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Taranto
28 Luglio 2025 - 06:34
L'ex Ilva
TARANTO - Ho pienamente condiviso i contenuti della "lettera aperta" inviatami dalla prof.ssa Malini e ringrazio per le opportune e necessarie puntualizzazioni. La voce del Comitato di Cornigliano risuona sempre con la forza e la chiarezza che ho già cercato di evidenziare nel mio precedente articolo, in cui, tra l'altro, ho voluto dare risalto anche allo "spirito popolare" e al "sacrario delle piazze". La "lettera aperta" conferma, arricchisce e approfondisce il quadro di realtà molto complesse e dolorose, vissute ormai quotidianamente dalle comunità di Cornigliano e Taranto.
Daniela Malini ci ricorda, con dati e fatti, che quella eufemisticamente definita "eredità industriale" è invece un presente incombente e insostenibile. Fragilità sociali, assenza di servizi, riscontri epidemiologici allarmanti e la presenza tuttora di impianti a rischio sono elementi di una condizione attuale e non retaggi del passato. La costruzione di un depuratore di fanghi senza aver proceduto alle bonifiche e senza il coinvolgimento della cittadinanza è un esempio lampante di come certe decisioni continuino a ignorare le esigenze e le prerogative dei residenti. La citazione della sentenza della Corte di Cassazione è, poi, particolarmente significativa perché riconosce ai cittadini la possibilità di agire legalmente per i danni ambientali subiti. Questo potente strumento risarcitorio, ora nelle mani delle comunità, lancia un chiaro segnale, salute e ambiente non sono più negoziabili. La richiesta di "rigenerazione", inoltre, riassume in uno le rivendicazioni del Comitato di Cornigliano. E rappresenta il segno culturale di un gruppo orientato verso il progresso autentico e sostenibile, ponendo al centro di tutto il "benvivere" umano.
La controversia sull'apertura del forno elettrico a Genova, in un quartiere già saturo di inquinamento dimostra che, purtroppo, le nostre rappresentanze politiche faticano ancora e ovunque a comprendere le ragioni popolari del disagio e della determinazione. La vertenza "ex Ilva", sia a Taranto che a Cornigliano, non è "rivolta sociale" scomposta, bensì rivalsa esplicita di dignità; un sentimento forse fin troppo trattenuto, che dovrebbe essere ora il vero binario in dirittura delle transizioni. È tempo che le istituzioni ascoltino e agiscano di conseguenza, non con soluzioni parziali, emergenziali o compromessi al ribasso, ma con l'impegno concreto verso le possibili alternative, combattendo le ignavie diffuse e gli interessi illeciti e investendo piuttosto nella valentia del lavoro e nei diritti del fare insieme.
Dalla sinergia empatica dei "luoghi" emerge una verità ineludibile, le genti di Cornigliano e di Taranto non sono separate né dalla distanza né dagli intenti. C'è una sintonia profonda nella loro fermezza a non subire "le calate dall'alto" e a reclamare il proprio avvenire. In tale condivisione risiede la volontà per costruire un fronte comune di orgoglio destato. Le diverse storie regionali non fanno ostacolo. Cornigliano porta con sé la memoria di una riconversione parziale e il timore di nuove minacce; mentre Taranto vive il peso della grandezza spropositata, di decenni di inquinamento e di promesse disattese. Entrambe le comunità rivendicano semplicemente il medesimo beneficio a respirare, a vivere in un ambiente pulito, a costruire una economia che non si fondi sulla distruzione del territorio.
Le assemblee, le manifestazioni e perfino gli scambi interpersonali sono tutte tessere di un mosaico che sta prendendo forma. Donne, lavoratori, comitati civici, esperti e semplici cittadini che si riconoscono nella vicenda stanno dimostrando che può esistere un punto di aggregazione utile alla democrazia del consenso. Questo fronte, alimentato soprattutto dalla consapevolezza, può così diventare paradigma e leva del cambiamento, evitando di precarizzare le soluzioni però favorendo le compatibilità ecologiche ed economiche, fuori dagli schemi obsoleti e "totalizzanti".
Da un'analisi empirica della comunicazione mediatica di questi ultimi giorni, condotta sui fattori determinanti riguardo all'Accordo di Programma "ex Ilva", si evince che la "transizione ecologica", la "tutela dell'occupazione" e le cosiddette "preoccupazioni sociali" possono condizionare gli esiti della negoziazione presso il MIMIT (prossimo incontro fissato al 31 luglio) quasi alla pari degli "intenti istituzionali", delle "strategie nazionali" e della "continuità produttiva". Quindi la vertenza "ex Ilva" non è affatto scontata nella sua evoluzione. Il successo dell'Accordo dipenderà dalla capacità del sistema Paese di bilanciare le ambizioni produttive con le esigenze ambientali, affrontando proattivamente le difficoltà tecnologiche e legali e, soprattutto, costruendo un consenso sociale solido e duraturo. Le dichiarazioni ufficiali dovranno adesso trasformarsi in azioni convincenti e tangibili per tutte le parti coinvolte.
A Taranto per il 30 luglio è stato convocato un atteso Consiglio Comunale monotematico. L'interrogativo è: la transizione deve solo rendere questa siderurgia più sostenibile o è arrivato il momento di cambiare radicalmente il modello di progresso e sviluppo dell'intero territorio? Si tratta di scegliere se puntare a "curare" la siderurgia esistente con le moderne tecnologie (DRI, forni elettrici) o se cogliere l'opportunità per una diversificazione completa verso settori avanzati come aerospazio, blue economy, energie e logistica, ripensando l'intera vocazione industriale della città capoluogo.
Prof. Raffaele Bagnardi
Sociologo del Lavoro
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