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26 Marzo 2024 - 07:43
Alcune edizioni di Buonasera
L’informazione rimane un bene fondamentale, in tempi terribilmente complessi per la democrazia. Può cambiare il modo di fruirne, ma i giornali - nel senso più ampio - restano un presidio di cui non si può e non si deve fare a meno. Un discorso che vale, a maggior ragione, per i giornali locali, che raccontano i territori: le loro storie, i loro problemi, le loro necessità. Perchè altrimenti si rischia di andare a naufragare nel mare in burrasca delle fake news e della propaganda più o meno mascherata.
Ma i giornali, e i giornalisti, non devono avere paura della tecnologia: devono invece utilizzarla come uno strumento in più per fare il loro mestiere, quello di informare i cittadini. E’ stata presentata nei giorni scorsi la diciannovesima edizione del Rapporto sulla Comunicazione del Censis, dal titolo emblematico di «Il vero e il falso». Oltre a riprendere l’analisi delle “diete mediatiche” degli italiani, il Rapporto indaga su una nuova distinzione, che recentemente sembra imporsi: quella tra ciò che è vero e ciò che è falso. Mentre rimaniamo per lo più incerti nel soppesare i benefici e i pericoli connessi all’impatto dell’Intelligenza Artificiale sulle nostre vite e sugli apparati produttivi, il sentiment di quanti l’hanno già testata oscilla tra la paura e l’acceso consenso, secondo uno schema che si ripresenta ogniqualvolta ci troviamo di fronte a grandi rivoluzioni tecnologiche annunciate. Un discorso che a maggior ragione riguarda gli organi di informazione, chi li produce e chi li utilizza.
Le vecchie formule non bastano più. Permetteteci di parlare di noi: perché non a caso Buonasera Taranto, il giornale che avete tra le vostre mani - che lo stiate sfogliando, o che lo stiate consultando sul vostro device, telefono, tablet o computer - ha imboccato la strada del cambiamento, anche se nella continuità dei suoi valori di riferimento, e cioè la ricerca della verità dei fatti, l’analisi, il pluralismo, la correttezza nei confronti del lettore. Da martedì 5 marzo il “giornale di carta” è tutto nuovo, imperniato sugli approfondimenti, sulla lettura ragionata, sulla visione che va oltre le strettoie della quotidianità spicciola. Le tematiche del commercio e della sua crisi, le criticità della sanità, le questioni relative alle infrastrutture e alle loro enormi potenzialità: Taranto e il suo territo rio hanno tantissimo da raccontare e abbiamo iniziato a farlo. Ma questo è un giornale che ha l’ambizione di alzare lo sguardo su tutto ciò che interessa il Mezzogiorno - che deve essere il protagonista della sua rinascita, come scriviamo nelle pagine di Buonasera Sud - ed anche sui temi internazionali, che su Taranto ed i tarantini impattano, eccome.
La carta non muore perché questo tipo di lettura trova proprio su questo tipo di media una modalità di fruizione ottimale e i riscontri che stiamo avendo lo confermano. Uno slow reading di qualità viene premiato, come ha spiegato Tommaso Cerno, nuovo direttore dello storico quotidiano romano Il Tempo. Bisogna «recuperare la sacralità della carta», poiché – ha dichiarato nel corso della trasmissione Sottovoce - «l’abbiamo anche un po’ maltrattata: la crisi del cartaceo legata alle nuove tecnologie non preclude che forse la carta possa avere un futuro diverso». Su cosa puntare, allora? Per Cerno, su «un giornale più corto, ma di qualità, stampato bene, per consegnare ai lettori qualcosa che resta più a lungo di quell’informazione che invece nello stesso momento ci giunge da altri media».
Nel contempo, il flusso costante delle informazioni non può essere ignorato. Perché è dovere di un giornale offrire (anche) una copertura di qualità rispetto a ciò che accade nel suo bacino di riferimento. Non un mero “dare notizie” ma verificarne il fondamento, decodificarle, senza essere megafono di nessuno ma dando voce a tutti. Ed in questo, in un mondo che si muove ad una velocità elevatissima, internet diventa una necessità ed una opportunità. Il recente, radicale restyling di www.tarantobuonasera.it va nella direzione di una informazione senza confini, che viaggia veloce, aggiornata in tempo reale, graficamente gradevole - e con una stella polare da seguire. Quale? Non si rincorre il clickbaiting, perchè il lettore non è stupido e va rispettato. Il web non è un far west, un giornale è un giornale e il patto tra chi il giornale lo fa e chi il giornale lo legge non si può tradire. Si può fare vera informazione anche su internet.
Gli italiani cercano “indipendenza e qualità”, si legge nel Rapporto sulla Comunicazione del Censis. «Oggi l’informazione è fortemente polarizzata a seconda dei media prediletti: da una parte, la preferenza per i media mainstream appartiene al profilo di un utente che apprezza un tipo di informazione professionale e autorevole; dall’altra troviamo persone che gradiscono un modo di informare più diretto e libero da condizionamenti, anche se non esente da qualche rischio. Tra quanti non si fidano dei grandi media troviamo sicuramente chi ritiene che siano condizionati dalla politica. A questi si aggiunge il 72,3% per i quali l’informazione dei grandi media è distorta da interessi economici.
A menzionare i possibili pericoli per la democrazia è una percentuale che va ben oltre la metà, con il 68,0%. Sebbene sia una minoranza, è pur sempre quasi la metà (il 48,1%) che ammette di fidarsi solo delle informazioni diffuse da soggetti non appartenenti ai grandi media. All’estremità della linea che delimita la preferenza per i nuovi media troviamo quanti sostengono che sia un bene che oggi grazie a internet e ai social network chiunque possa produrre informazione (47,6%), accettando il rischio di imbattersi in possibili fake news. Dall’altro lato di questa linea di demarcazione immaginaria tra nuovi media e media tradizionali, quasi i tre quarti dichiarano (il 74,6%) che l’informazione di qualità è costosa perché richiede la verifica dei fatti e delle fonti che solo giornalisti professionisti possono fare. A un’incollatura (73,4%) troviamo quanti sostengono che le opinioni degli esperti sono importanti per l’interpretazione delle notizie, perché consentono di capire meglio il senso degli avvenimenti. Sono in tanti a ritenere che sia ormai difficile distinguere le notizie vere dall’informazione falsa e dalla propaganda (il 72,6%). Che tante notizie possano creare confusione e non aiutare ad orientarsi nella vita quotidiana è un’opinione condivisa dal 67,5%, mentre il 56,7% è convinto che la responsabilità degli editori sia una garanzia per i cittadini, ai fini della veridicità dei contenuti da pubblicare».
Ma da Rapporto emerge tra gli altri un dato molto interessante, e cioè la crescita della tv via internet. Una sfida da cogliere: e Buonasera Tv, sezione dedicata sul nostro sito, è lì a confermarlo, con interviste e servizi. L’analisi del sistema dei media che viene proposta nel 19° Rapporto sulla comunicazione evidenzia che, nell’era biomediatica, alcuni mezzi sono in grado di raccogliere intorno a sé un vasto pubblico e di rispondere alle diverse preferenze ed esigenze comunicative di ciascuno. Riguardo alla televisione, nel 2023 a guardarla è complessivamente il 95,9% degli italiani (+0,8%). La percentuale dell’utenza è la somma di più componenti: la stabilità del numero di telespettatori della tv tradizionale (il digitale terrestre: +0,9% rispetto al 2022), una lieve crescita della tv satellitare (+2,1%), il continuo rialzo della tv via internet (web tv e smart tv passano al 56,1% di utenza, ovvero oltre la metà della popolazione, con un +3,3% in un anno) e il boom della mobile tv, che è passata dall’1,0% di spettatori nel 2007 al 33,6% di oggi (più di un terzo degli italiani).
I telegiornali, pur mantenendo la posizione di testa della graduatoria dei media attraverso i quali gli italiani si informano, passano dal 51,2% al 48,3% dell’utenza (con una perdita nell’ultimo anno di quasi 3 punti percentuali e il 10,8% in meno rispetto al 2019) Tra il 2022 e il 2023 si registra un consolidamento dell’impiego di internet da parte degli italiani (l’89,1% di utenza, con una differenza positiva di 1,1 punti percentuali), e si evidenzia una sovrapposizione quasi perfetta con quanti utilizzano gli smartphone (l’88,2%) e molto prossima a quanti sono gli utilizzatori di social network (82,0%). Tra quanti si informano tramite lo smartphone (cioè, l’83,7% degli utenti), troviamo effettivamente chi lo usa come uno strumento da consultare “al volo” quando si è fuori casa e non si ha a disposizione un pc, ma c’è anche chi lo considera, malgrado le dimensioni, come un qualunque altro device. Tra i primi troviamo il 37,9% degli utenti che preferisce effettuare una ricerca mirata; il 28,2%, invece, lo sfrutta a tutto tondo per avere un’informazione esaustiva senza badare alle dimensioni, e quindi si suppone che legga un po’ di più. D’altra parte, una bella percentuale di utenti legge sullo smartphone interi articoli (il 25,4%) e solo il 13,2% si limita ai titoli come si fa quando si ha un approccio selettivo perché si ha fretta e le fonti sono tante. Per i media a stampa, invece, sembra accentuarsi ulteriormente la crisi ormai storica, a cominciare dai quotidiani cartacei venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridottisi al 22,0% nel 2023 (con una differenza pari a -3,4% in un anno e a -45,0% in quindici anni). Si registra ancora una limatura dei lettori dei settimanali (-1,7%) e dei mensili (-2,8%). Anche gli utenti dei quotidiani online diminuiscono al 30,5% degli italiani (-2,5% in un anno), mentre sono stabili quanti utilizzano i siti web d’informazione (il 58,1% come già nel 2022, ma cresciuti del 21,6% dal 2011).
Ma, come detto, spetta ai giornali il compito di intercettare la voglia di cambiamento, con formule nuove ed innovative, senza timore di sperimentare, ed offrendo un prodotto di qualità sotto tutti i punti di vista: bello da leggere e da sfogliare. In questo senso, è utile citare il dato che riguarda i libri, che dei giornali sono per certi versi i fratelli maggiori. Gli italiani che leggono libri cartacei sono il 45,8% del totale il che vuol dire +3,1% rispetto allo scorso anno e -13,6% rispetto al 2007. Una caduta che sembra essersi interrotta, allora. Spunta un primo raggio di sole, per quanto timido, dopo il diluvio. Altro elemento da tenere in considerazione: la ripresa non riguarda i lettori di e-book, che non si sbloccano, rimanendo stabili al 12,7% (-0,6%). Ma fare informazione vuole dire fare informazione nel modo giusto. E il modo giusto presuppone parole giuste. L’attenzione al modo in cui deve essere usato il linguaggio per evitare di creare disagio alle persone ha portato alla nascita del politically correct.
Il 76,9% della popolazione è favorevole a una regolamentazione del linguaggio dei media quando si parla dell’aspetto fisico delle persone, il 74,0% nel caso di differenze religiose e di genere, il 73,7% quando si tratta di orientamento sessuale, il 72,6% se è coinvolta l’identità di genere, il 72,5% in rapporto alle differenze etniche e culturali. Inoltre, per il 75,8% della popolazione i media non dovrebbero mai usare espressioni che da alcune categorie di persone possono essere ritenute offensive o discriminatorie. Ben diversa la situazione quando si esce dal mondo dei media e si passa alla vita quotidiana: il 69,3% degli italiani risulta infastidito dal fatto che ci sia sempre qualcuno che si offende se si pronuncia qualche frase ritenuta inopportuna. Parlando dei giovani, dominano YouTube e Instagram. Nella fascia 14-29 anni si registra un consolidamento nell’impiego delle piattaforme online. Il 93,0% utilizza WhatsApp, il 79,3% YouTube, il 72,9% Instagram, il 56,5% TikTok. In lieve flessione tra gli under 30, oltre a Facebook (passato dal 51,4% del 2022 al 50,3%), anche Spotify (dal 51,8% al 49,6%) e Twitter (dal 20,1% al 17,2%). Colpisce la discesa di due piattaforme partite bene ma che nel tempo hanno arrestato la loro corsa: Telegram (passato dal 37,2% del 2022 al 26,3%) e Snapchat (dal 23,3% all’11,4%). La spesa delle famiglie, ad ogni buon conto, premia i dispositivi digitali.
L’andamento della spesa delle famiglie per i consumi mediatici tra il 2007 (l’ultimo anno prima della grande crisi economica e finanziaria internazionale scoppiata nel 2008) e il 2022 evidenzia come, mentre il valore dei consumi complessivi ha subito una drastica flessione, senza ancora ritornare ai livelli antecedenti il 2008 (ancora -2,3% in termini reali è il bilancio alla fine del 2022), la spesa per l’acquisto di telefoni ed equipaggiamento telefonico ha segnato anno dopo anno un vero e proprio boom, di fatto moltiplicando il valore per più di otto volte in quindici anni (+727,9% nell’intero periodo, per un ammontare che supera gli 8,7 miliardi di euro), quella dedicata all’acquisto di computer, audiovisivi e accessori ha conosciuto un rialzo rilevantissimo (+215,8%), mentre i servizi di telefonia e traffico dati hanno conosciuto un assestamento verso il basso per effetto di un radicale riequilibrio tariffario (-26,9%, per un valore comunque prossimo a 13,6 miliardi di euro sborsati dalle famiglie italiane nell’ultimo anno) e, infine, la spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio crollo: complessivamente -38,2%.
Sul versante dei media digitali si evidenzia l’ulteriore calo di Facebook che passa dal 35,2% del 2022 al 29,7% (-5,5%); l’ascesa dei motori di ricerca, il mezzo d’informazione più cresciuto nell’ultimo anno (+6,2%) con il 29,6% delle preferenze e una crescita positiva sin dal 2019 (8,9%). Quindi, arriviamo ad un tema divisivo: l’Intelligenza Artificiale. Se ne parla molto, non tanto per i suoi impieghi, quanto per gli effetti che potrà avere nel futuro. Infatti, il 74,0% degli italiani ritiene che i suoi sviluppi siano al momento imprevedibili. In percentuali pressoché analoghe vengono espressi giudizi sia ottimistici che pessimistici sugli effetti che l’Intelligenza Artificiale potrà produrre. Tra gli ottimisti, il 73,2% pensa che le macchine non potranno mai sviluppare una vera forma di intelligenza come gli umani, tra i pessimisti si colloca il 63,9% che teme che sarà la fine dell’empatia umana. Allarmisti anche quanti credono che aumenteranno le notizie non verificabili, di conseguenza non sapremo più distinguere il vero dal falso, con grandi rischi per le democrazie (68,3%) e quanti pensano che sarà la fine della privacy dei cittadini perché saremo tutti controllati dagli algoritmi (66,3%).
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