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Il caso
12 Luglio 2024 - 06:40
Parlamento
Siamo al terzo capitolo dello scontro tra parlamentari del Pd e di Fratelli d'Italia sul caso Zes.
Dopo il primo botta e risposta, ecco la controreplica degli esponenti di sinistra: “La nota dei parlamentari di FdI sembra confermare i nostri sospetti: giacché il credito di imposta ZES copre gli investimenti realizzati a partire dal 1° gennaio 2024, i colleghi deducono automaticamente che tutti i progetti di investimento ammissibili siano agevolabili ma così non è. Nel passaggio dal vecchio credito di imposta per il Mezzogiorno al nuovo associato alla ZES Unica, molti interessati – di cui ci siamo fatti portavoce – hanno segnalato un problema grave: che fine fanno i progetti avviati nel 2023 e conclusi solo nel 2024, visto che la misura precedente cessa i suoi effetti al 31 dicembre scorso e quella nuova parte dal 1° gennaio? Ad esempio, chi ha fatto investimenti con ordini e fatture di acconto emesse nel 2023 e fatture di saldo con consegna emesse entro il 15 novembre 2024 può considerare il suo investimento agevolabile o no? E se sì, può contare
su un’agevolazione calcolata sull’intero importo o solo sulle fatture emesse a decorrere dal 1° gennaio?”
A scriverlo ancora una volta sono i deputi pugliesi del Partito Democratico, Claudio Stefanazzi, Ubaldo Pagano e Marco Lacarra.
“Serve a poco – concludono i dem – buttarla in calcio d’angolo dicendo che ci sono altri strumenti agevolativi per gli investimenti pluriennali. Quello lo sapevamo anche prima che ce lo ricordassero i colleghi, come lo sapevano benissimo anche gli imprenditori. Ma cosa rispondiamo a chi aveva fatto affidamento su un determinato strumento e ora non sa che pesci pigliare? Saremo felici, felicissimi, di essere smentiti dal Governo (qualora si degni di rispondere alla nostra interrogazione) e sapere che in qualche modo tutti gli investimenti avviati con il vecchio credito potranno rientrare pienamente anche nella nuova agevolazione.”
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