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Scambio politico-mafioso e estorsioni: sei arresti all'alba per una rete di voti e intimidazioni

In azione la Guardia di Finanza. L’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari svela legami tra il clan Parisi e ambienti politici locali in occasione delle elezioni comunali di Modugno del 2020 e delle Europee 2024

La Guardia di Finanza di Bari

La Guardia di Finanza di Bari

BARI - Sei persone sono state arrestate questa mattina tra le province di Bari e Foggia nell’ambito di un’operazione della Guardia di Finanza, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari. L’indagine, condotta dai militari del GICO del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bari insieme al Servizio Centrale per l’Investigazione sulla Criminalità Organizzata di Roma, ha portato all’esecuzione di un’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, su richiesta della Procura.

I sei indagati – sottoposti a misura cautelare in carcere – devono rispondere, a vario titolo, di scambio elettorale politico-mafioso, estorsione e porto illegale di armi comuni da sparo

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l’inchiesta è l’epilogo di un lavoro investigativo complesso, che avrebbe fatto emergere un patto elettorale illecito tra esponenti del clan barese dei Parisi e alcuni candidati alle elezioni comunali del giugno 2020 a Modugno. In base all’impostazione accusatoria, un candidato – poi eletto consigliere comunale – avrebbe comprato voti dal clan in cambio di denaro e promesse di favori a beneficio dell’organizzazione criminale.

Tra gli arrestati anche l’assessore alle Attività produttive del Comune di Modugno Antonio Lopez e due consiglieri comunali. Tra gli indagati anche il sindaco, Nicola Bonasia, non raggiunto da provvedimenti cautelari.

Il patto si sarebbe esteso anche al ballottaggio, durante il quale lo stesso consigliere avrebbe agito da intermediario per convogliare voti verso Nicola Bonasia, come detto indagato ma non destinatario di misure cautelari. In cambio, sarebbe stata garantita l’assunzione di un affiliato al gruppo mafioso, impegnatosi personalmente a raccogliere preferenze elettorali.

Le indagini hanno inoltre portato alla luce un nuovo episodio di accordo elettorale risalente alle elezioni europee del 2024. In quell’occasione, il consigliere e altre cinque persone – tra cui alcuni membri apicali del clan Parisi – si sarebbero incontrati in un summit organizzato in un’abitazione privata per definire un’intesa finalizzata a procurare voti a favore di un candidato, risultato tuttavia ignaro e completamente estraneo ai fatti. Anche in questo caso, il meccanismo prevedeva la compravendita di voti in cambio di denaro destinato agli esponenti della consorteria criminale.

Un secondo filone investigativo ha interessato un imprenditore del Foggiano, attivo nel settore della commercializzazione di prodotti agricoli, accusato di aver sfruttato la forza intimidatoria del clan Parisi per recuperare crediti dai propri clienti. L’uomo avrebbe minacciato gli imprenditori agricoli debitori, arrivando a promettere di “tagliare i raccolti” di chi non avesse saldato i conti. Parte delle somme riscosse – secondo gli inquirenti – sarebbe stata poi divisa a metà con l’esponente mafioso che lo supportava.

Le indagini hanno inoltre documentato che lo stesso imprenditore, insieme a due complici – tra cui il membro del clan e un terzo pregiudicato – deteneva e portava armi comuni da sparo in luogo pubblico.

Sulla base degli elementi raccolti, ritenuti dal GIP dotati di un alto valore indiziario, sono state disposte le odierne misure cautelari.

La Procura della Repubblica di Bari ha sottolineato che l’operazione rappresenta una testimonianza concreta dell’impegno istituzionale nel contrasto alla commistione tra politica e mafia, una deriva che, come evidenziato nel comunicato ufficiale, «mina la libertà del voto e il regolare svolgimento delle tornate elettorali». Allo stesso tempo, l’inchiesta si inserisce in un’azione più ampia di contrasto alle estorsioni, fenomeno che continua a colpire il tessuto economico locale attraverso minacce e intimidazioni ai danni di imprenditori.

Il procedimento si trova ancora nella fase delle indagini preliminari, e le persone coinvolte non sono state rinviate a giudizio né condannate. Sarà dunque il processo, nel pieno rispetto delle garanzie difensive, a stabilire l’effettiva responsabilità degli indagati.

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