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Le mostre

Da Leonardo a Chagall, l'arte regina in Puglia

A Mesagne e a Conversano esposti capolavori assoluti. Una lezione per Taranto

La Vergine delle rocce

La Vergine delle rocce

Sette secoli di arte italiana

Una passeggiata lunga sette secoli di storia dell’arte italiana. Al Castello Normanno Svevo di Mesagne fino al 30 novembre sarà possibile visitare la magnifica mostra, curata da Pierluigi Carofano e concepita come cornice culturale del G7 che si è tenuto a Fasano nel giugno scorso per l’organizzazione di Micexperience Rete d’Imprese. Enti promotori: il Comune di Mesagne e la Regione Puglia, in collaborazione con il Ministero della Cultura.

Chiusa la parentesi del vertice tra i grandi del mondo, resta aperta questa straordinaria finestra sull’arte italiana che consente di sfogliare, come in un manuale di storia dell’arte, i più grandi nomi della genialità artistica del Paese. Una galleria di cinquantuno opere che si apre con l’immaginifico bacio fra Dante e Beatrice, dipinto di Roberto Ferri, il pittore tarantino consacrato fra i più grandi artisti italiani contemporanei. È un’opera che fa da ponte, quella di Ferri. L’autore, artista del terzo millennio, ci introduce in quel medioevo dal quale si dipana il percorso espositivo in un andamento cronologico che accompagna il visitatore dalla bottega di Nicola Pisano al linguaggio informale di Alberto Burri, col suo grande collage di strappi e cuciture che chiude idealmente le lacerazioni del XX Secolo. Lungo il cammino si attraversa il Rinascimento, dove a rapire il pubblico è soprattutto la “Vergine delle rocce” di Leonardo da Vinci. Si tratta di una delle tre versioni, quella cosiddetta di Cheramy, che si distingue da quelle conservate al Louvre e alla National Gallery di Londra. Quadro dopo quadro si giunge alla pittura barocca con Guido Reni che offre la commovente tenerezza paterna con la quale San Giuseppe abbraccia il Bambino.

Peccato per la “Giuditta” di Artemisia Gentileschi, unica donna a rappresentare il talento femminile in questo viaggio tra i secoli: attualmente in mostra è solo una fotografia in dimensioni reali dell’opera originale rientrata per fine prestito.

Il Canaletto ci regala invece una sfavillante e geometrica veduta del Canal Grande prima di lasciare che lo spettatore si imbatta nei due possenti calchi in gesso dei pugilatori di Antonio Canova. È il trionfo del neoclassicismo, l’anticamera dell’atto finale, dopo un lungo viaggio nel quale il visitatore ha potuto piacevolmente smarrirsi tra le pennellate di Perugino e Verrocchio, di Tiziano Vecellio e Raffaello Sanzio con il suo folgorante “Miracolo degli impiccati” o del calabrese Mattia Preti con la sua impronta caravaggesca.

Un godimento assoluto che conduce fin quasi all’alba del Novecento con l’agreste rappresentazione della “Campagna romana” di Giovanni Fattori, mentre il barlettano Giuseppe De Nittis ci trasporta nella vivacità dei salotti parigini.

Qui sopra, "Teste e travi", l'opera di Depero in mostra a Mesagne

A concludere il viaggio sono le espressioni d’avanguardia di artisti come il pugliese Pino Pascali (due le sue opere in mostra: “Pubblico” e “Tre donnine”), Fortunato Depero con la sua futuristica esplosione di colori in “Teste e travi” e, infine, il già citato Burri. Poi, a ritroso, all’uscita si finisce per imbattersi nuovamente nel Dante e Beatrice di Ferri: è il cerchio che si chiude, il suggello ideale ad una mostra che non si limita a presentare singoli capolavori, ma che offre una visione di insieme di ciò che è stato il cammino dell’arte italiana nel corso dei secoli, attraverso le testimonianze visive dei differenti movimenti artistici che si sono sviluppati e hanno lasciato il segno. Un percorso che permette al visitatore di apprezzare l’evoluzione stilistica, le influenze e le contaminazioni fra le diverse scuole.

Ma c’è un aspetto che, almeno per la Puglia, resta un punto di forza: la scelta di esporre opere importanti di grandi artisti pugliesi. De Nittis, Pascali, Ferri: stili, messaggi e periodi diversi per testimoniare il ruolo importante di questa regione nella storia dell’arte. Un modo per promuovere la cultura del territorio attraverso l’arte. Anzi, la scelta “territoriale” permette persi- no di leggere questo prezioso allestimento come possibilità di raffronto tra gli sviluppi diversi che l’arte in Italia ha seguito nei diversi contesti regionali. 

La traccia fondamentale resta comunque il dialogo tra passato e presente, con i suoi momenti di continuità o di rottura. Una panoramica imperdibile per apprezzare dal vivo la grandezza di quella che, molto genericamente, potremmo definire la scuola italiana dell’arte.

Il mondo fiabesco di Chagall

A Conversano, invece, è prorogata fino al 12 gennaio l’altra grande mostra attualmente in corso al Castello Conti Acquaviva D’Aragona: il sogno d’amore di Chagall. Un allestimento prodotto da Arthemisia e curato da Dolores Duràn Ucàr. In esposizione ci sono oltre cento opere tra dipinti, disegni, acquerelli e incisioni: un corpus che consente di leggere l’intero percorso narrativo dell’artista russo, ebreo ed esule che trascorrerà in Francia gran parte della sua vita e la cui poetica è pervasa da un profondo senso religioso e da un totale coinvolgimento nel sentimento dell’amore. Un amore assoluto: per la sua terra che è stato costretto a lasciare, per la spiritualità della sua religione, per la sua indimenticata Bella, moglie ispiratrice e pilastro fondamentale per la sua crescita umana ed artistica. Di Marc Chagall si possono quindi ammirare le sue immagini oniriche, fiabesche, paesaggi fantastici popolati da animali fluttuanti fra cielo e terra e personaggi sospesi tra realtà e fantasia. Una immersione in un mondo di straordinaria vivacità cromatica al quale lo spettatore accede varcando una barriera “liquida” di luci, colori, riflessi e parole. Spettacolare intuizione, portale ideale per entrare nell’universo di Chagall, nel suo linguaggio introspettivo e nella sua assoluta libertà creativa. In esposizione ci sono autentiche rarità, certificate e autorizzate dalla Fonda- tion Chagall. Opere provenienti da collezioni private che fanno della mostra una occasione davvero imperdibile per ammirare capolavori raramente accessibili al pubblico.

Una lezione per Taranto

Siamo dunque di fronte agli esempi di due realtà coraggiose e intraprendenti come Mesagne e Conversano. Due realtà che in questi ultimi anni hanno contribuito in modo significativo ad innalzare la qualità dell’offerta culturale in Puglia. A Mesagne hanno trovato accoglienza Picasso ed Andy Warhol (questi in condivisione con Martina Franca e Ostuni) e il genio di Caravaggio, per arrivare oggi ai capolavori di sette secoli di arte italiana. Conversano si è confermata dopo la mostra dello scorso anno su Antonio Ligabue.

Piccoli centri, bravi a conservare una propria autenticità e capaci di cogliere l’importanza della crescita culturale di un territorio e della propria comunità. Una lezione severa per una città come Taranto che invece fa molta fatica ad alzare l’a- sticella delle iniziative culturali, dimenticando – per ignavia e assenza di visione - che eventi come questi sono un attrattore turistico vero, un turismo culturale ed educato, evoluto. Migliaia di visitatori che arrivano da fuori provincia o addirittura fuori regione per ammirare capolavori assoluti, senza l’ingombrante necessità di navi da crociera o aeroporti sotto casa.

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