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DRAMMA ROMANTICO
04 Dicembre 2025 - 06:01
Bovindo – racconti da leggere, autori da scoprire è la rubrica dedicata a chi desidera far conoscere la propria voce letteraria e condividere il piacere del racconto breve.
Ogni giorno, dal lunedì al venerdì, Bovindo propone un nuovo racconto, scelto tra autori esordienti e scrittori già affermati, offrendo ai lettori uno sguardo privilegiato sulla narrativa italiana contemporanea: una finestra luminosa da cui osservare il mondo attraverso tante piccole grandi storie.
Gli autori interessati possono inviare all’indirizzo bovindo2025@gmail.com il proprio racconto indicando nome, cognome, luogo di residenza e contatto telefonico. I testi, in lingua italiana e a tema libero, non dovranno superare le quattro pagine (formato A4, file Word). Sono ammessi racconti editi o inediti, senza limiti di genere. Per ulteriori informazioni: cellulare 327 1371380. Bovindo è uno spazio aperto e inclusivo, dove la scrittura respira, il talento si riconosce e ogni voce trova il suo lettore.
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Quel giorno sembrava proprio che il sole non volesse sorgere. La notte, lunga e fredda, era stata interminabile. La mente, sempre fissa a ricordare, vagava cercando di dare delle risposte, ma era impossibile, nonostante gli sforzi, dare un senso a tutto e, soprattutto, trovare una spiegazione plausibile a quello che era accaduto. Si sa che il male ha mille sfaccettature, ma quando ti sorprende ti lascia interdetto.
Da mesi ormai, Emanuele era tornato da Londra, dove aveva lavorato in un pub molto frequentato dall’élite della capitale. Era questo uno dei motivi per cui la sua città, quella che lo aveva visto bambino e poi studente serio e impegnato, gli stava ancora più stretta. Chiusa e provinciale l’aveva lasciata, e altrettanto gretta e bigotta l’aveva ritrovata.
Se ne era accorto già da quella gelida notte di fine ottobre, non appena aveva messo piede in quel ristorante elegante e di tendenza, aperto da poco sul corso. Una musica triste si diffondeva nella luce soffusa del locale. Pochi i tavoli prenotati, e si intuiva subito che l’ambiente era esclusivo. Gente piuttosto annoiata assaggiava distrattamente le portate raffinate e parlava a voce quasi impercettibile. La noia era predominante, così come quella musica che si trascinava stanca. Emanuele decise di rientrare a casa. Si sentiva sfinito, senza aver fatto nulla di che. Finì di bere il whisky ormai disgustoso, indossò il soprabito e… possibile? Dov’era stata finora? Finalmente un raggio di sole in quell’ambiente cupo: era lei, apparsa all’improvviso.
Ilaria era la ragazza che si occupava della contabilità del locale. Si era da pochi mesi laureata in Economia e quello era il suo primo impiego, che svolgeva con puntualità e serietà. Aveva finito il lavoro giornaliero ed era passata al ristorante per salutare alcuni amici che l’accolsero festosamente al loro tavolo. Emanuele dimenticò la stanchezza e ordinò da bere. Bicchiere in mano, tenuto distrattamente, guardava verso la ragazza tamburellando le dita sul tavolino. La noia era solo un ricordo. Salutati gli amici, Ilaria si diresse verso il parcheggio. Salì sulla sua vecchia Seicento e scomparve, quasi fagocitata dalla notte illune.
Fu una prova dura aspettare il giorno successivo. Emanuele cercava di impegnarsi in altro, ma incontrare Ilaria era il suo pensiero dominante. Le ore, però, non passavano mai. Sprofondò nel divano accogliente, cullato dalle dolci canzoni dei Beatles. Finalmente giunse la notte, presto come sempre in autunno. Spera tanto di poter rivedere Ilaria. Il parcheggio di fronte al locale è semivuoto. La Seicento sgangherata, però, è lì, sotto il lampione. Emanuele entra frettoloso, ordina un whisky e, con una scusa banale, chiede al barman della ragazza della 600 azzurra. L’imbarazzo è immenso quando Ilaria, splendida nel suo vestito verde, gli chiede cosa desidera. Balbetta qualche frase incomprensibile e conclude invitandola a bere qualcosa insieme.
Al tavolo discutono di tutto. Lui la guarda con interesse, lei lo studia con malcelata trascuratezza. Parlano per ore e, senza rendersene conto, si trovano nel monolocale di lui, dove continuano a bere un drink dopo un leggero spuntino. «Adesso vado, Emanuele. Si è fatto troppo tardi e domani ho una giornata piena di impegni! Ci vediamo domani pomeriggio e andiamo nella mia casetta in montagna. Buonanotte!». La nottata fu infinita. La mattinata passò tra un impegno e l’altro e, finalmente, Emanuele si ritrovò a casa di Ilaria.
L’appartamento era ben arredato, il giardino curato: tutto rispecchiava la personalità di lei. Si trovarono improvvisamente abbracciati e la loro stagione dell’amore scoppiò. Giorni di sogno, da ricordare per la dolcezza che li connotava. Erano felici di incontrarsi, di sentirsi complici nel vedere ogni giorno ingigantire il sentimento che li univa. Ma i sogni, spesso, sono fragili.
Pioveva a dirotto quel pomeriggio uggioso. Ilaria, sulla poltrona, piangeva accoratamente. Beveva le sue lacrime, mentre Emanuele era diventato terreo. Non riusciva a capire il motivo di quella decisione improvvisa. Non poteva giustificare che Ilaria stesse per distruggere tutto l’incanto di quei giorni pieni d’amore. No, non poteva più continuare ad amarlo, ma non sapeva come giustificare quella decisione, se mai giustificazione si potesse trovare.
Un mistero? No. Ad ostacolare irrimediabilmente il loro rapporto, l’interferenza di Alessio, quasi promesso sposo della ragazza, da lei abbandonato pochi giorni prima di un matrimonio nato non per amore, ma per solo interesse. Ilaria era stata sempre leale: aveva parlato chiaro ad Alessio e, soprattutto, al padre di lui. Era stata una disavventura, lei ne era convinta. Egidio, no. La decisione di Ilaria era uno scacco per il figlio, ma anche — e soprattutto — per lui. Vedeva quell’episodio come una macchia indelebile nella sua vita di boss, il cui solo nome terrorizzava la gente della città e dell’hinterland.
I giorni seguenti furono drammatici per Ilaria. Era continuamente minacciata. Egidio, capo dei capi, aveva parlato chiaro: non sopportava quella situazione che viveva come un’offesa personale. Il telefono della giovane squillava, ma al momento di rispondere nessuna voce, solo qualche grido gutturale. Quella sera prese la decisione e stabilì di parlare chiaro con Emanuele. Finalmente si sentiva libera. «Non ti preoccupare, amore. Domani mattina farò solo qualche ora di lavoro e scapperò da te. Avrò già pronta la valigia. Partiremo di nascosto. Non voglio che nessuno, nemmeno il più potente della città, ci crei ostacoli. Il nostro amore è più forte di qualsiasi impedimento ci venga imposto. Buonanotte, amore mio. Aspettami: daremo nuova vita al nostro amore. Un bacio».
La notte la trascorse insonne. Ilaria preparò meticolosamente la valigia, non trascurando nulla. Era determinata. Doveva cambiare città. Non poteva vivere una vita da persona soggiogata, succube di violenze e soprusi. Alle otto e trenta, come tutte le mattine, si avviò in ufficio. Era come se stesse fuggendo da se stessa. «Pronto, amore? Fra poco sarò da te e avremo modo di parlare e chiarire ogni cosa. Tranquillo! Devi avere una sola certezza: il mio grande amore per te!».
Quella mattina la pioggia insistente e irritante cadeva con violenza sulla strada. Stranamente un po’ di nebbia la rendeva impraticabile. All’improvviso, mentre Ilaria percorreva la variante per raggiungere la casa di Emanuele, un boato fece tremare i vetri dei negozi vicini. E poi il silenzio della morte rese ancora più buia quella triste mattina di inizio inverno. Emanuele non saprà mai il dramma di Ilaria, una giovane donna che per amore ha visto svanire la sua vita nel vento.

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Testata: Buonasera
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