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“Il 97% dei cibi extra Ue entra senza controlli. Così si mette a rischio la salute dei cittadini e l’agroalimentare italiano”

Dall’allarme sull’accordo Mercosur ai dazi Usa, la Coldiretti denuncia un sistema europeo di controlli inefficace e chiede reciprocità nelle regole commerciali. “Così si favoriscono i prodotti stranieri che non rispettano i nostri standard di sicurezza e qualità”

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Dieta Mediterranea

BARI - È un allarme sulla sicurezza alimentare e sulla concorrenza sleale quello lanciato da Coldiretti nel corso dell’evento nazionale tenuto al Villaggio contadino di Bologna, con la partecipazione del presidente Ettore Prandini, del segretario generale Vincenzo Gesmundo, del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, dell’ex premier Romano Prodi, del commissario straordinario Fabrizio Curcio e del presidente della Regione Emilia-Romagna Michele De Pascale.

Secondo l’organizzazione agricola, 97 prodotti alimentari su 100 provenienti da Paesi extra Ue entrano nel mercato europeo senza alcun controllo fisico. La maggior parte delle importazioni passa da porti come Rotterdam, definiti “colabrodo” per l’assenza di verifiche efficaci sulla sicurezza alimentare. Solo il 3% delle merci straniere viene controllato realmente, testando la salubrità dei prodotti e non soltanto la documentazione allegata.

Un sistema, sottolinea Coldiretti, che lascia ai singoli Stati membri la responsabilità dei controlli, con il risultato di creare dinamiche al ribasso e una mancanza di uniformità. Gli accordi commerciali stipulati dalla Commissione europea, inoltre, non garantiscono il principio di reciprocità, consentendo l’ingresso di alimenti che non rispettano gli stessi standard richiesti agli agricoltori italiani ed europei.

Il caso Mercosur rappresenta, per Coldiretti, il simbolo di questa distorsione. Nei primi otto mesi del 2025, le importazioni di prodotti agroalimentari dal blocco sudamericano sono aumentate del 18%, raggiungendo un valore di 2,3 miliardi di euro, mentre le esportazioni italiane verso il Sudamerica si sono fermate a 284 milioni di euro, con un calo dell’8%. Un deficit commerciale che, secondo l’associazione, potrebbe aggravarsi con l’entrata in vigore dell’accordo, aprendo il mercato europeo a carni bovine, suine e avicole, oltre a riso, miele e zucchero prodotti con sostanze vietate nell’Ue, come antibiotici e pesticidi tossici.

Coldiretti denuncia inoltre che il 90% dei prodotti sudamericani arriva in Europa attraverso Rotterdam, spesso per aggirare i porti più controllati. «Non siamo contrari agli accordi di libero scambio – ha dichiarato il presidente Prandini – ma devono essere fondati sul principio di reciprocità. L’intesa con il Mercosur, pensata 18 anni fa, oggi è anacronistica: l’agricoltura ha assunto un ruolo strategico che va difeso».

Anche il segretario generale Vincenzo Gesmundo ha espresso preoccupazione per le conseguenze economiche e ambientali: «Se l’accordo non verrà corretto, sarà devastante per le imprese agricole europee. Si esporta inquinamento dove le regole sono più deboli e lo si reimporta nei nostri piatti, sacrificando il presidio ambientale e civico garantito dall’agricoltura europea».

Coldiretti ha poi richiamato l’attenzione sui dazi imposti dagli Stati Uniti ai prodotti italiani, che già mostrano effetti negativi. A settembre il settore agroalimentare ha registrato un calo del 18% nelle esportazioni di vino, dopo il crollo del 30% di agosto, primo mese con il nuovo dazio del 15%. I trasformati di pomodoro hanno perso il 36%, l’olio extravergine d’oliva il 62%, la pasta il 21%, mentre i formaggi italiani hanno limitato la flessione al 12%.

Secondo l’analisi Coldiretti su dati Eurostat e Usda, il rischio è duplice: oltre alla perdita economica, la contrazione delle esportazioni può favorire il mercato dei falsi prodotti italiani negli Stati Uniti, un fenomeno già da 40 miliardi di euro l’anno. Gli Usa, infatti, producono 222 milioni di chili di Parmesan, 170 milioni di Provolone, 23 milioni di Pecorino Romano e quasi 40 milioni di altri formaggi “italian style”, oltre a 2 miliardi di chili di mozzarella, per un totale di 2,7 miliardi di chili di “italian cheese” che nulla hanno a che vedere con il Made in Italy autentico.

«Difendere la nostra agricoltura – ha concluso Gesmundo – significa difendere la salute dei cittadini, la sostenibilità ambientale e l’identità alimentare dell’Italia. Senza controlli e senza reciprocità, il rischio è quello di svendere la qualità per importare diseguaglianze e insicurezza nei piatti degli europei».

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