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CONTROVERSO

Poesia del Giorno

"Il dolore di un uomo" di Giovanni Caldarone

Poesia del Giorno

"Poesia del Giorno" è un'estensione della rubrica settimanale "controVerso" dedicata alla poesia. Nasce per dare spazio alla vostra fantasia e ai vostri versi ispirati dalla quotidianità o dai vostri stati d'animo. Si è quindi deciso di pubblicare, in questo appuntamento giornaliero, le più belle poesie che vorrete inviare.

Chi fosse interessato a vedere un proprio componimento poetico pubblicato nella apposita sezione sul sito web Buonasera24.it e sui canali social della testata, dovrà:

  1. Seguire le pagine dei profili social di Buonasera: su Facebook e Instagram;
  2. Inviare una mail a controverso2019@gmail.com con il proprio nome, cognome, luogo di residenza e dichiarando nel testo della mail la paternità dell'opera. La poesia non dovrà superare i 30 versi.

Ogni giorno alle ore 9.00 una poesia, tra quelle più significative, sarà scelta, pubblicata e recensita, esclusivamente online, in questa rubrica. 

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La Poesia del Giorno, di sabato 1 marzo 2025, è:

    IL DOLORE DI UN UOMO

    di GIOVANNI CALDARONE di Torino

    Non ho più terra per il mio albero
    non ho più patria per il mio orgoglio
    né sole che mi scaldi
    né luna che rischiari le notti di terrore.
    Non ho più lacrime
    consumate sui feretri
    di mille e mille sacrifici
    di ignari innocenti,
    non ho più orgoglio di patria
    vago per terre senza mete
    per salvare la mia vita
    dalla ferocia dell'odio
    e dal fragore delle armi.
    Cosa c'entro io con il vostro odio?
    L'odio che provate è solo vostro,
    Io lavoravo la terra.
    Cosa c’entro io con il vostro odio,
    io vivevo in pace.
    Cosa c’entro con il vostro odio,
    il vostro odio ha distrutto il futuro
    confuso le menti
    ha sparso terrore e morte
    tra chi non c’entra nulla.
    Continuate la carneficina
    ma lasciateci la pace.

       

    Recensione

    Un grido di sofferenza e smarrimento, un viaggio nelle macerie interiori ed esteriori di chi si trova travolto da una guerra che non gli appartiene. Il poeta dà voce a un uomo sradicato, privato di ogni certezza: la terra, la patria, il calore del sole e la luce della luna diventano simboli di una sicurezza perduta, di un’esistenza che si sgretola sotto il peso della violenza.


    L'anafora di "non ho più" rafforza il senso di privazione, di un'esistenza ridotta a un’ombra che vaga senza meta. L’immagine delle lacrime consumate sui feretri di innocenti sottolinea l’inutilità della sofferenza inflitta a chi non ha colpe. Il poeta ribadisce con forza l’assurdità dell’odio, una furia distruttiva che colpisce indiscriminatamente, lasciando solo macerie e disperazione.


    La ripetizione insistente della domanda "Cosa c’entro io con il vostro odio?" rappresenta un'accusa e al tempo stesso una supplica: l’uomo in fuga non è un nemico, ma una vittima che chiede solo di poter vivere in pace. Il contrasto tra il suo passato da lavoratore della terra e il presente dominato dalla distruzione evidenzia il dramma di chi vede la propria vita stravolta senza un motivo.


    Il verso finale è un ultimo, disperato appello: se la violenza deve continuare, almeno lasci che chi non ha colpe possa sottrarsi al massacro. Con parole semplici ma potenti, Giovanni Caldarone dipinge un quadro di dolore universale, in cui la voce di un singolo diventa il grido di tutti coloro che, senza colpa, subiscono la barbarie della guerra.


    L'intera poesia è attraversata da un profondo senso di ingiustizia, che emerge attraverso immagini di distruzione e disperazione. Il poeta non si limita a descrivere il dolore, ma lo rende tangibile attraverso una struttura ritmica che amplifica il senso di impotenza. L'assenza di una risposta concreta nel testo sottolinea l’indifferenza del mondo, lasciando il lettore con una domanda sospesa: fino a quando l'odio potrà decidere il destino di chi vuole solo vivere?

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