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CONTROVERSO
07 Aprile 2025 - 06:00
"Poesia del Giorno" è un'estensione della rubrica settimanale "controVerso" dedicata alla poesia. Nasce per dare spazio alla vostra fantasia e ai vostri versi ispirati dalla quotidianità o dai vostri stati d'animo. Si è quindi deciso di pubblicare, in questo appuntamento giornaliero, le più belle poesie che vorrete inviare.
Chi fosse interessato a vedere un proprio componimento poetico pubblicato nella apposita sezione sul sito web Buonasera24.it e sui canali social della testata, dovrà:
Ogni giorno alle ore 9.00 una poesia, tra quelle più significative, sarà scelta, pubblicata e recensita, esclusivamente online, in questa rubrica.
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La Poesia del Giorno, di lunedì 7 aprile 2025, è:
TACCIONO I GABBIANI
di BARBARA BARDUCCO di Rivarossa (TO)
Le mie lacrime sono diventate mare
cavalcano i flutti i miei capelli
e sopra io scoglio
che graffia la mia pelle
tacciono i gabbiani
ed io affondo
eppure mi sento libero davvero
e mentre le mie membra si mischiano col sale
il mio spirito si libra verso il cielo
e sale...
ora lascio a voi
i resti della mia esistenza
una scarpa, una giacca, il mio corpo riverso
e a me
che non sono perso
l'essenza
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Recensione
Un testo di struggente intensità, in cui il dolore personale si fa voce collettiva, memoria, denuncia e spiritualità. Ispirata al naufragio di Cutro, la poesia dà parola a una delle vittime, immaginando un monologo lirico che si muove tra la drammaticità del momento e una sorprendente quiete interiore.
Le immagini marine – il mare, i flutti, lo scoglio, il sale – diventano simboli di una trasformazione: il corpo affonda, ma lo spirito si eleva. Il dolore fisico è evocato con delicatezza ma anche con crudezza (“lo scoglio che graffia la mia pelle”), eppure la voce poetica non cede alla disperazione. C’è una forma di libertà, quasi paradossale, che si manifesta proprio nell’atto della morte: “Eppure mi sento libero davvero”.
Il silenzio dei gabbiani, che dà il titolo al componimento, è un’immagine potentissima: il mondo naturale si ferma, ammutolisce, di fronte alla tragedia umana. È un silenzio che urla, che denuncia, che pretende ascolto.
Nell’ultima parte, la poesia di Barbara Barducco raggiunge il suo apice emotivo: l’inventario degli oggetti lasciati sulla riva (“una scarpa, una giacca, il mio corpo riverso”) non è solo un elenco commovente, ma diventa metafora dell’identità spezzata, della vita negata.
Tuttavia, l’autrice chiude con un’affermazione di valore e di speranza: “a me / che non sono perso / L’Essenza”. La morte non è annientamento, ma passaggio; ciò che resta è l’essenza, ciò che rende un essere umano irriducibile, anche nella tragedia. Una poesia breve ma intensa, che riesce a commuovere senza retorica, a sollevare domande profonde con parole semplici, e che invita il lettore a non dimenticare.
Commenti all'articolo
bmarfe
08 Aprile 2025 - 10:09
La poesia evoca una libertà paradossale nella morte, con un io che si dissolve nel mare ma ascende spiritualmente. Il silenzio dei gabbiani contrasta con il desiderio di elevazione dell'uomo, differente dal Gabbiano Livingstone di Bach, che ricerca attivamente la perfezione del volo e la libertà nella vita, non nella sua fine. Qui, la libertà è trovata nell'abbandono, non nella conquista.
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