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rubrica poetica

Controverso

Le poesie scelte sono di Roberta Mormando, Luciana Latini e Annamaria Farricelli

Controverso

La rubrica settimanale "controVerso" è dedicata alla poesia. Nasce per dare spazio alla vostra fantasia e ai vostri versi ispirati dalla quotidianità o dai vostri stati d'animo. Si è deciso di raccogliere in questa pagina le più belle poesie che di volta in volta vorrete inviare. 

Chi fosse interessato a vedere un proprio componimento poetico pubblicato sul quotidiano Buonasera in edizione cartacea, digitale e online nella apposita sezione, dovrà:

  1. Seguire le pagine dei profili social di Buonasera24: su Facebook e Instagram;
  2. Inviare una mail a controverso2019@gmail.com con il proprio nome, cognome, luogo di residenza e dichiarando nel testo della mail la paternità dell'opera. La poesia non dovrà superare i 20 versi.

Ogni settimana tre poesie, tra quelle più significative, saranno scelte, recensite e pubblicate nella rubrica "controVerso" sull'edizione cartacea e digitale del sabato e visibili online la domenica mattina dalle ore 9:00.

Altre, invece, verranno selezionate e pubblicate esclusivamente online come "Poesia del Giorno" sul sito web di Buonasera24.it e sui canali social. 

Le tre poesie pubblicate sabato 19 ottobre sono:

  • 22 marzo di Roberta Mormando di Crispiano (TA);
  • Scampolo d'estate di Luciana Latini di Maiolati Spontini (AN);
  • Facciamo finta che... di Annamaria Farricelli di Castellammare di Stabia (NA).

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22 MARZO

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Camminano
di cristallo le anime
e di fiato il soffio le fa cadere
esplode l'artificiere
coriandoli di carta dal tubo pusillanime
dalla vergogna incenerito
a futura e vana gloria aspira.
Crepano i passi
il ghiaccio sottile è lo strato
e l'occhio il nero
profondo che inghiotte ammira
l'appiombo dei sassi.
E cadono le sagome
birilli di un bowling al tritolo
l'urlo – al tonfo – del nome
indifferente il Dio dell'apostolo
al richiamo - o ignaro -
del sangue che germoglia dal seme
nemmeno prevede collassi.
Fantocci nelle mani di crudeli e giganti infanti.

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di Roberta Mormando di Crispiano (TA)

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Recensione


La poesia si presenta come una riflessione profonda sulla fragilità dell'esistenza umana e la brutalità del mondo. Con immagini incisive, l'autrice dipinge un paesaggio inquietante in cui le "anime" camminano su un terreno fragile, paragonato a "cristallo". Il contrasto tra bellezza e vulnerabilità emerge, suggerendo che esperienze apparentemente leggere, come i "coriandoli di carta", possono esplodere in modo distruttivo. La tensione cresce attraverso l’immagine del "ghiaccio sottile" e dell’"occhio nero profondo", simboli della precarietà della vita. I "birilli di un bowling al tritolo" esprimono impotenza di fronte alla violenza, mentre il "Dio dell'apostolo" diventa un simbolo di indifferenza verso la sofferenza. Roberta Mormando crea un effetto di disorientamento, rivelando la vulnerabilità dell'individuo in un mondo dominato da forze crudeli. Infine, le immagini dei "fantocci" nelle mani di "crudeli e giganti infanti" offrono una critica sociale, lasciando il lettore a riflettere sul proprio ruolo in una società insensibile e violenta.

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SCAMPOLO D'ESTATE

È colorato di giallo
lo scampolo d'estate,
esplode ancora
sotto l'azzurro cielo
dentro un giorno
senza storia.
Settembre passa
svuotato di rondini,
pensoso e schivo
urla il suo sogno
all'estate girata di schiena,
nei voli stanchi
delle mosche
e nei gialli incipienti
dei crochi selvaggi,
nello scricchiolio dei rami
e nell'aria satura di luce spuria.
Arriva Ottobre
con quella luce
che guida
verso casa.

di Luciana Latini di Maiolati Spontini (AN)

Recensione

I versi si presentano come un delicato affresco della transizione stagionale, in cui l'estate, simbolizzata dal "giallo" è un ricordo vivido che esplode sotto il cielo azzurro. L'immagine di un "giorno senza storia" suggerisce un tempo sospeso, un momento di bellezza che sfida la linearità del calendario. Settembre appare come un passaggio malinconico, "svuotato di rondini" mentre il poeta evoca l’inevitabilità del cambiamento attraverso il "sogno" di un’estate ormai lontana. Le descrizioni dei "voli stanchi delle mosche" e dei "gialli incipienti dei crochi selvaggi" creano un contrasto tra la vita che continua e la sensazione di una stagione che si esaurisce. L’"aria satura di luce spuria" trasmette un appesantimento, come se la bellezza estiva fosse destinata a sfumare. L'arrivo di Ottobre, con la sua "luce" che guida verso casa, segna una nuova fase, richiamando un senso di riflessione e accettazione. La poesia di Luciana Latini riesce a catturare la dolcezza e la nostalgia di un periodo che, pur essendo destinato a finire, continua a brillare nella memoria. 

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FACCIAMO FINTA CHE...

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Era il gioco del: "Facciamo finta che..."
che si faceva spazio nel mio corpo pelle e ossa.
Era l'altra metà che sfidava
la sorte, gli dei, le possibilità,
le cicatrici, l'innocenza negata.
Riappacificarsi con il vuoto dell'anima
non era possibile. Lo specchio
rimandava l'immagine di una donna
triste, monca, al cui corpo era stata
inflitta la peggiore delle pene:
non provare alcun piacere.
La sua carne era muta,
non chiedeva, non si lagnava.
Le voci del mondo arrivavano come
il canto delle sirene che ti sfracellavano
sulle rocce, impossibile competere con
quell'armonia. Sdraiata, immobile,
gli occhi chiusi, immersa in quella bolla
nel nulla, continuavo quel gioco:
"facciamo finta che...”.

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di Annamaria Farricelli di Castellammare di Stabia (NA)

Recensione

La poesia si snoda attorno al gioco infantile del "Facciamo finta che...", trasformandosi in un viaggio profondo all'interno del corpo e dell'anima. L'autrice evoca un dualismo tra il corpo, descritto come "pelle e ossa", e l'altra metà, simbolo di sogni e aspirazioni. Questa "altra metà" si confronta con la sorte e le cicatrici del passato, rivelando un conflitto con l'innocenza perduta. La lotta per riappacificarsi con il "vuoto dell'anima" emerge come un tema centrale, mentre lo specchio riflette un'immagine di tristezza. La donna, privata del piacere, diventa simbolo di una condizione esistenziale angosciosa, con una carne muta che non chiede aiuto. Le voci del mondo, paragonate al canto delle sirene, creano un contrasto tra la bellezza esterna e la sofferenza interiore. Sdraiata in una bolla di immobilità, l'autrice continua a ripetere il gioco, suggerendo un desiderio di evasione. Annamaria Farricelli trasforma un gioco in un'esplorazione profonda della condizione umana, invitando il lettore a riflettere sulla complessità delle emozioni e delle esperienze di vita.

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