Cerca

Cerca

INTIMISTA

Latte caldo e brioche al pistacchio

di Stefano Minari da Parma

Bovindo

Bovindo – racconti da leggere, autori da scoprire è la rubrica dedicata a chi desidera far conoscere la propria voce letteraria e condividere il piacere del racconto breve.
Ogni giorno, dal lunedì al venerdì, Bovindo propone un nuovo racconto, scelto tra autori esordienti e scrittori già affermati, offrendo ai lettori uno sguardo privilegiato sulla narrativa italiana contemporanea: una finestra luminosa da cui osservare il mondo attraverso tante piccole grandi storie.
Gli autori interessati possono inviare all’indirizzo bovindo2025@gmail.com il proprio racconto indicando nome, cognome, luogo di residenza e contatto telefonico. I testi, in lingua italiana e a tema libero, non dovranno superare le quattro pagine (formato A4, file Word). Sono ammessi racconti editi o inediti, senza limiti di genere. Per ulteriori informazioni: cellulare 327 1371380. Bovindo è uno spazio aperto e inclusivo, dove la scrittura respira, il talento si riconosce e ogni voce trova il suo lettore.


Latte caldo e brioche al pistacchio

di Stefano Minari

k

«Ciao Giorgio, io vado. Torno presto.»
«OK. Salutamelo. E digli che inizio a essere un po’ geloso!»
Mina scelse con cura dallo scaffale un libro che al signor Piero avrebbe di sicuro strappato un sorriso, lo infilò nello zaino insieme a due piccole cose, che erano diventate la consuetudine dolce di quelle domeniche mattina d’estate, e si mise a cavallo della sua bici da corsa, diretta verso l’ospedale. Avrebbe dato chissà cosa per rivedere presto il vecchio libraio sulla porta d’ingresso del bar, dove lei e Giorgio lo aspettavano ogni volta dietro al bancone, curiosi di sapere con quale meraviglia li avrebbe stupiti quel giorno.
Stessa ora, stesso tavolo, stessa ordinazione. Da anni. Perlomeno, da quando gli acciacchi avevano reso impossibile a Piero continuare a gestire la libreria del corso, il covo degli appassionati della parola stampata. Quella vera, quella che resta impressa nel pensiero esattamente come lei è impressa sulla carta. Con suo dispiacere, tante librerie si stavano inventando nuovi modi strambi di attirare i clienti, diventando dei mezzi fast food, dove il profumo della carta fresca di stampa si confonde con l’odore di bruciaticcio dei toast dimenticati sulla piastra e libri, pizzette e focacce diventano un tutt’uno, in un miscuglio aromatico degno del suk di Marrakech.
Lui invece aveva accettato la proposta di Mina e Giorgio con entusiasmo. E sorpresa. Era così strano trovare due giovani ancora appassionati di poesia, per cui era rimasto a bocca aperta quando si erano presentati da lui a chiedere un consiglio per allestire il loro “bar letterario”, un posto speciale dove gustare un caffè o un buon tè coi biscotti e contemporaneamente ascoltare un racconto o una pagina di versi. E sarebbero stati gli stessi clienti a doversi alzare, scegliere un libro dalle pareti e regalare agli altri la cosa più preziosa: qualche minuto del proprio tempo.
«Un’idea romantica, ma assolutamente folle» aveva pensato subito. «Ormai la gente beve il cappuccino direttamente dal cellulare, talmente è schiava della tastiera e di qualche pollice di schermo. E coi soldi che servono a mettere in piedi una cosa del genere, questi ragazzi finiranno sepolti dai debiti.»
Tuttavia, ormai anche la decisione di chiudere la libreria era stata presa. Rosa, la moglie, aveva perso totalmente la vista e da solo, con la zoppia che gli stava massacrando la schiena, Piero non ce la faceva proprio più. E in fondo, cosa gli aveva detto suo padre tanti anni prima, alla notizia che avrebbe aperto una libreria insieme a Rosa?
«Coi libri non ci mangi. Trovati un lavoro serio, che è meglio. Cosa pensi di mettere in tavola ai tuoi figli? L’Iliade? I Malavoglia?»
Anche loro erano partiti facendo debiti, lavorando come matti, litigando con editori e tipografie, ma alla fine il loro sogno di vedere pareti e scaffali pieni di volumi profumati se lo erano realizzato per davvero. E così, aveva affittato ai due giovani il locale per una cifra irrisoria e gli aveva procurato a prezzi ridotti diverse centinaia di libri di poeti e narratori, che ora facevano bella mostra di sé dentro al bar.
Col passaparola e la vicinanza all’Università, il progetto folle di Mina e Giorgio era diventato in breve un ritrovo alla moda, che richiamava persone curiose anche da altre città. E Piero di tanto in tanto, nelle sue brevi passeggiate, buttava un occhio dentro alle vetrine, sorridendo al pensiero che la sua libreria fosse più viva che mai, rinata come l’araba fenice.
«Il solito, signor Piero?»
«Certo. Un latte caldo e una brioche al pistacchio per me. Un cannoncino alla crema e un caffè per la mia signora.»
Mentre Mina preparava l’ordinazione, Piero girava fra i libri che riempivano le pareti del bar, tirandone fuori uno, per poi sedersi davanti alla moglie a leggere a voce alta. Poco alla volta, la notizia si era sparsa e il locale alle nove di mattina di tutte le domeniche era affollato come un teatro alla sera di gala. Ma nessuno, ovviamente, poteva sedersi al tavolino davanti alla vetrina: quello era il posto di Piero.
Tagore, Montale, Lorca si contendevano quella manciata di minuti con Buzzati, Hemingway e Proust. O con gli autori più recenti, che Piero letteralmente divorava nei suoi pomeriggi passati in biblioteca e riproponeva a piccoli sorsi in quelle domeniche mattina.
Anche dopo che Rosa era volata via.
Stessa ora, stesso tavolo, stessa ordinazione. Compresi un caffè e un cannoncino alla crema, che ascoltavano Piero recitare le poesie d’amore di Neruda e di Alda Merini rivolto alla sedia di fronte, come fosse ancora occupata, mentre il resto del locale, pieno come sempre, ascoltava in silenzio. Non era impazzito, Piero, ma era convinto che lei lo sentisse ancora. «Dalla stanza accanto», diceva sempre.
Terminata la lettura, ripassava gli scaffali con lo sguardo, come a fare l’appello dei suoi libri. Da ultimo, si faceva mettere il caffè in un bicchiere di carta e il cannoncino in un sacchetto, per poi lasciarli a uno dei tanti poveracci che avevano passato la notte a dormire sotto i portici.
Da quando era rimasto solo, Mina e Giorgio ne avevano fatto il loro nonno speciale, prendendosi cura degli acciacchi che lo curvavano sempre di più. Finché sull’orizzonte era comparso il nemico più pericoloso, l’orco cattivo, come lo aveva ribattezzato lui.
Con questo pensiero in testa, Mina aveva prelevato dagli scaffali del bar un libro di fiabe, dove le principesse sono tutte bellissime, i principi sono coraggiosi e alla fine della storia la gente del villaggio fa una grande festa. E, soprattutto, gli orchi vengono sempre sconfitti.
Entrando nel corridoio dell’ospedale, teneva ben chiuso lo zaino, cercando di distrarre con un sorriso le occhiatacce sospettose delle infermiere. Si sarebbe presa una bella lavata di testa se avessero visto il thermos pieno di latte caldo e l’enorme brioche al pistacchio nascosti lì dentro. Ma, secondo Piero, per uccidere il suo orco cattivo funzionavano meglio della chemioterapia. E probabilmente aveva ragione.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Buonasera24

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Video del giorno

Termini e condizioni

Termini e condizioni

×
Privacy Policy

Privacy Policy

×
Logo Federazione Italiana Liberi Editori