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Bari
21 Agosto 2025 - 11:06
Gaetano Campolo, CEO della Home Restaurant Hotel
BARI - La questione delle orecchiette preparate nei vicoli di Bari Vecchia continua a dividere. Ieri, al termine di un incontro in Municipio con le storiche pastaie, l’assessore comunale Pietro Petruzzelli ha chiarito la posizione dell’amministrazione: le donne potranno continuare a realizzare la pasta fresca e ad esporre i tradizionali telai come testimonianza culturale, ma la vendita rimane soggetta a regole precise. In particolare, ha sottolineato Petruzzelli, non è consentita la commercializzazione né l’esposizione di orecchiette industriali senza le dovute autorizzazioni.
Il confronto, che sembrava aver segnato un passo in avanti sul piano della tutela della tradizione, ha trovato però un’immediata e dura replica a livello nazionale. Oggi infatti è arrivato l’intervento di Gaetano Campolo, CEO della piattaforma Home Restaurant Hotel, che ha contestato duramente l’orientamento del Comune.
Secondo Campolo, “in Italia, e quindi anche a Bari, non è possibile trasformare un’abitazione privata in un luogo di produzione o vendita commerciale, perché la legge lo vieta in maniera esplicita”. Il manager ha attaccato l’amministrazione, accusandola di voler “alimentare un folklore inventato” e di ignorare la normativa.
Il nodo centrale, ha spiegato, riguarda l’assenza di un codice Ateco che possa autorizzare queste attività in ambito domestico: “Solo lo Stato centrale – ha ribadito – può stabilire quali attività siano legittime. Comuni e Regioni non hanno potere in materia. Le linee guida regionali pugliesi sono scellerate e rischiano di diventare un pericoloso precedente per tutto il Paese”.
Campolo ha elencato anche i profili tecnici che, a suo avviso, rendono illegittima la vendita delle orecchiette in contesti privati: mancanza del cambio di destinazione d’uso catastale, assenza dei requisiti igienico-sanitari previsti dall’Haccp, oltre al mancato rispetto degli obblighi fiscali e previdenziali.
Il giudizio sulla politica locale è stato particolarmente duro: “Si vuole trasformare in attrazione turistica qualcosa che non ha alcun fondamento normativo. È un’operazione pericolosa – ha detto – che tradisce i cittadini onesti e rispettosi delle regole”.
La polemica, quindi, resta aperta: da un lato il Comune che prova a difendere la tradizione, dall’altro la netta contrarietà di chi denuncia un rischio di illegalità e deregolamentazione.
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