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Bari
03 Luglio 2025 - 08:29
La sede della Procura di Bari
BARI - Il Tribunale di Bari ha condannato a 4 anni di reclusione Giuseppe Lamanuzzi, 35 anni, ritenuto colpevole di aver tentato di rapire una bambina di 5 anni mentre passeggiava con la madre nel rione San Pasquale. I fatti risalgono al pomeriggio del 2 gennaio scorso, quando l’uomo, in sella a una bicicletta rossa e con il volto coperto da un cappuccio, si sarebbe appostato dietro dei cassonetti lungo via dei Mille per poi aggredire madre e figlia.
La vicenda, già inquietante nelle prime ore successive all’episodio, ha assunto contorni ancora più gravi con il progredire delle indagini. Lamanuzzi, arrestato poche ore dopo dai Carabinieri, ha cercato in aula di sminuire le sue intenzioni, sostenendo tramite la difesa che il suo obiettivo non fosse la bambina, ma il portafoglio della madre, ipotizzando un semplice tentato furto con strappo.
Una versione che non ha convinto il collegio giudicante, che ha ritenuto fondate le accuse mosse dalla Procura e ha inflitto una pena più alta dei 3 anni e 6 mesi richiesti dal pubblico ministero. I giudici hanno riconosciuto la gravità del tentato sequestro di persona, aggravato dalla vulnerabilità della vittima.
Decisivo nel processo è stato il racconto dettagliato della madre della bambina che si è costituita parte civile. La donna ha ripercorso le ore di paura vissute quel giorno, e ha riferito anche un episodio precedente, avvenuto cinque giorni prima, sempre nel quartiere San Pasquale: in quell’occasione l’uomo avrebbe seguito madre e figlia nei giardini di vico Capurso, nascondendosi tra le siepi e compiendo atti osceni, prima di essere allontanato dalle grida della donna.
Il pomeriggio del 2 gennaio, la stessa madre aveva notato l’uomo in bicicletta aggirarsi con fare sospetto. Dopo aver cercato rifugio in un bar e aver chiesto aiuto al titolare per controllare l’esterno, era tornata in strada con la figlia e il cane, imbattendosi di nuovo nel 35enne, che si era nascosto dietro i cassonetti in attesa del loro passaggio.
Gli investigatori hanno ricostruito l’intera dinamica grazie alle immagini delle telecamere di videosorveglianza installate nella zona e alle testimonianze raccolte subito dopo i fatti. È emerso un comportamento predatorio e studiato, che ha portato all’arresto e infine alla condanna dell’imputato.
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