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Il Siderurgico

«Afo/2 si spegne, così lo stabilimento rischia la chiusura»

L'allarme lanciato dalla Fiom Cgil

Altoforno 2

Altoforno 2

«In queste ore ci giungono notizie dagli stabilimenti e dal sito di Taranto che ci confermano quanto la già grave situazione stia degenerando. Se fossero confermate le voci che ci giungono da Taranto, della fermata di Afo/2, ciò metterebbe seriamente a rischio la sicurezza dei lavoratori e degli impianti stessi determinando una chiusura definitiva dello stabilimento siderurgico».

E' la Fiom nazionale, in una nota, a lanciare un nuovo allarme sull'ex Ilva. «Non si conoscono ancora le ragioni di questa scelta, ma è del tutto evidente che potrebbe apparire come l’ennesima arma ricattatoria nei confronti di un governo incapace di determinare le scelte strategiche sia sul futuro della siderurgia che della transizione ecologica e sociale. L’eventuale scelta della fermata dell’altoforno 2, per un periodo di 8 giorni o di 2 settimane, avrebbe serie ripercussioni sul ciclo produttivo e sullo stato già precario degli impianti».

L'ex Ilva, oggi Acciaierie d'Italia

I metalmeccanici della Cgil aggiungono che «l’azienda ha introdotto unilateralmente un premio sulla riduzione degli infortuni di 100 euro a dipendente con erogazione a febbraio e misurato su dicembre, nei fatti confermando che la sicurezza e la salute sono legate ai comportamenti dei lavoratori e non agli investimenti. Tra l’altro lettera che a nostro avviso è palesemente sbagliata nei termini e nelle scadenze. Tutto ciò avviene nel momento in cui si stanno decidendo le sorti del gruppo che potrebbe fermarsi da un momento all’altro. Altro che arrivare a febbraio! L’azienda e il Governo sappiano che la Fiom e i lavoratori diffidano formalmente la direzione dal prendere decisioni che mettano a rischio la salute e sicurezza dei lavoratori, dell’ambiente e degli impianti. La Fiom, i lavoratori e le altre organizzazioni sindacali difenderanno i siti e le strutture materiali aziendali, in qualsiasi modo, anche a tutela dell’ambiente e dei cittadini dei siti dove esistono gli impianti. Tuteleremo in qualsiasi modo i lavoratori che decideranno di non rispondere ai comandi aziendali che mettano a rischio la salute, gli impianti e l’ambiente».

La Fim: «Fermare la catastrofe»

Roberto Benaglia

«Non vogliamo le catastrofi che sta producendo la gestione attualmente in campo. I lavoratori vanno ascoltati, non possono essere lasciati nell’incertezza, perché ci sono decine di migliaia di posti di lavoro in ballo». È quanto dichiarato stamattina dal segretario generale della Fim Cisl Roberto Benaglia in collegamento con la trasmissione Mattino Norba, dopo la lettera, con richiesta di convocazione, inviata al Governo Meloni nella giornata di ieri da Fim, Fiom e Uilm.

«Abbiamo bisogno che non capiti il peggio, cioè lo spegnimento degli Altiforni e la messa in liquidazione delle ex Ilva, che sarebbe una tragedia sociale, economica, produttiva e occupazionale, soprattutto per Taranto, ma non solo», ha spiegato Benaglia. «Il 2023 – ha aggiunto - è già stato l’anno peggiore per il siderurgico di Taranto, con la più bassa produzione, con zero investimenti e con tanta cassa integrazione. Da mesi chiediamo al Governo di rinegoziare i patti e di ridare una prospettiva; la decarbonizzazione va bene, ma è fra 10 anni».

Per il leader della Fim, «bisogna far sopravvivere bene il siderurgico e invece in queste ore e in queste giornate abbiamo visto due cose: i Mittal non rispondono a nessun patto di collaborazione positiva mettendoci dei soldi per rilanciare l’azienda. Non è possibile lasciare andare l’azienda al disastro senza liquidità, come l’amministratrice delegata Morselli sta facendo senza pagare più nessuno; e non possiamo più contare su dei Mittal che è il primo gruppo mondiale ma che di Taranto non vuole più occuparsene. A questo punto il Governo deve mettere in campo un piano di sicurezza assoluta, esercitare come già previsto dai decreti l’opzione di conversione dei 680 milioni nel capitale, mettere in sicurezza il governo della società e trovare poi nel tempo la possibilità di individuare dei soggetti privati. Ma va fatto in queste ore. Noi abbiamo scritto ieri nuovamente alla presidente Giorgia Meloni un forte appello, perché l’assemblea dei soci fissata per il 6 dicembre, non sia una nuova occasione in cui tutti alzino le mani». 

Ex Ilva ancora in crisi

Poi l’appello di Benaglia alle istituzioni locali Regione Puglia e Comune di Taranto perchè, «al contrario di quanto avvenuto in questi anni, si schierino dalla parte del sindacato subito, perché le istituzioni locali non possono assistere a quanto sta capitando e devono mettersi in gioco con noi per salvare il sito di Taranto puntando sul suo rilancio e non su accordi di programma che ne determinino la chiusura».

Navi ferme in rada

Intanto a Taranto, fuori dal perimetro di Acciaierie d’Italia, ci sono una decina di navi ferme in rada che, per motivi economici, non possono completare le operazioni di scarico delle materie prime. Notizia, quest’ultima, resa nota dal segretario nazionale Valerio D’Alò che, proprio nelle ultime ore, ha denunciato la fermata dell’Altoforno 2 nello stabilimento di Taranto. Un altro impianto importante che si ferma dopo l’Altoforno 1 e l’Acciaieria 1, già fermi dallo scorso agosto. «In questa situazione di incertezza, che mette a repentaglio il futuro dei lavoratori e del territorio Tarantino, sia in termini occupazionali che ambientali, abbiamo chiesto, attraverso la struttura territoriale, ad Acciaierie d’Italia di essere subito convocati, perché si va incontro a ripercussioni impattanti. In questo modo rimarrebbe attivo solo l’Altoforno 4. E se questo dovesse produrre ghisa non buona – ha ribadito D’Alò - non abbiamo dove miscelarla, perché non abbiamo la macchina a colare, e rischiamo il blocco dello stabilimento».

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