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Lecce

Maxi blitz nel Salento: sgominata rete del narcotraffico tra Nardò e Gallipoli, 16 arresti e 51 indagati

L’operazione dei Carabinieri ha smantellato due organizzazioni criminali attive nella parte ionica della provincia di Lecce. Scoperto un sistema strutturato di spaccio con uso di armi, violenze e linguaggi in codice

Gazzella dei carabinieri

Gazzella dei carabinieri

LECCE - È scattata all’alba una vasta operazione dei Carabinieri del Comando Provinciale di Lecce, che ha portato all’esecuzione di misure cautelari a carico di 16 persone, su un totale di 51 indagati, appartenenti a due organizzazioni criminali specializzate nel traffico e nello spaccio di sostanze stupefacenti nella parte ionica del Salento.

L’intervento, disposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, ha visto impegnati 120 militari supportati dal 6° Nucleo Elicotteri di Bari Palese, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori “Puglia”, dal Nucleo Cinofili di Modugno (Bari) e dall’11° Reggimento Carabinieri “Puglia”. Le misure restrittive riguardano 7 arresti in carcere e 9 ai domiciliari, mentre le perquisizioni hanno interessato i comuni di Gallipoli, Nardò, Galatone, Sannicola e Seclì, oltre alla Casa Circondariale di Lecce.

Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio, rapina con armi, tentata estorsione, incendio, lesioni personali aggravate e altri reati, con l’aggravante del metodo mafioso.

L’inchiesta ha avuto origine nel giugno 2020, quando i Carabinieri arrestarono in flagranza un giovane del 1999 per spaccio di droga a Galatone. Da quell’episodio si è sviluppata un’indagine complessa che ha portato a individuare due gruppi criminali paralleli, in contatto costante e attivi rispettivamente nelle aree di Nardò (comprese Santa Caterina e Santa Maria al Bagno) e Gallipoli (con ramificazioni a Galatone e Sannicola).

Le investigazioni hanno rivelato una fitta rete di traffici e una struttura organizzativa ben definita, con una catena di comando verticistica, regole interne e modalità operative riconducibili ai modelli mafiosi. In particolare, il gruppo operante nell’area di Nardò si distingueva per l’uso sistematico della violenza e delle armi, finalizzato al controllo delle piazze di spaccio e al recupero dei crediti derivanti dalle vendite di droga.

Gli investigatori hanno documentato episodi di particolare ferocia. In un caso, una vittima fu rapinata dopo un prelievo al bancomat, aggredita da uomini armati che la costrinsero a cedere la propria auto. Durante il sequestro, l’uomo venne picchiato e minacciato con una pistola, fino al furto di 350 euro e delle chiavi del veicolo; uno dei malviventi esplose successivamente due colpi d’arma da fuoco contro la vettura in fuga, colpendo lo sportello lato guida.

In un altro episodio, nei pressi di un bar di Nardò, un uomo fu picchiato selvaggiamente con calci e pugni al volto fino a riportare lesioni permanenti e deformazioni facciali, a conferma del clima intimidatorio imposto dai clan sul territorio.

Le indagini, durate mesi, hanno permesso di ricostruire un traffico costante di cocaina, eroina, hashish e marijuana, distribuiti sia nei centri urbani sia nelle località balneari più frequentate del Salento. Decisivo l’apporto delle intercettazioni telefoniche e ambientali, dei pedinamenti e delle osservazioni aeree.

Un aspetto emerso con chiarezza è il ruolo attivo delle donne all’interno delle due organizzazioni. Alcune gestivano il rifornimento dei pusher e lo spaccio al dettaglio, altre si occupavano della logistica, dello stoccaggio e delle consegne della droga, anche in presenza di minori. Per eludere i controlli, venivano usate auto intestate a terzi come “apripista” durante il trasporto dello stupefacente.

Una delle donne, legata sentimentalmente al capo, svolgeva la funzione di “telefonista” e gestiva la comunicazione interna tramite chat dedicate su piattaforme come WhatsApp e Telegram, per sfuggire alle intercettazioni.

Le comunicazioni tra i pusher e i clienti avvenivano utilizzando un linguaggio in codice: la droga veniva chiamata con nomi di cibi o bevande come “birra” o “pane fatto in casa”. Dopo ogni vendita, i clienti venivano spesso ricontattati per fornire una “recensione” sulla qualità della sostanza, un metodo che serviva a fidelizzare la clientela.

Secondo gli inquirenti, le due organizzazioni erano in grado di piazzare migliaia di dosi di droga, con profitti ingenti reinvestiti nel circuito criminale. Il bilancio dell’operazione parla di 10 arresti in flagranza e del sequestro di oltre 5.000 dosi tra cocaina, eroina, hashish e marijuana pronte per la vendita.

Il Gip del Tribunale di Lecce, dopo aver valutato gli elementi raccolti dai Carabinieri della Compagnia di Gallipoli, ha riconosciuto la gravità del quadro investigativo, condividendo la ricostruzione della Direzione Distrettuale Antimafia e autorizzando l’esecuzione delle misure cautelari.

Con il blitz di oggi, i Carabinieri mettono fine a una delle più radicate reti di spaccio del basso Salento, restituendo un colpo decisivo a un sistema criminale che per anni aveva imposto la propria presenza attraverso violenza, paura e traffici illeciti.

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