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L'intervento

Rigassificatore, il Consorzio ISC: “Per Taranto un’occasione da non perdere”

Dopo Raccomar, anche il presidente Pentassuglia: “Il porto rischia il collasso senza nuovi traffici. Servono scelte coraggiose, non campagne catastrofiste”

Gerardo Pentassuglia, Presidente ISC Taranto

Gerardo Pentassuglia, Presidente ISC Taranto

TARANTO - Per il Consorzio Ionian Shipping (ISC) di Taranto, l’arrivo di una nave rigassificatrice rappresenta un passaggio decisivo per il futuro del porto e dell’intero indotto. A sostenerlo è il presidente Gerardo Pentassuglia, che guida l’organizzazione che riunisce 8 agenzie marittime attive nello scalo ionico, con circa 50 professionisti impiegati.

“Non possiamo considerare indifferente l’approdo a Taranto o Gioia Tauro di un rigassificatore – afferma Pentassuglia – perché significherebbe garantire traffici di piccole navi gasiere, capaci di ridare vitalità a un porto oggi fermo e privo di prospettive concrete”.

Il presidente del Consorzio parla di una posizione “in controtendenza” rispetto a chi si oppone, ricordando come esperienze analoghe siano ormai consolidate a Panigaglia, Porto Viro, Livorno, Piombino e a breve anche a Ravenna e Porto Empedocle. “Si tratta di un’attività indispensabile sia per la produzione con i forni elettrici sia per soddisfare la domanda nazionale di gas”, sottolinea.

Secondo i dati forniti da ISC, negli ultimi mesi 200 navi provenienti da 10 Paesi diversi hanno fatto scalo nei 4 terminali di rigassificazione già operativi in Italia. Un flusso destinato a crescere, su cui Taranto non può farsi trovare impreparata, anche in vista della necessaria decarbonizzazione degli impianti industriali.

Pentassuglia rilancia i timori della Raccomar, definendo “infondati” i rischi ambientali legati al rigassificatore, alla luce delle tecnologie avanzate oggi disponibili. Ma punta il dito soprattutto sulla situazione drammatica del porto: “L’export è pari a zero. Senza la produzione di componenti eolici della Vestas, potremmo parlare di fallimento completo di una prospettiva che avrebbe dovuto garantire sviluppo fino al Salento”.

Per il presidente del Consorzio, il porto di Taranto è al collasso e con esso l’intero tessuto di servizi collegati: trasportatori, spedizionieri, periti, rimorchiatori, piloti, ormeggiatori, strutture ricettive, medici, farmacie, fornitori marittimi e attività legate alla sicurezza e all’ambiente. “Il costo medio mensile di un’azienda con 5 dipendenti si aggira sui 20 mila euro: se il porto resta fermo, il rischio di default è concreto per tutti”, aggiunge.

Da qui l’appello a un confronto serio e privo di strumentalismi: “Abbiamo bisogno di riconvertire il polo industriale con competenze e tecnologie all’avanguardia, costruendo una visione comune che eviti nuove povertà e divisioni. Non intendiamo rassegnarci a un destino di immobilismo”.

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