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Taranto

Il fronte del "Sì" alla nave rigassificatrice si allarga: “Senza Eni e Ilva il sistema collassa”

Ormeggiatori, rimorchiatori e piloti dello scalo jonico: “Trasferire altrove la produzione significa condannare il porto e il territorio a diventare una cattedrale nel deserto. Ricordiamo il caso Bagnoli”

Il porto di Taranto

Il porto di Taranto

TARANTO - Il futuro del porto di Taranto torna al centro del dibattito con una nota congiunta firmata da Felice Tagarelli, Capo pilota degli Ormeggiatori, Gaetano Raguseo dei Rimorchiatori Napoletani e Giovanni Puglisi, Capo Gruppo. I rappresentanti delle principali categorie tecnico-nautiche richiamano l’attenzione sul legame inscindibile tra lo scalo ionico e le grandi realtà industriali del territorio.

Dopo la perdita dei traffici legati al terminal container, spiegano, da oltre 20 anni il porto vive esclusivamente grazie ai flussi da e per gli stabilimenti Eni ed ex Ilva. “La crisi di una sola di queste due industrie – scrivono – trascinerebbe inevitabilmente anche l’altra, perché nessuna sarebbe in grado di sostenere da sola gli ingenti costi necessari a garantire i servizi di sicurezza alle navi”.

Il sequestro degli impianti siderurgici, ricordano, ha già prodotto “danni economici e sociali enormi”, con conseguenze pesanti sull’occupazione diretta e indiretta della portualità. Negli ultimi 18 mesi i servizi tecnico-nautici hanno dovuto fare i conti con perdite significative e con la protesta dei lavoratori, preoccupati per i propri redditi. In questo scenario, viene sottolineato il ruolo della Capitaneria di Porto, che ha rivisto i parametri operativi dei servizi per renderli sostenibili a fronte del crollo dei traffici.

Durissimo il passaggio sul rischio di trasferire la produzione siderurgica verso altri scali: “Pensare di portare altrove tutto ciò che serve per rendere eco-sostenibile l’acciaieria di Taranto, lasciando qui solo avanzi e macerie, è una scelta priva di logica economica e sociale”. E il paragone con l’area ex industriale di Bagnoli, rimasta abbandonata per oltre 40 anni, è indicativo dell’allarme lanciato.

Gli operatori chiedono che il porto venga dotato della nave rigassificatrice, ritenuta fondamentale per sostenere la transizione produttiva verso processi basati su energia elettrica e gas. “Abbiamo spazi, infrastrutture e professionalità già pronte – sostengono –. Dire solo ‘no’ significa arrecare un danno gravissimo non solo alla comunità portuale, ma all’intero territorio ionico”.

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