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Lecce

Ristoranti, auto di lusso e orologi per nascondere il denaro del narcotraffico

È il quadro tracciato dalla giudice del Tribunale di Lecce, Maria Francesca Mariano, che ha fatto scattare il blitz di ieri

I carabinieri di Lecce

I carabinieri di Lecce

LECCE - Un fiume di denaro proveniente dal traffico di droga, ripulito attraverso attività commerciali, auto di lusso e orologi di prestigio. È il quadro tracciato dalla giudice del Tribunale di Lecce, Maria Francesca Mariano, che ha ricostruito i movimenti di denaro e gli affari illeciti di Antonio Leto e Cristian Stella, ritenuti figure di spicco del sodalizio criminale guidato da Marco Penza, capo della presunta organizzazione mafiosa operativa nel capoluogo salentino e nel suo hinterland.

L’indagine, culminata in un blitz con ottantotto arresti, ha portato alla luce un sofisticato sistema di riciclaggio basato sull’acquisto e la gestione di attività commerciali intestate a prestanome. Dalle intercettazioni, ritenute prove schiaccianti dall’accusa, emergerebbe come i due indagati avessero accesso a ingenti capitali illeciti da reinvestire in imprese, con l’obiettivo di mascherare la provenienza del denaro e moltiplicare i profitti.

Investimenti, beni di lusso e società di copertura

In una conversazione captata dagli investigatori, Stella avrebbe confidato a Leto di essere momentaneamente in difficoltà economica per aver destinato una somma significativa, insieme a un familiare, all’apertura di un ristorante-pizzeria nel cuore di Lecce. Leto, invece, avrebbe utilizzato il denaro illecito per rilevare un bar nel capoluogo (già sottoposto a sequestro nel 2021), ma anche per l’acquisto di una Smart, una Mercedes Classe A e un Rolex del valore di oltre ventimila euro, ottenuto a prezzo scontato nel luglio 2022.

Le vetture e i beni di lusso, secondo gli inquirenti, sarebbero stati formalmente intestati a terzi per rendere più difficile risalire alla reale origine delle somme utilizzate. Una strategia collaudata, già adottata in passato da esponenti della criminalità organizzata per sfuggire ai sequestri patrimoniali.

Il quadro che emerge dall’inchiesta conferma ancora una volta il legame tra il narcotraffico e il sistema economico parallelo costruito dal clan, capace di infiltrarsi nel tessuto imprenditoriale per garantire il reinvestimento e la protezione dei capitali illeciti.

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