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L'ex Ilva
13 Maggio 2025 - 06:01
Acciaierie, alta tensione
Alta tensione intorno allo stabilimento siderurgico ex Ilva di Taranto.
Questa mattina, 13 maggio, si terrà l'incontro in videoconferenza tra Acciaierie d'Italia e sindacati: all'ordine del giorno l'aumento dei numeri della cassa integrazione, conseguenza dello stop all'Altoforno 1. L'impianto è sottoposto a sequestro senza facoltà d'uso, provvedimento disposto dalla Procura della Repubblica di Taranto dopo l'incendio del 7 maggio scorso.
Sul tavolo però c'è di più. La trattativa che dovrebbe portare lo stabilimento, insieme agli altri asset del gruppo, tra le braccia degli azeri di Baku Steel appare in salita. Pesano i sigilli su Afo/1, è quanto trapela dal governo, e il rischio che l'altoforno possa aver subito danni. I senatori pugliesi di Fratelli d'Italia Zullo e Melchiorre sono stati critici, ieri, con la magistratura tarantina.
Il riavvio di Afo/1 ad ottobre, presente anche il ministro Urso
Il ministro Urso ha usato parole pesanti. «Più che le trattative in corso l'incidente può compromettere la ripresa degli stabilimenti e l'occupazione. Verosimilmente l’impianto è del tutto compromesso». Ha quindi proseguito il titolare del Mimit: «Si è intervenuti troppo tardi, rispetto a quanto era stato richiesto sulla base di chiare perizie tecniche, bisognava farlo entro 48 ore e purtroppo non hanno avuto l’autorizzazione a farlo. È un danno notevole che avrà inevitabilmente immediate ripercussioni sull'occupazione».
Altre indiscrezioni, come quelle riportate da L'Espresso, dal Fatto Quotidiano, da Milano Finanza e dal Sole 24Ore parlano di un negoziato reso ostico da difficoltà per il progetto del rigassificatore galleggiante caldeggiato da Baku, e dalla contrapposizione sulla nuova Aia, l'autorizzazione integrata ambientale. Di certo, il dossier Acciaierie è ancora aperto.
Uil di Taranto, a margine dell’incontro odierno tra i sindacati e i Commissari Straordinari di Acciaierie d’Italia, ritiene doveroso intervenire per esprimere con forza il proprio dissenso rispetto all’ennesima richiesta di aumento della cassa integrazione, che coinvolgerebbe oltre 3.500 lavoratori dello stabilimento di Taranto.
“Siamo dinanzi all’ennesimo atto di irresponsabilità industriale e politica – dichiara Gennaro Oliva, coordinatore della UIL di Taranto – mentre manca ancora una visione chiara, si chiede di estendere la CIGS portando i numeri a livelli mai visti, senza uno straccio di piano industriale, senza risposte sull’incidente all’Altoforno 1, né prospettive credibili per il rilancio produttivo. È una farsa che i lavoratori non possono più tollerare.”
Secondo la UIL, la situazione ha ormai superato ogni limite. La trattativa con il gruppo Baku Steel è pressoché arenata a causa delle complessità burocratiche legate all’autorizzazione integrata ambientale, alla questione delle riserve idriche e ai costi energetici. Intanto i fondi promessi – come i 100 milioni del prestito ponte – non sono ancora arrivati, e anche se arrivassero sarebbero del tutto insufficienti.
“Ci parlano di emergenza produttiva, ma non danno risposte sulle cause dell’incendio all’AFO1, non ci dicono se e quando ripartirà l’AFO2, non ci illustrano alcun progetto concreto su decarbonizzazione, forni elettrici o sviluppo portuale. Ma la cassa integrazione sì, quella è sempre pronta a colpire i lavoratori. Sembra di rivedere i monologhi di Morselli”, incalza Oliva.
La UIL di Taranto chiede ora un’inversione di rotta immediata, a partire dal blocco della trattativa con Baku Steel e dall’assunzione diretta del controllo da parte dello Stato, che deve intervenire con risorse vere e un piano industriale basato su decarbonizzazione, fonti rinnovabili e riconversione produttiva reale.
“È il momento che il Governo esca dall’ambiguità e prenda in mano lo stabilimento. Serve una Legge Speciale per Taranto, servono risorse per la bonifica, la riconversione, i prepensionamenti, i risarcimenti e l’estensione dei benefici previdenziali agli esposti all’amianto con una legge ferma al 2003, serve trasparenza sui progetti futuri e garanzie su ogni singolo posto di lavoro. Non nel 2000 mai, ma ora”, conclude il coordinatore UIL.
“Si è svolto oggi l’incontro al Ministero del Lavoro per discutere della richiesta di proroga della cassa integrazione per i lavoratori dell’ex Ilva da parte di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria in scadenza il 28 febbraio. La proroga sarebbe per un anno e coinvolgerebbe 3.420 lavoratrici e lavoratori a rotazione.
Come Fiom-Cgil riteniamo grave che non siamo stati ancora coinvolti nelle trattative per la vendita dell’ex Ilva; vendita che a questo punto mette in discussione il piano di ripartenza. Il Governo sta decidendo da solo senza coinvolgere le organizzazioni sindacali. La Fiom-Cgil ritiene questo un elemento dirimente anche rispetto alla discussione sulla cassa integrazione straordinaria.
L’accordo sulla cassa integrazione straordinaria del 26 luglio scorso era vincolato al piano di ripartenza, che è in forte ritardo per i continui problemi di liquidità. Secondo l’accordo di luglio del 2024 doveva essere 1.620 il numero massimo di lavoratori in cassa integrazione e il terzo altoforno doveva essere in condizione di ripartire, mentre l’amministrazione straordinaria fa una richiesta di proroga della cassa integrazione per 3.240 lavoratori.
Anche sul fronte delle manutenzioni straordinarie e ordinarie non siamo in linea con il piano di ripartenza. Per discutere di ulteriore cassa integrazione occorre dare corso al piano di ripartenza e si deve svolgere l’incontro a Palazzo Chigi per fare chiarezza sul futuro di 10.200 lavoratori diretti, 1.600 lavoratori di Ilva in AS, e 5.000 lavoratori degli appalti.
Per la Fiom-Cgil l’accordo di cassa integrazione di luglio scorso era funzionale al piano di ripartenza, perché garantisce la tenuta occupazionale, il rilancio della produzione di acciaio, la tutela ambientale e di salute e sicurezza per i lavoratori e i cittadini". Lo dichiara in una nota Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil
Il segretario della Fim Cisl Valerio D'Alò
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