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IL LIBRO

La saga criminale dei fratelli Modeo

Nel libro di Ghizzardi e Guastella, “Taranto tra pistole e ciminiere, ieri e oggi” , la storia della guerra di mala e l’intervista a Gianfranco Modeo

Omicidio Aldo Basile (Ponte Punta Penna - 05.04.91)

Omicidio Aldo Basile (Ponte Punta Penna - 05.04.91)

Venerdì 1 dicembre, alle 17.30, nel Salone degli Specchi di Palazzo di Città, sarà presentato il volume “Taranto tra pistole e ciminiere, ieri e oggi” (I libri di Icaro), di Nicolangelo Ghizzardi e Arturo Guastella. Con gli autori dialogheranno Pina Montanaro, Procuratore del Tribunale dei Minori, Eugenia Pontassuglia, Procuratore Capo della Repubblica.

Interverranno: Emanuele di Palma, presidente della Bcc di San Marzano di San Giuseppe, Enzo Di Gregorio, consigliere comunale e regionale. Saluti istituzionali del sindaco Rinaldo Melucci. Introduce i lavori il direttore della Gazzetta del Mezzogiorno, Mimmo Mazza.

La copertina del libro

                                                                                  

Torna a distanza di alcuni anni, dodici per la precisione, il libro nel quale è raccontata la saga criminale dei fratelli Modeo e della barbarie che si abbattè su Taranto a cavallo tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta. Una guerra bestiale che vide contrapposti i clan che si contendevano il territorio. Una guerra sanguinosa che costò la vita ad oltre un centinaio di persone, alcune purtroppo completamente estranee alle dinamiche criminali, vittime colpevoli di essersi trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato.

A raccontare quella stagione di sangue sono Nicolangelo Ghizzardi e Arturo Guastella. Il primo, magistrato ora in pensione, in quegli anni si ritrovò in trincea a combattere la criminalità con la forza della toga che indossava. Una forza, quella delle istituzioni, alla lunga rivelatasi vincente. Il secondo, giornalista, quella guerra la visse e la raccontò dalla sua postazione di cronista dei fatti della città.

Cosa cambia in questa nuova edizione del libro? Innanzitutto, il tempo trascorso e il vissuto della Taranto del nuovo millennio consente di mettere meglio a fuoco le dinamiche che hanno condizionato lo sviluppo della città. Con i suoi grandi punti di riferimento economici, come Ilva e Marina Militare, che purtroppo non sono rimasti impermeabili all’aggressione del malaffare. Un malaffare che ha travolto anche enti come Comune e Provincia, senza tacere che ombre si sono addensate persino su alcune vicende del Palazzo di Giustizia. Proprio nei giorni scorsi, il nuovo Procuratore della Repubblica, Eugenia Pontassuglia, indicava la pericolosa compenetrazione tra taluni interessi imprenditoriali e attività criminali. Una cointeressenza certamente più silenziosa rispetto a quella terrificante esplosione di violenza di quella fine di secolo scorso, ma che sta ad indicare l’irrequietezza di un territorio che ha la quotidiana necessità di tenere alta la guardia. Ma c’è un’altra, per certi aspetti sorprendente, novità, in questa nuova edizione del libro: l’intervista all’unico sopravvissuto dei fratelli Modeo: Gianfranco, l’uomo che da boss si fece collaboratore di giustizia. Vuoi per salvare moglie e figlia da quella insaziabile piovra che è la mafia, vuoi per strappare quella libertà che gli sarebbe stata negata senza collaborazione.

Oggi Gianfranco Modeo è un libero cittadino, vive nell’anonimato in una località lontana da Taranto, e da spregiudicato criminale, attraverso i percorsi rieducativi in carcere, si è trasformato in uno chef dedito alla cucina.

Nell’inedita intervista, Modeo racconta la genesi della sua carriera nel mondo del crimine: il rapporto con il fratellastro Antonio detto il Messicano, la spietata caratura del fratello Riccardo, le intemperanze del più piccolo dei fratelli, Claudio, le cui incontrollate esuberanze, a detta di Gianfranco, avrebbero scatenato la guerra fratricida. Ma soprattutto, Gianfranco Modeo offre una lettura tanto originale quanto spiazzante di quel che accadde in quegli anni: «Abbiamo salvato Taranto», afferma senza timore di apparire surreale. Taranto salvata dall’aggressione delle altre mafie: la Sacra Corona Unita, la Camorra, la ‘Ndrangheta.

L’esercito dei Modeo possedeva una forza militare tale da incutere paura a chiunque avesse avuto mire sul territorio di questa provincia. Ma proprio quella stagione di fuoco e di sangue, tutt’altro che essere una pagina eroica, resta il simbolo più cruento e più primitivo di una città che troppo spesso rivela le sue antropologiche e infauste debolezze.

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