intero sistema economico locale.

Secondo l’associazione, la vicenda Ilva rischia di trasformarsi in una “bomba sociale” capace di travolgere migliaia di famiglie. I numeri, sottolinea Aigi, sono impressionanti: 12 mila lavoratori tra diretti e indiretti a rischio, e fino a 25 mila occupati se si considerano l’indotto di secondo e terzo livello, il commercio e i servizi collegati. «Molte imprese del comparto produttivo – afferma l’associazione – sono ormai prossime al disimpegno e all’abbandono, costrette a un isolamento forzato da un’economia che non riparte».

A pesare sul quadro generale è anche l’imminente interruzione delle linee di credito, nonostante – sottolinea Aigi – l’impegno e la competenza mostrati dai commissari straordinari. Ma senza politiche industriali concrete e con una stasi che dura da anni, le prospettive per Taranto restano cupe. «Ci attende l’ennesimo Natale tribolato – si legge nella nota –. Continuare a chiedere aiuti come elemosine è umiliante, un’offesa alla dignità dei lavoratori e degli imprenditori di questa città».

Per Aigi la soluzione può arrivare soltanto dallo Stato, che deve assumersi la piena responsabilità del rilancio. L’associazione propone la creazione di un Fondo pubblico da 4 miliardi di euro, da inserire nel Bilancio nazionale, destinato al risanamento funzionale dell’impianto siderurgico e alla sua trasformazione in un polo decarbonizzato, autosostenibile e competitivo sul mercato internazionale.

Il piano, secondo Aigi, dovrebbe coprire un arco temporale di cinque anni, puntando a un vero partenariato pubblico-privato capace di coniugare rilancio produttivo e tutela ambientale, anche attraverso la revisione dei sistemi logistici.

In mancanza di un intervento deciso, avverte l’associazione, «non solo il futuro, ma anche il presente di Taranto si tinge di nero». E se lo stallo dovesse proseguire, «non resterebbe altra strada che una mobilitazione ad oltranza», che coinvolga non solo imprese e lavoratori, ma l’intera comunità cittadina.

L’Aigi denuncia infine «l’ipocrisia di un ambientalismo opportunistico» e avverte che una chiusura dell’Ilva metterebbe in discussione anche le bonifiche e il risanamento ambientale del territorio. «Chi passeggia oggi nel centro di Taranto – conclude il comunicato – percepisce l’atmosfera di una città in un’economia post-bellica, immersa nel silenzio generale e nell’incertezza più assoluta».

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